2023-03-04
I pizzini del boss: «Sicilia vittima dello Stato»
Nel riquadro, Rosalia Messina Denaro (Carabinieri Ros)
L’arresto della sorella di Messina Denaro, Rosalia, svela il passo falso decisivo. In un biglietto scrisse le condizioni di salute del latitante. Che nei suoi messaggi dava della «degenerata» alla figlia e dei mafiosi scriveva: «La storia ci riconoscerà».Mentre Anna Patrizia, nata nel 1970, la più piccola dei Messina Denaro, era considerata la donna della famiglia più in sintonia con l’ex Primula rossa, tanto da beccarsi una condanna definitiva a 14 anni e mezzo di carcere, Rosetta - detta Rosalia perché faceva più siciliano - sembrava la sorella più defilata, pur essendo moglie di Filippo Guttadauro, esponente della cosca mafiosa palermitana di Brancaccio. Nonostante la parentela strettissima con Matteo e un matrimonio che ha consacrato una delle alleanze tra le più importanti famiglie di Cosa nostra, quella di Castelvetrano dei Messina Denaro, e quella di Brancaccio dei Guttadauro, il nome di Rosalia (che è anche mamma di Lorenza Guttadauro, l’avvocato difensore di Matteo) finisce nelle cronache la prima volta solo nel dicembre 2012, quando viene scoperto un progetto per realizzare un distributore su un suo terreno. Nel 2017 denuncia lei addirittura un furto nella casa di campagna di famiglia a Castelvetrano, con tanto di infissi forzati. Il suo nome poi scompare. Tutte le inchieste sono concentrate sugli altri fratelli, sul marito e sul figlio Francesco che, nel frattempo, viene indicato come l’uomo che ha preso le redini e come il nipote prediletto di Matteo. Fino a ieri. Quando i carabinieri si sono presentati a casa sua con un’ordinanza di custodia cautelare in carcere. Le accuse: associazione mafiosa per aver fatto parte di Cosa nostra, aver favorito la latitanza dell’ex Primula rossa e avergli garantito la guida dell’organizzazione criminale, aver gestito la cassa e aver fatto circolare le comunicazioni tra il fratello e gli altri associati. In poche parole Rosalia, secondo la Procura antimafia di Palermo, era contemporaneamente la ragioniera e la postina del clan, la garante della latitanza di Matteo nonché, è scritto nell’ordinanza di custodia cautelare, «la nuova mente strategica dell’organizzazione». Che, però, ha messo un piede in fallo. Aveva nascosto il pizzino che ha condannato al 41 bis suo fratello nell’incavo tra la gamba e l’impagliatura di una sedia. I carabinieri l’hanno scoperto quando sono entrati a casa sua per piazzare una microspia. Su un foglietto vergato dalle mani di Rosalia c’era l’elenco di malattie, ricoveri, interventi e cure. Elaborando quei dati sono risaliti ad Andrea Bonafede, l’alias usato dal boss per le ricette mediche e i ricoveri. Altri pizzini erano nella casa di campagna di Strafatti. Con tanto di indicazioni precise sulle uscite. Matteo le scrive: «Per il prossimo periodo devi spendere di nuovo 12.400. Non di più. E mi fai sempre lo spekkietto finale, così so quanto è la cassa». E, così, Rosalia si è conquistata, secondo l’accusa, il ruolo di «fedele cassiera obbligata a rendicontare scrupolosamente al capo mafia ogni spesa». Comprese le spese per le difese nei processi, arrivate fino a quota 80.000 euro. Ma Matteo indicava a Rosalia pure i metodi per non farsi beccare dalle telecamere, con tanto di informazioni per capire se un congegno è in fase di registrazione o se sono solo cassette che rilanciando il segnale. I termini tecnici usati nei pizzini, secondo gli investigatori, fanno ipotizzare «il coinvolgimento di appartenenti alle forze dell’ordine o di specialisti forniti di uno specifico know how nel settore, ovvero gli unici in possesso di queste preziose informazioni». Dal testo dei pizzini traspare anche una certa attenzione per evitare di far individuare i protagonisti dei messaggi. Il 9 novembre 2021, per esempio, c’è un messaggio che Matteo deve far pervenire a «Fragolone». Il nome in codice viene attribuito proprio a Rosalia che, quando ricopriva il ruolo di «fedele esecutrice degli ordini mafiosi», era appellata in quel modo e, invece, quando gestiva le dinamiche familiari era semplicemente «Rosetta». Il mammasantissima di Castelvetrano sembrava essere andato in fissa per i nomignoli. Nei pizzini c’è «Parmigiano», al quale manda a dire che «40.000 non cambiano la vita delle persone». C’è un certo «Ciliegia», c’è mister «W» e anche un certo «Malato». Nella strategia di comunicazione, vecchia come il cucco ma che ha permesso all’ex superlatitante di farla franca per 30 anni, c’era pure un metodo per avvertire gli interlocutori di tenersi lontani dall’abitazione di Rosalia: la donna doveva esporre uno straccio, come da schizzo esplicativo con la raccomandazione di «non perdere i contatti per un falso allarme». Con lo stesso sistema giravano i messaggi familiari. Uno in particolare, pieno di considerazioni sprezzanti, è dedicato alla figlia Lorenza. Il capobastone scrive di aver letto un necrologio dedicato a Leonardo Bonafede, boss di Campobello di Mazara e zio di Andrea, dalla nipote Marina: «Onorata di appartenerti». Matteo deve aver avuto un colpo al cuore: «La mancanza del padre non è di per sé motivo di degenerazione educativa, è solo Lorenza che è degenerata nell’infimo, le altre di cui so sono tutte cresciute onestamente. La nipote dice al nonno “Onorata di appartenerti”, e lei cosa ha fatto al padre, cioè a me? Ma va bene così, non ho più nulla da recriminare». E, infine, dal grande malloppo di pizzini trovato dai carabinieri c’è il manifesto del buon appartenente a Cosa nostra. Punto primo: «Essere incriminati di mafiosità è un onore». E via con la filippica: «Siamo figli di questa terra di Sicilia, stanchi di essere sopraffatti da uno Stato prima piemontese e poi romano che non riconosciamo [...] Ogni volta che c’è un nuovo arresto si allarga l’albo degli uomini e delle donne che soffrono per questa terra. Si entra a far parte di una comunità che dimostra di non lasciare passare l’insulto, l’infamia, l’oppressione, la violenza. Questo siamo e un giorno sono convinto che tutto ci sarà riconosciuto e la storia ci restituirà quel che ci ha tolto la vita». Parola di Matteo Messina Denaro.
Jose Mourinho (Getty Images)