2023-06-21
Il sacerdote condannato per abusi ora chiede di patteggiare in appello
Con questa mossa, dopo l’annullamento del processo con rinvio deciso dalla Cassazione, don Mauro Galli ammette implicitamente la propria colpevolezza. E getta ombre sul procedimento canonico che lo assolse e su Mario Delpini.C’è la richiesta di patteggiamento e, in fondo, la firma di don Mauro Galli. In Corte d’appello a Milano un nuovo documento presentato al giudice costituisce un colpo di scena tutt’altro che marginale nel procedimento contro il sacerdote condannato due volte - pena di cinque anni e mezzo - per violenza sessuale nei confronti di un minore a Rozzano. La vicenda è nota e sordida: nel dicembre 2011 il giovane prete aveva invitato a dormire «nel lettone» un ragazzino di 15 anni e ne aveva abusato. Al termine di un faticoso e doloroso percorso culminato con un tentativo di suicidio, la vittima aveva denunciato il fatto ai carabinieri facendo esplodere il caso.Dopo due condanne del prete, l’anno scorso la Cassazione aveva annullato tutto e rimandato il fascicolo al tribunale per vizio di forma («perplessità non adeguatamente spiegate dai giudici di merito») che il pm dell’appello ha evidentemente superato, costringendo la difesa all’ultima mossa. Con tre conseguenze immediate: in primo luogo, l’implicita ammissione di colpevolezza morale di don Galli; a seguire, una lunga ombra sulla sentenza del processo canonico conclusosi con un’«assoluzione per mancanza di certezza morale sulla colpevolezza»; infine, la ridefinizione del ruolo dell’arcivescovo Mario Delpini che, al tempo, era vicario episcopale e invece di aprire un’indagine previa, si limitò a spostare il sacerdote in un’altra parrocchia (a Legnano) sempre a contatto con adolescenti. Un atteggiamento che, secondo i canoni di papa Francesco, oggi è da considerarsi omissivo, quindi da condannare.La richiesta di patteggiamento della difesa di don Galli, rappresentata dal professor Mario Zanchetti, e della Procura generale verrà discussa il 26 settembre in un’unica udienza con sentenza. Per la difesa è diventato prioritario evitare al suo assistito il carcere, che scatta in caso di condanna superiore ai tre anni. È presumibile che la deadline del patteggiamento sia quella. Ora i giudici potrebbero tecnicamente rigettare l’istanza non ritenendola congrua e continuare con il dibattimento ordinario, ma tutto ciò è improbabile poiché si tratta di richiesta congiunta e definitiva, in fondo a un iter processuale infinito, impervio e in chiaroscuro per la delicatezza intrinseca del tema. La mossa del cavallo svela anche il bluff mediatico accreditato dopo la sentenza di Cassazione: allora sembrava che l’impianto accusatorio fosse fragile, che il «tardivo disvelamento della violenza» da parte della vittima (tre anni dopo i fatti) ne inficiasse la credibilità. Ma questa era la tesi della difesa, legittimamente impegnata a incrinare l’architrave processuale che aveva portato alla doppia condanna e che il nuovo appello stava riconfermando nella ricostruzione del pm.In realtà, la prima denuncia degli abusi alla Diocesi di Milano era avvenuta due giorni dopo la vicenda (quindi subito), la vittima non ha mai cambiato versione, la famiglia (molto cattolica) ha invano chiesto il sostegno della Chiesa. E solo dopo due anni di silenzi e dilazioni, ha deciso di portare la denuncia alla Procura della Repubblica, innescando un’inchiesta che si regge su confronti incrociati, perizie, intercettazioni e interrogatori. Anche quello dell’arcivescovo Delpini, che era a conoscenza degli abusi denunciatigli dai sacerdoti di Rozzano; esiste un verbale da lui firmato e acquisito nel processo.Al di là dell’evoluzione penale, è interessante il fronte che la richiesta di patteggiamento apre sul versante del diritto canonico. Per ciò che riguarda don Galli, l’istanza indebolisce la sentenza vaticana di assoluzione con formula «dimissoria» («non constat»), ovvero per mancanza di prove. Davanti all’ammissione il caso, che non va in prescrizione, potrebbe essere riconsiderato con conseguenze pesanti per l’imputato: se dovesse essere riconosciuto colpevole in via definitiva dal tribunale ecclesiastico, rischierebbe la riduzione allo stato laicale.La famiglia della vittima ha ottenuto la promessa di un incontro con il cardinal Matteo Maria Zuppi, presidente della Conferenza episcopale italiana: «Questa svolta ci dà forza per continuare, speriamo di poter esplicitare a monsignor Zuppi il nostro dolore e la nostra speranza». Alla luce delle novità processuali milanesi, i genitori sono intenzionati a chiedere la dimissione allo stato laicale di don Galli e la dimissione da arcivescovo di Delpini «per comportamento omissivo e depistante». Ad amareggiare i parenti del giovane, che faticosamente è tornato a una vita normale negli ultimi anni, sono state anche le numerose ricostruzioni fortemente sbilanciate sugli organi d’informazione della curia, nelle quali la vittima era dipinta con i tratti che si riservano a un colpevole.
L'ex amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)