2023-01-10
Payback rinviato a maggio. Mini boccata d’ossigeno per le aziende della sanità
Oggi il governo proroga la scadenza dei versamenti destinati a coprire i deficit delle Regioni. Gli imprenditori: «Via l’obbligo o chiudiamo». In ballo 2,2 miliardi.Una buona notizia per molte aziende del comparto sanitario, che però non risolve il problema. Il Consiglio dei ministri previsto per oggi nel tardo pomeriggio dovrebbe approvare un decreto legge che proroga al 30 aprile 2023 il termine entro cui le aziende fornitrici di dispositivi medici dovranno assolvere al cosiddetto payback. Un meccanismo molto discusso concepito qualche anno fa e implementato dagli ex-ministri della Salute e dell’Economia Roberto Speranza e Daniele Franco in un modo che ha scatenato le proteste degli imprenditori del settore, tanto da indurli a scendere in piazza stamani e a presentare una pioggia di ricorsi al Tar.In pratica, nel Dl aiuti bis è stata inserita una interpretazione draconiana di un principio di per sé già profondamente ingiusto nei confronti delle aziende interessate: far gravare su queste ultime lo sforamento del budget operato dalle Regioni per l’acquisto di dispositivi e macchinari sanitari. Si scrive “payback” (termine anglosassone tanto caro ai governi giallorossi che in quanto tale serve a dissimulare il vero significato di una cosa) ma in realtà si legge “esproprio”, poiché prevede un prelievo forzoso a posteriori dal fatturato delle imprese del settore (sulla base della loro quota di mercato) che in alcuni casi può arrivare anche al 50% di quanto sforato dalla Pubblica Amministrazione rispetto al tetto di spesa fissato. Quindi, secondo il meccanismo messo nero su bianco dall’accoppiata Speranza-Franco, una volta decretato l’ammontare dell’extra-budget per il quinquiennio 2015-2020, si è proceduto a battere casa in modo retroattivo nei confronti di ben 4mila aziende fornitirici della sanità pubblica.Con i tanti paradossi che ciò comporta, a partire dal fatto che un decreto denominato “aiuti” contiene una stangata da oltre due miliardi (relativa agli sforamenti del periodo 2015-2018) per le citate aziende che, in mancanza dell’intervento riparatore che oggi dovrebbe giungere da Palazzo Chigi, avrebbero dovuto corrispondere l’obolo allo Stato entro fine mese. Poi c’è il fatto che queste aziende ovviamente non hanno responsabilità per lo sforamento operato dalle varie amministrazioni regionali. L’altro paradosso è che, terminata l’emergenza pandemica, con l’anno nuovo si vanno a colpire quegli imprenditori che nella fase più drammatica del contagio furono definiti eroici dagli stessi politici che poi hanno affondato la scure del payback sui loro bilanci. Tutto ciò ha determinato una durissima reazione degli imprenditori bersagliati da tale provvedimento e dalle loro associazioni di categoria, le quali hanno sollecitato presso tutti i livelli istituzionali la ricerca di una soluzione. Andrea Gozzi, vicepresidente di Assosistema, l’associazione che riunisce i servizi integrati di noleggio, lavaggio e sterilizzazione di materiali tessili e dispositivi medici, aveva fatto presente al nostro giornale che «a queste aziende, celebrate ai tempi del Covid, non viene data la possibilità di organizzarsi, viene imposta una tassa retroattiva sul fatturato e sarà negata la possibilità di sfilarsi da contratti diventati un mero costo».Facendo leva sulla possibile incostituzionalità del payback, alcuni imprenditori hanno anche scelto la via del ricorso al Tar, non rassicurati dalle parole pronunciate prima della pausa natalizia in Parlamento dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, che aveva parlato di una «manutenzione» del meccanismo del payback ma non di una sua cancellazione, resa oggettivamente complicata dai vincoli lasciati da Speranza e Franco. Lo stesso Giorgetti in quella sede aveva spiegato che la principale complessità dell’intervento sul payback deriva dai vincoli di bilancio e dalla necessità di trovare le coperture per il buco che si verrebbe a creare togliendo di mezzo il prelievo. Ecco perché la decisione che oggi pomeriggio assumerà il Consiglio dei ministri, nelle speranze dei diretti interessati, rappresenta solo un primo strumento per sanare definitivamente l’ingiustizia. Stamani, non a caso, gli imprenditori del settore manifesteranno a Roma in Piazza Santi Apostoli. In una lettera inviata al presidente del Consiglio Giorgia Meloni, il presidente di Confindustria Dispositivi Medici, Massimiliano Boggetti ha sottolineato che «il payback mette a rischio oltre 112.000 posti di lavoro perché chiedere alle imprese 2,2 miliardi di euro entro gennaio significa farle chiudere con conseguenze drammatiche per l’occupazione, i territori e la qualità della salute del Paese. Scenderemo in piazza a Roma – ha aggiunto Boggetti - anche per i cittadini e i pazienti perché il payback è una norma ingiusta anche per loro, che potrebbero non trovare più le risposte di salute che oggi offre il Servizio Sanitario Nazionale. Il payback – ha concluso - non è uno strumento di controllo della spesa, è uno strumento nemico del Ssn».