
Il sindaco, con ancora due anni di mandato, si propone per le elezioni regionali: «Da anni al Nord prendiamo legnate». Una fuga in avanti che crea scompiglio tra i dem e sa molto di ricatto alla Schlein sul salva-Milano.Sarà il richiamo delle radici o l’horror vacui della pensione? Ah saperlo. Sta di fatto che Beppe Sala - Sindaco pro tempore della Milano da pere visto che interi quartieri sono in mano agli spacciatori - ha puntato il Pirellone. Alla Pirelli ha cominciato la sua carriera da manager, dalla Pirelli ha scalato i salotti milanesi fino a quando Letizia Moratti non gli chiese di guidare il carrozzone amministrativo di palazzo Marino. Incarico durato un paio d’anni, ma Beppe ci prese gusto. E ora rilancia. C’è da capirlo: se non passa il salva-Milano (per lui la questione dove si colloca il trattino è non solo ortografica) gli bloccano i lavori oltre a processargli mezzo Comune e una volta finito l’impegno a palazzo Marino rischia di diventare un umarel senza cantieri da sorvegliare. A Radio 24 a domanda- si candiderebbe alla Regione finito il mandato da sindaco - risponde proclamando con inusitata modestia: «Prenderei in considerazione tutto potendo dare il mio contributo. Quello che ho fatto nella mia vita l’ho fatto senza chiedere un favore a nessuno. L’ho fatto dicendo ci sono e vediamo cosa posso fare». Pd avvisato mezzo salvato: sappiate che avrete la grana Sala per le candidature. Ma anche lombardi avvisati. Il «pericolo» Sala incombe. Per le referenze chiedere ai milanesi. Eppure Giuseppe Sala è convinto di farcela. Al punto che ha già pronto il suo sostituto a palazzo Marino. Stavolta indica Franco Gabrielli che ha lasciato l’incarico di consulente per la sicurezza a palazzo Marino dopo aver buttato alle ortiche la sua fama di superpoliziotto. Ha preso una cantonata solenne dichiarando che l’inseguimento di Ramy, il ragazzo morto dopo una fuga in scooter per aver forzato un posto di blocco, non era fatto secondo le regole, che i Carabinieri dovevano pigliare solo la targa del fuggiasco. A suggerirglielo è stato Sala che ha condannato in via preliminare e senza appello i militari e ora però manda a dire al Pd: «Franco è una persona di grandissimo valore. Potrebbe certamente avere un futuro in politica, un po’ lo spero: lui continua a negare e lo capisco». Ma perché Giuseppe Sala - ha ancora due anni di mandato da sindaco - a quaranta mesi dalle prossime regionali lombarde si autocandida? La risposta sta in quel «salva-Milano» che ancora non è legge e in un energico e velato «ricatto» che il sindaco muove al suo «azionista di riferimento» come lui definisce il Pd. Elly Schlein e compagni di votare il decreto proposto da Matteo Salvini e già passato alla Camera per evitare il naufragio del business immobiliare meneghino non ne hanno gran voglia. Con grande difficoltà Sala è riuscito farsi approvare in Consiglio comunale un ordine del giorno favorevole al «salva-Milano» - 22 sì, 7 contrari, tra cui i tre consiglieri dei Verdi, uno del Pd e del gruppo misto e il non voto del Centrodestra mentre i gruppi ambientalisti contestavano fuori dal Comune - ma ha il problema del Senato dove il Pd tace. I 5selle sono contrarissimi, hanno raccolto l’appello di 200 tra architetti, giuristi, urbanisti delle università italiane che dicono: quel decreto è un favore alla speculazione e un assalto al territorio. Elly Schlein non vuole farsi scavalcare a sinistra da Giuseppe Conte e nel Pd lombardo, a cominciare da Pierfrancesco Majorino, capogruppo in Regione e primo aspirante alla poltrona di primo cittadino meneghino, i mugugni sono molteplici e alti. Sala però ha bisogno come il pane di quel decreto - anche per evitare condanne penali al suo amico archistar Stefano Boeri - visto che è il garante dei salotti buoni conquistati ai tempi della Pirelli. Il salva-Milano è sparito dal calendario dei lavori del Senato, il Pd non fa nulla e il sindaco è pressato dai costruttori e dalla Confindustria - il suo mondo - che gli dicono: qui saltano 18 miliardi di investimenti. La Corte dei Conti ha già fatto che se non passa il decreto si configura il danno erariale. Sala potrebbe dover pagare di tasca sua. Così punta al Pirellone e si mette di traverso al Pd. Ieri a Radio 24 ha spiegato: «Delle sette regioni sopra gli Appennini, il centrosinistra non ne conquista una da tempo. Non riusciamo a parlare a un ceto produttivo e prendiamo legnate ovunque. Se non si cambia il modo in cui non ci si rapporta con il Nord non si vince. C’è un elettorato moderato, lo dimostra Forza Italia, che aspetta di parlare col il centrosinistra». Perciò Sala, dopo settimane a offrirsi - invano - come federatore del centro, si è fatto vedere all’adunata dei prodiani invitato da Graziano Delrio che ha incoronato l’ex gabelliere di Stato Ernesto Maria Ruffini capo di ciò che resta dell’Ulivo. Sala è amico di vecchia data di Ruffini, ma a quel convegno c’è andato per marcare stretto Emilio Del Bono - sindaco di Brescia, ex democristiano - che il Pd ha già designato come candidato alla Regione Lombardia per scalzare il centrodestra con le stesse motivazioni che adduce Sala per sostenere la sua autocandidatura. Aveva promesso, dopo la gaffe d’indicare Mario Calabresi sindaco di Milano senza primarie perché si doveva guardare a un civico, di non creare più difficoltà al Pd. Ma ora ritira fuori Franco Gabrielli e resta da capire se l’autocandidatura in Regione sia reale o se Beppe Sala, col «salva-Milano» alla gola, non abbia architettato un «ricatto» a cemento armato ai dem.
