Una valutazione ufficiale dell’entità del danno per i nove giorni di attesa che i migranti eritrei hanno passato nell’estate 2018 sulla nave militare Diciotti prima di sbarcare sul suolo italiano al momento non esiste. Sarà la corte d’Appello di Roma, come deciso venerdì dai giudici delle sezioni unite civili della corte di Cassazione, a dover stabilire la cifra che la presidenza del Consiglio e il ministero dell’Interno dovranno versare a ogni migrante eritreo costituito in giudizio. È possibile però risalire a una stima probabile, in base alle richieste avanzate dal difensore dei 41 eritrei e alle indicazioni inserite dai giudici della Cassazione nella loro ordinanza di 37 pagine. Stando alle richieste del difensore, l’avvocato Alessandro Ferrara, «per ogni giorno di illegittimo trattenimento sulla motonave Diciotti, in aperta e palese violazione dell’articolo 5 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo che, secondo la Corte di Strasburgo, si applica anche alle procedure di trattenimento degli stranieri extracomunitari, essendo la detenzione amministrativa del tutto equiparabile alla detenzione carceraria, in quanto una delle mutevoli forme di privazione della libertà, i parametri prevedono un importo di 174 euro al giorno». Nel caso specifico si tratta al massimo di nove giorni, se si calcolano quelli in mare, altrimenti sei, se si prendono in considerazioni quelli dell’ormeggio. I giudici della Cassazione, però, non hanno parlato di detenzione amministrativa, ma di «danno non patrimoniale da lesione dei diritti inviolabili della persona». Che va dal danno biologico a quello morale, fino a quello esistenziale. Le stime cambiano, ma non di molto. Nel 2011 la Corte di cassazione ha individuato nella «tabella» elaborata dal Tribunale di Milano un generale «parametro di conformità della valutazione del danno biologico», così attribuendo alla stessa tabella un rilievo para-normativo. Basta consultare la tabella, quindi, per comprendere il ragionamento che i giudici della Corte d’appello di Roma dovranno affrontare per la conta dei danni. Il parametro principale è l’età del danneggiato: più è bassa e più si alza l’asticella del risarcimento. A conti fatti si presenta una forbice tra i 115 e i 175 euro al giorno. E infatti proprio l’avvocato Ferrara ieri con il Fatto quotidiano aveva parlato di «160 euro per ogni giorno di detenzione, dunque dieci o in subordine sei», a seconda che si calcolino solo i giorni trascorsi in porto o anche quelli passati in mare. Il Corriere della sera, invece, aveva sparato una cifra compresa tra i 41 e 72.000 euro per migrante, ripescando una notizia dell’agenzia Ansa del 2019 subito smentita da Baobab experience, la Ong italiana che si oppone alle politiche di frontiera e che ha sostenuto l’azione dell’avvocato Ferrara contro la presidenza del Consiglio e il ministero dell’Interno, con questa precisazione: «È vero che i migranti presi in carico vogliono un risarcimento dai 41.000 ai 71.000 euro a testa? La quantificazione del risarcimento è stata fatta in base a parametri europei, che prevedono un importo di 174 euro al giorno per illegittimo trattenimento. A seconda delle ipotesi di 5 giorni o 10 di privazione della libertà si arriva a 1.000 o 1.700 euro a testa». Che nella condizione più sfavorevole per presidenza del Consiglio e ministero dell’Interno, ovvero al massimo del risarcimento per i nove giorni passati sulla nave da tutti e 41 migranti, fa 627.300 euro. Ai quali dovranno aggiungersi le spese legali.
Salvate il soldato Matteo: il ministro dell'Interno, Matteo Salvini, è il protagonista del film dell'anno. Oggi il primo ciak: alle 11 la giunta per le Immunità del Senato si riunisce per esaminare la richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti di Salvini, avanzata dal Tribunale dei ministri di Catania.
Il vicepremier leghista è accusato di sequestro di persona per il trattenimento a bordo della nave Diciotti di 174 migranti. Salvini, ieri, ha scritto una lettera al Corriere della Sera per spiegare le ragioni che lo hanno convinto a chiedere che il Senato voti contro l'autorizzazione a procedere.
