2019-06-13
Sanatoria di Salvini per le cassette di sicurezza: il 15% sui soldi in nero
Il vicepremier ha rispolverato una vecchia idea per sbloccare circa 200 miliardi di euro non dichiarati e celati nelle banche.Torna lo spauracchio della patrimoniale, ma questa volta in maniera del tutto infondata. Matteo Salvini, durante la trasmissione Porta a Porta, ha infatti accennato al fatto che «in Italia ci sono alcune centinaia di miliardi di euro di risparmi e denaro in contante nelle cassette di sicurezza, si può far finta di niente o far pagare un'imposta sui soldi non dichiarati». Salvini ha semplicemente rilanciato un'idea della Lega di un anno fa che parlava di introdurre una tassazione tra il 15% e il 20%, per cercare di far emergere i capitali custoditi nelle casse di sicurezza delle banche italiane. Inoltre, il progetto prevedeva anche il reinvestimento delle somme emerse. Il capitale riportato alla luce non sarebbe infatti rimasto nelle mani del contribuente, ma sarebbe stato investito nei Piani individuali di risparmio (Pir). Il pacchetto fu però estromesso all'ultimo dal decreto fiscale e dunque se ne sono perse le tracce. L'iniziativa della Lega di voler tassare i capitali nascosti nelle cassette di sicurezza non è però nuova. Già nel 2016 il procuratore capo di Milano, Francesco Greco, sottolineò durante un'audizione in commissione bilancio, come nelle cassette di sicurezza (tra Italia ed estero) sono racchiusi 200 miliardi di euro (di cui 150 liquidi) «di provenienza illecita». Si tratta dunque di somme derivanti da attività di evasione fiscale, di riciclaggio di denaro o di altri reati fiscali. Nel 2017, il sottosegretario Maria Elena Boschi accennò alla possibilità di introdurre delle misure che facessero emergere il contante detenuto nelle casse di sicurezza. E infine anche il governo Gentiloni pensò di introdurre una tassa al 35% sui contanti o sui titoli al portatore chiusi nelle cassette di sicurezza. Un'idea quella della Lega e di Salvini che dunque non ha nulla di nuovo se non l'aliquota al 15%, rispetto ai predecessori. Il come e se verrà introdotta questa nuova tassazione non è certo, anche perché esponenti del Movimento 5 stelle hanno subito frenato la proposta sostenendo che si tratta di «un'ipotesi senza fondamento». Il problema delle cassette di sicurezza presenti nelle banche italiane è che sfuggono all'Agenzia delle entrate e dunque non sono sottoposti a tassazioni. Gli istituti di credito non sanno infatti con chiarezza cosa ci sia dentro. E questo perché la banca concede l'affitto di una cassetta di sicurezza, che oscilla tra i 100 e 150 euro l'anno, a chi ha già un conto corrente. Una volta che si sottoscrive il contratto con l'istituto di credito al cliente viene data l'unica chiave e può decidere di metterci quello che vuole. La banca non può inoltre a suo piacimento aprire la cassetta e controllarne il contenuto. Questa opzione è possibile solo nel caso in cui l'Agenzia delle entrate o quella giudiziaria ne dia disposizione. Oppure in caso di eredità. Gli eredi, in presenza di un notaio o di un avvocato fanno aprire la cassetta di sicurezza alla banca, che in quello stesso momento ne scopre l'entità. Il contenuto può essere dei più svariati: diamanti, gioielli, contanti o molto altro. Se non è l'intestatario del conto corrente (e della cassetta di sicurezza) a dichiarare la somma o i beni presenti, nessuno lo verrà mai a sapere, nemmeno l'Agenzia delle entrate. Questo fa sì che non vengano pagate le tasse sulle somme nascoste. Nelle ultime dichiarazioni, Salvini ha parlato di un possibile meccanismo che richiami la «pace fiscale» per poter far emergere il sommerso delle cassette di sicurezza. «L'unico ragionamento in corso», precisa Salvini, «riguarda una pace fiscale per chi volesse sanare situazioni di irregolarità relative, oltre che a Equitalia, al denaro contante». Si potrebbe dunque pensare che il governo possa introdurre una tassa al 15% sull'ammontare contenuto nelle cassette di sicurezza. Resta il dubbio se si parlerà solo di liquidi, oppure se si andrà a contemplare anche la presenza di gioielli, diamanti e tutto il resto che non è stato dichiarato. E in questo caso, come avverrà la tassazione. La dichiarazione del vicepremier leghista ha però anche un fondamento politico. Non è infatti un mistero che per la realizzazione della flat tax manchino tutte le risorse necessarie e che lo Stato non incasserà quanto previsto dall'entrata in vigore della digital tax, tassa sui colossi del Web. Il governo aveva infatti messo a bilancio circa 150 milioni di euro, in fase di avvio della nuova tassazione digitale. Il 30 aprile non è però arrivato il decreto attuativo per rendere operativa la norma e di conseguenza al momento non si sta incassando nulla. Si parla dunque di un buco di circa 150 milioni di euro, che si allarga a 600 milioni a pieno regime, nelle casse dello Stato. Il voler, da una parte, prorogare la scadenza della rottamazione ter e del saldo e stralcio al 31 luglio. E dall'altra il voler introdurre una tassazione sul contenuto delle cassette di sicurezza, può essere visto come un modo per riuscire a raccimolare più entrate possibili, alla luce (anche) del mancato gettito da digital tax, per poter introdurre nuove misure di spesa.
Jose Mourinho (Getty Images)