2020-07-23
Ruffini vaneggia sulla riforma fiscale ma un’impresa su dieci è in default
Ernesto Maria Ruffini (Simona Granati - Corbis/Corbis via Getty Images)
Secondo Confindustria e Cerved, il 13,9% delle Pmi non arriverà a fine anno. E il divario Nord-Sud crescerà drammaticamente. Mister Fisco però spariglia e annuncia la rivoluzione dei prelievi mensili.Il 13,9% delle imprese italiane rischia il default nel 2020 a causa delle conseguenze del Covid-19. E la percentuale potrebbe salire al 18,8% nel caso in cui ci fosse una seconda ondata di contagi. A dirlo è l'ultimo «Rapporto regionale Pmi 2020» realizzato da Confindustria e Cerved, in collaborazione con Srm- studi e ricerche per il Mezzogiorno che ha analizzato 156.000 società italiane che impiegano tra i dieci e i 249 addetti. Il report dipinge un quadro veramente fosco per le piccole e medie imprese italiane (Pmi) che rappresentano l'ossatura economica del Paese. E dunque, secondo i dati, le Pmi contrarranno il fatturato del 12,8% nel 2020, con un rimbalzo nel 2021 dell'11,2%, insufficiente però per ritornare ai livelli del 2019. Nel caso in cui la pandemia dovesse finire senza sorprese dell'ultimo minuto, nel biennio 2020-2021 le imprese subiranno una perdita di 227 miliardi di euro. Se invece ci dovesse essere una seconda ondata la situazione si aggraverebbe notevolmente, con un calo dei ricavi stimato al 18,1% per il 2020. Nel 2021 si vedrebbe invece una netta ripresa registrando un +16,5%. Ma le notizie negative non finiscono qui perché il report sottolinea anche che l'impatto sulla redditività sarà molto pesante nel 2020 (-40% dei margini lordi rispetto al 2019). E anche dopo il rimbalzo in positivo che avverrà nel 2021 i margini rimarranno inferiori di quasi dieci punti, rispetto al livello dell'anno scorso. Gli effetti sulla redditività saranno ancora maggiori. Nel 2021 in molte regioni questa risulterà dimezzata rispetto al 2019. E ancora, analizzando i bilanci delle Pmi prese in considerazione e simulando un'evoluzione del cashflow, emerge come 60.000 società potrebbero entrare in crisi di liquidità nel corso del 2020. Questa situazione imprenditoriale potrebbe però avere anche degli effetti negativi sul divario Nord-Sud. In uno scenario pessimistico, ipotizzato dallo studio, il 26% delle Pmi meridionali sarebbe classificata come rischiosa. Contro un 22,9% del Centro, un 14,2% del Centronord e un 14,8% del Nordovest. Dunque al termine di questa pandemia la forbice tra imprese del Nord e del Sud sarà destinata ad aumentare. Perché se da una parte è vero che la pandemia di Covid-19 produrrà gli effetti maggiori sui conti economici delle Pmi che operano al Nord, le ferite più profonde in termini di struttura finanziaria e capacità di rimanere sul mercato saranno delle società del Sud. Quindi per cercare di prevenire il tracollo economico e la creazione di un Paese a due velocità è necessario un intervento mirato da parte dello Stato. Bisognerebbe infatti «considerare la prosecuzione delle misure a sostegno della liquidità delle imprese adottate nei mesi scorsi, interventi che oltre a promuovere gli investimenti, siano anche di carattere strutturale», sottolinea il report di Cerved. Sul mondo delle imprese sono arrivate però anche le parole di Ernesto Maria Ruffini, direttore dell'Agenzia delle entrate, che in audizione alla commissione parlamentare di vigilanza sull'anagrafe tributaria ha lanciato la sua nuova idea di fisco. Per i contribuenti «dover versare le imposte in acconto dell'anno in corso, che Dio solo sa come va a finire, e il saldo dei redditi incassati nell'anno precedente, è qualcosa che non agevola il far pace tra amministrazione finanziaria e contribuenti, mentre una liquidazione periodica mensile consentirebbe di gestire quanto si incassa e quanto si spende in base all'attività e sul quel netto riuscire a immaginare un'applicazione delle imposte». In questo modo allo Stato viene garantito «un flusso costante di entrate e non dei picchi», che in questo momento e anche negli anni futuri farà sempre comodo. L'idea del direttore delle Entrate è dunque quella di introdurre un prelievo mensile o trimestrale in base a quello che veramente l'impresa ha incassato e che spazzerà via gli acconti e i saldi. Detta così potrebbe sembrare una svolta fiscalmente parlando. Ma i dubbi restano. E infatti il progetto, così come spiegato da Ruffini, implicherebbe che i contribuenti abbiano a disposizione una liquidità sostenibile. E proprio a causa del Covid-19 questa risulta essere compromessa. Certo, è vero che il progetto partirà tra uno o due anni. Ma nel 2021 le imprese, piccole o grandi che siano, non avranno ancora i conti in ordine né tantomeno la liquidità si sarà ripresa. E dunque, come faranno a pagare le tasse mensilmente? E poi l'impresa sarà costretta ogni mese a fare una dichiarazione da inviare all'Agenzia delle entrate per pagare le imposte? Perché in questo caso la questione si complicherebbe. La burocrazia aumenterebbe e anche la mole di carte per l'impresa. E soprattutto gli ammortamenti e le compensazioni dove saranno inserite? In una dichiarazione di fine anno? E se si è a credito quando arriveranno i soldi all'impresa? Questioni di fondamentale importanza per le Pmi, soprattutto alla luce dei problemi economici del Paese. Ovviamente resta il fatto che se tutto questo dovesse generare una rivoluzione vera e propria del sistema italiano, pensata anche a favore delle imprese, sarebbe sicuramente da accogliere positivamente perché potrà aiutare le Pmi a rialzarsi dopo la batosta del Covid-19.