«La mia vicenda giudiziaria», scrive Salvini, «è strettamente legata all'attività di ministro dell'Interno e alla ferma volontà di mantenere gli impegni della campagna elettorale. Avevo detto che avrei contrastato l'immigrazione clandestina e difeso i confini nazionali». Il leader del Carroccio snocciola i dati che dimostrano l'efficacia della nuova linea italiana sull'immigrazione, per poi entrare nel merito della vicenda giudiziaria.
«Il Tribunale dei ministri di Catania», ricorda Salvini, «mi accusa di “sequestro di persona" perché avrei bloccato la procedura di sbarco degli immigrati dalla nave Diciotti. Attenzione: non si tratta di un potenziale reato commesso da privato cittadino o da leader di partito. I giudici mi accusano di aver violato la legge imponendo lo stop allo sbarco, in virtù del mio ruolo di ministro dell'Interno. In altre parole, è una decisione che non sarebbe stata possibile se non avessi rivestito il ruolo di responsabile del Viminale».
«Per questa ragione», aggiunge Salvini, «sono impropri paragoni con altre vicende e trova applicazione la speciale procedura di cui all'art. 96 della Costituzione. Voglio anche sottolineare che, ai sensi dell'articolo 9, comma terzo, della legge costituzionale n. 1/1989, il Senato nega l'autorizzazione “ove reputi, con valutazione insindacabile, che l'inquisito abbia agito per la tutela di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante ovvero per il perseguimento di un preminente interesse pubblico nell'esercizio della funzione di governo". La valutazione del Senato è pertanto vincolata all'accertamento di due requisiti (ciascuno dei quali di per sé sufficiente a negare l'autorizzazione): la tutela di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante o il perseguimento di un preminente interesse pubblico».
«Il Senato non è chiamato a giudicare se esista il cosiddetto fumus persecutionis nei miei confronti», evidenzia Salvini, «dal momento che in questa decisione non vi è nulla di personale. La giunta prima, e l'Aula poi, sono chiamati a giudicare le azioni di un ministro. Altrettanto chiaro è che il Senato non si sostituisce all'autorità giudiziaria, bensì è chiamato esclusivamente a verificare la sussistenza di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante o di un preminente interesse pubblico. Dopo aver riflettuto a lungo su tutta la vicenda», chiarisce Salvini, «ritengo che l'autorizzazione a procedere debba essere negata. E in questo non c'entra la mia persona. Innanzitutto il contrasto all'immigrazione clandestina corrisponde a un preminente interesse pubblico, posto a fondamento di precise disposizioni che punisce il reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato e riconosciuto dal diritto dell'Unione europea. In secondo luogo, ma non per questo meno importante, ci sono precise considerazioni politiche. Il governo italiano, quindi non Matteo Salvini personalmente, ha agito al fine di verificare la possibilità di un'equa ripartizione tra i Paesi dell'Ue degli immigrati a bordo della nave Diciotti. In conclusione, non rinnego nulla e non fuggo dalle mie responsabilità di ministro. Sono convinto di aver agito sempre nell'interesse superiore del Paese», conclude Salvini, «e nel pieno rispetto del mio mandato. Rifarei tutto. E non mollo».
Non è tutto. A bordo della Diciotti c'era la possibilità che fossero presenti terroristi o criminali. Lo hanno sostenuto funzionari del Viminale davanti ai magistrati siciliani, nell'inchiesta che vede indagato Salvini, «anche se la ricostruzione del Tribunale dei ministri», fanno rilevare fonti del ministero, «non ne ha tenuto conto».
Inoltre, sempre secondo fonti del Viminale, «i migranti che si trovavano a bordo della nave Diciotti erano così stremati da potersi permettere di rifiutare, nel giro di pochissimi giorni, l'accoglienza. La maggior parte di loro, lasciò i centri, preferendo frequentare organizzazioni opache come Baobab, con l'obiettivo di lasciare il Paese e far perdere le proprie tracce, alimentando», si fa notare ancora dal Viminale, «la possibilità di essere associati a percorsi criminali. Quando fu dato il via libera allo sbarco dei minori, il 22 agosto, gli stranieri decisero di restare volontariamente a bordo per terminare un rito religioso per circa due ore. E proprio la presenza di minori “sequestrati"», evidenziano le fonti, «aggrava la posizione del ministro».