Alessia Pifferi (Ansa)
Cancellata l’aggravante dei futili motivi e concesse le attenuanti generiche ad Alessia Pifferi: condanna ridotta a soli 24 anni.
L’ergastolo? È passato di moda. Anche se una madre lascia morire di stenti la sua bambina di un anno e mezzo per andare a divertirsi. Lo ha gridato alla lettura della sentenza d’appello Viviana Pifferi, la prima accusatrice della sorella, Alessia Pifferi, che ieri ha schivato il carcere a vita. Di certo l’afflizione più grave, e che non l’abbandonerà finché campa, per Alessia Pifferi è se si è resa conto di quello che ha fatto: ha abbandonato la figlia di 18 mesi - a vederla nelle foto pare una bambola e il pensiero di ciò che le ha fatto la madre diventa insostenibile - lasciandola morire di fame e di sete straziata dalle piaghe del pannolino. Nel corso dei due processi - in quello di primo grado che si è svolto un anno fa la donna era stata condannata al carcere a vita - si è appurato che la bambina ha cercato di mangiare il pannolino prima di spirare.
Roberto Crepaldi
La toga progressista: «Voterò no, ma sono in disaccordo con il Comitato e i suoi slogan. Separare le carriere non mi scandalizza. Il rischio sono i pubblici ministeri fuori controllo. Serviva un Csm diviso in due sezioni».
È un giudice, lo anticipiamo ai lettori, contrario alla riforma della giustizia approvata definitivamente dal Parlamento e voluta dal governo, ma lo è per motivi diametralmente opposti rispetto ai numerosi pm che in questo periodo stanno gridando al golpe. Roberto Crepaldi ritiene, infatti, che l’unico rischio della legge sia quello di dare troppo potere ai pubblici ministeri.
Magistrato dal 2014 (è nato nel 1985), è giudice per le indagini preliminari a Milano dal 2019. Professore a contratto all’Università degli studi di Milano e docente in numerosi master, è stato componente della Giunta di Milano dell’Associazione nazionale magistrati dal 2023 al 2025, dove è stato eletto come indipendente nella lista delle toghe progressiste di Area.
Antonella Sberna (Totaleu)
Lo ha dichiarato la vicepresidente del Parlamento Ue Antonella Sberna, in un'intervista a margine dell'evento «Facing the Talent Gap, creating the conditions for every talent to shine», in occasione della Gender Equality Week svoltasi al Parlamento europeo di Bruxelles.
Ansa
Mirko Mussetti («Limes»): «Trump ha smosso le acque, ma lo status quo conviene a tutti».
Le parole del presidente statunitense su un possibile intervento militare in Nigeria in difesa dei cristiani perseguitati, convertiti a forza, rapiti e uccisi dai gruppi fondamentalisti islamici che agiscono nel Paese africano hanno riportato l’attenzione del mondo su un problema spesso dimenticato. Le persecuzioni dei cristiani In Nigeria e negli Stati del Sahel vanno avanti ormai da molti anni e, stando ai dati raccolti dall’Associazione Open Doors, tra ottobre 2023 e settembre 2024 sono stati uccisi 3.300 cristiani nelle province settentrionali e centrali nigeriane a causa della loro fede. Tra il 2011 e il 2021 ben 41.152 cristiani hanno perso la vita per motivi legati alla fede, in Africa centrale un cristiano ha una probabilità 6,5 volte maggiore di essere ucciso e 5,1 volte maggiore di essere rapito rispetto a un musulmano.






