2020-12-08
Salvare una vita è sempre scelta di civiltà
I «tifosi dell'aborto» non rispondono alla domanda: chi ci perde con una nascita? Non il Paese, che è in denatalità. Non la legge 194. Non il bimbo e neanche la donna.«I consultori familiari … assistono la donna in stato di gravidanza ... contribuendo a far superare le cause che potrebbero indurre la donna all'interruzione della gravidanza. I consultori possono avvalersi della collaborazione volontaria di idonee formazioni sociali di base e di associazioni di volontariato, che possono anche aiutare la maternità difficile dopo la nascita», così recita l'articolo 2 della legge 194/78 che legalizza l'aborto. A completamento, con l'articolo 5, si prescrive il «compito, in ogni caso, e specialmente quando la richiesta di interruzione della gravidanza sia motivata dall'incidenza delle condizioni economiche o sociali o familiari sulla salute della gestante, di esaminare… le possibili soluzioni dei problemi proposti, di aiutarla a rimuovere le cause che la porterebbero all'interruzione della gravidanza… offrendo tutti gli aiuti necessari sia durante la gravidanza sia dopo il parto».È all'interno di questo contesto di coerenza rispetto alla legge che va letta la decisione di Regione Piemonte di dare via libera a convenzioni con associazioni a sostegno della maternità, dedicando spazi e sportelli informativi gestiti dalle associazioni. Questa «determina» regionale dà mandato alle Asl di aprire un bando per avviare convenzioni con le associazioni, con lo scopo di dare sostegno alle donne in gravidanza - soprattutto a quelle che vivono il loro stato con difficoltà, per i più svariati problemi - sottraendole alla solitudine che spesso le condiziona, così da formulare «scelta» che sia davvero libera e consapevole. Questa decisione consegue al «colpo di mano» del ministro Roberto Speranza, con la ben nota circolare ministeriale che consente di estendere il limite di utilizzo della pillola abortiva Ru486 dalla sesta alla nona settimana, ammettendone la somministrazione anche in day hospital, in ambulatorio e perfino nei consultori. Grazie all'intelligente lavoro dell'assessore agli Affari sociali, Maurizio Marrone, che sollevò legittimi dubbi sulla non conformità di queste nuove regole rispetto alla legge 194, si ottenne un primo risultato positivo dalla conferma dell'Avvocatura regionale e, quindi, ai primi di ottobre, la decisione che la somministrazione della Ru486 deve rispettare le norme stabilite dalla legge in vigore, che richiedono il regime di ricovero. Un'azione, dunque, perfettamente legittima e lecita, modello di una politica dei valori che diventa scelta civica da cui tutti traggono vantaggio, e nessuno viene penalizzato o discriminato, men che meno la donna che trova l'aiuto che desidera per portare a temine la sua gravidanza. Questo significa «stare dalla parte delle donne». Purtroppo, ad ogni luce corrisponde un'ombra: la governatrice umbra Donatella Tesei, dopo un primo atto di dissenso, ha preso la decisione di allinearsi alla «circolare Speranza» consentendo la Ru486 in regime di day hospital. Ha immediatamente esultato Monica Cirinnà (la senatrice che sta dalla parte delle donne sostenendo l'utero in affitto e l'identità di genere) scrivendo su Facebook: «Una misura di elementare civiltà, che dà piena attuazione alla legge 194». A prescindere dalla palese menzogna riferita alla piena attuazione della legge, che in realtà non prevede altra forma di aborto volontario se non quello attuato in regime di ricovero ospedaliero, c'è da chiedersi a quale tipo di civiltà ci si possa riferire nel momento in cui si legittima un'azione che allarga i tempi della soppressione di una vita innocente e, al contempo, mette a maggior repentaglio la vita di una donna che pratica l'aborto «fai da te». Chissà quando mai avremo la fortuna di ricevere la risposta alla più semplice e banale delle domande, che da anni poniamo ai fautori dell'aborto senza limiti: «Chi ci perde se nasce anche un solo bimbo in più». Chi ci perde se diamo alla donna che lo vuole un aiuto per salvare dalla morte - in questo caso non liberamente scelta - del bimbo che porta nel suo grembo? Non ci perde, certamente, il nostro Paese, sterilizzato e mummificato dalla denatalità; non ci perde il welfare che ha bisogno come il pane di lavoro e di consumi; non ci perde la legge 194 che troverebbe la sua piena attuazione; non ci perde il bimbo, salvato dai pesticidi chimici. E non ci perde la donna, che finalmente verrebbe posta nella condizione di formulare liberamente la sua scelta, evitandosi magari rimorsi e sensi di colpa perché non ha avuto sostegni concreti che l'aiutassero a scegliere di avere il suo bimbo in braccio. Certamente, ognuno può avere opinioni personali su che cosa sia la «civiltà» di un popolo. La storia è, purtroppo, ricca di declinazioni vergognose di questo valore, dal primato di una razza (razzismo), al primato della perfezione psicofisica (eugenetica). Vogliamo, comunque, continuare a credere che il semplice buon senso è in grado d'indicarci che salvare una vita è sempre la vera cifra della civiltà umana liberata dalla schiavitù di ogni ideologia.