2019-01-30
Salvini resiste: «Ho tutelato lo Stato». Sulla Diciotti c’era rischio terroristi
Il leghista sul «Corriere» avverte che un suo rinvio a giudizio metterebbe a rischio l'operato di un qualsiasi altro ministro: «Rifarei tutto». E nelle carte delle indagini spunta un allarme su un'infiltrazione jihadista.Salvate il soldato Matteo: il ministro dell'Interno, Matteo Salvini, è il protagonista del film dell'anno. Oggi il primo ciak: alle 11 la giunta per le Immunità del Senato si riunisce per esaminare la richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti di Salvini, avanzata dal Tribunale dei ministri di Catania. Il vicepremier leghista è accusato di sequestro di persona per il trattenimento a bordo della nave Diciotti di 174 migranti. Salvini, ieri, ha scritto una lettera al Corriere della Sera per spiegare le ragioni che lo hanno convinto a chiedere che il Senato voti contro l'autorizzazione a procedere. «La mia vicenda giudiziaria», scrive Salvini, «è strettamente legata all'attività di ministro dell'Interno e alla ferma volontà di mantenere gli impegni della campagna elettorale. Avevo detto che avrei contrastato l'immigrazione clandestina e difeso i confini nazionali». Il leader del Carroccio snocciola i dati che dimostrano l'efficacia della nuova linea italiana sull'immigrazione, per poi entrare nel merito della vicenda giudiziaria. «Il Tribunale dei ministri di Catania», ricorda Salvini, «mi accusa di “sequestro di persona" perché avrei bloccato la procedura di sbarco degli immigrati dalla nave Diciotti. Attenzione: non si tratta di un potenziale reato commesso da privato cittadino o da leader di partito. I giudici mi accusano di aver violato la legge imponendo lo stop allo sbarco, in virtù del mio ruolo di ministro dell'Interno. In altre parole, è una decisione che non sarebbe stata possibile se non avessi rivestito il ruolo di responsabile del Viminale».«Per questa ragione», aggiunge Salvini, «sono impropri paragoni con altre vicende e trova applicazione la speciale procedura di cui all'art. 96 della Costituzione. Voglio anche sottolineare che, ai sensi dell'articolo 9, comma terzo, della legge costituzionale n. 1/1989, il Senato nega l'autorizzazione “ove reputi, con valutazione insindacabile, che l'inquisito abbia agito per la tutela di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante ovvero per il perseguimento di un preminente interesse pubblico nell'esercizio della funzione di governo". La valutazione del Senato è pertanto vincolata all'accertamento di due requisiti (ciascuno dei quali di per sé sufficiente a negare l'autorizzazione): la tutela di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante o il perseguimento di un preminente interesse pubblico». «Il Senato non è chiamato a giudicare se esista il cosiddetto fumus persecutionis nei miei confronti», evidenzia Salvini, «dal momento che in questa decisione non vi è nulla di personale. La giunta prima, e l'Aula poi, sono chiamati a giudicare le azioni di un ministro. Altrettanto chiaro è che il Senato non si sostituisce all'autorità giudiziaria, bensì è chiamato esclusivamente a verificare la sussistenza di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante o di un preminente interesse pubblico. Dopo aver riflettuto a lungo su tutta la vicenda», chiarisce Salvini, «ritengo che l'autorizzazione a procedere debba essere negata. E in questo non c'entra la mia persona. Innanzitutto il contrasto all'immigrazione clandestina corrisponde a un preminente interesse pubblico, posto a fondamento di precise disposizioni che punisce il reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato e riconosciuto dal diritto dell'Unione europea. In secondo luogo, ma non per questo meno importante, ci sono precise considerazioni politiche. Il governo italiano, quindi non Matteo Salvini personalmente, ha agito al fine di verificare la possibilità di un'equa ripartizione tra i Paesi dell'Ue degli immigrati a bordo della nave Diciotti. In conclusione, non rinnego nulla e non fuggo dalle mie responsabilità di ministro. Sono convinto di aver agito sempre nell'interesse superiore del Paese», conclude Salvini, «e nel pieno rispetto del mio mandato. Rifarei tutto. E non mollo».Non è tutto. A bordo della Diciotti c'era la possibilità che fossero presenti terroristi o criminali. Lo hanno sostenuto funzionari del Viminale davanti ai magistrati siciliani, nell'inchiesta che vede indagato Salvini, «anche se la ricostruzione del Tribunale dei ministri», fanno rilevare fonti del ministero, «non ne ha tenuto conto». Inoltre, sempre secondo fonti del Viminale, «i migranti che si trovavano a bordo della nave Diciotti erano così stremati da potersi permettere di rifiutare, nel giro di pochissimi giorni, l'accoglienza. La maggior parte di loro, lasciò i centri, preferendo frequentare organizzazioni opache come Baobab, con l'obiettivo di lasciare il Paese e far perdere le proprie tracce, alimentando», si fa notare ancora dal Viminale, «la possibilità di essere associati a percorsi criminali. Quando fu dato il via libera allo sbarco dei minori, il 22 agosto, gli stranieri decisero di restare volontariamente a bordo per terminare un rito religioso per circa due ore. E proprio la presenza di minori “sequestrati"», evidenziano le fonti, «aggrava la posizione del ministro».
Sehrii Kuznietsov (Getty Images)