2023-05-23
Zittiscono Roccella perché puntano a imporre l’aborto
Il ministro Eugenia Roccella durante la costestazione al Salone del Libro di Torino (Ansa)
Il ministro è stato contestato solo perché ha difeso i medici obiettori. E le femministe ricorrono alle bufale per giustificarsi.Fortuna che è arrivato Ezio Mauro, ieri su Repubblica, a spiegarci che, in democrazia, il dissenso è sempre legittimo a meno che non impedisca l’espressione del pensiero altrui, perché in effetti ci è sorta la sensazione che le cose in realtà stiano in modo del tutto diverso. Stando a quanto accaduto nei giorni scorsi al Salone del libro, a noi pare piuttosto che in Italia il dissenso sia legittimo soltanto se autorizzato dai liberal-progressisti e a essi gradito. Possiamo anche portare esempi a sostegno della nostra non troppo spericolata tesi.Prendiamo il caso della professoressa Antonella Viola. Ieri sulla Stampa ha pubblicato un articolo inquietante intitolato «Io, aggredita dai no vax, adesso so cos’è la paura». Che le è accaduto di così terribile? A quanto risulta sempre dalla Stampa, la dottoressa ha subito una «aggressione verbale» da parte di un «no vax». Durante la presentazione del suo nuovo scritto al Salone di Torino, Viola è stata malamente apostrofata da un signore che le ha gridato: «Avete mentito sugli effetti dei vaccini».Riguardo a questa «aggressione» (messa in atto casomai da «un no vax» e non «dai no vax»), Viola commenta: «Chi urla, chi offende, chi mostra aggressività non cerca il dialogo: vuole solo lo scontro, vuole solo sfogare una rabbia repressa anche a costo di prevaricare i diritti altrui, come di chi era lì per ascoltare un’intervista». Giusto: non si grida e non si prevarica.Tuttavia il dubbio ci assale: per quale motivo il singolo contestatore della dottoressa è un «aggressore no vax» mentre il manipolo di esponenti di Extinction rebellion e Non una di meno che hanno impedito al ministro Eugenia Roccella di parlare (sempre al Salone del libro) stavano semplicemente esercitando il loro diritto al dissenso? Proprio non riusciamo a comprendere dove stia la differenza, se non nel fatto che Roccella è stata bloccata da un folto gruppo di urlatrici e non ha potuto continuare a esprimersi mentre Viola ha (per fortuna) concluso il suo intervento.Una spiegazione in merito la fornisce ancora una volta la Stampa. Secondo l’attivista Annalisa Gratteri di Extinction rebellion, lei e le sue compagne non stavano impedendo a una intellettuale di esprimersi ma «stavamo contestando una ministra che sta rendendo più difficile la vita a persone che non si conformano all’unica visione di famiglia che secondo il governo esiste». Ah, buono a sapersi. Domandiamo: ma esattamente, in che modo Roccella (o il governo che lei rappresenta) stanno rendendo difficile la vita alle attiviste o a chicchessia? Forse hanno impedito il ricorso all’aborto? Non risulta. Forse multano chi non si sposa in chiesa? Non risulta nemmeno questo. E allora? Il fatto che un ministro sia critico verso il ricorso all’aborto danneggia l’esistenza a qualcuno? Le attiviste ritengono che udire una opinione diversa dalla loro sia un danno? A quanto pare sì, perché questo governo non ha modificato la legge 194 e non intende farlo. Quindi, non ci sono stati cambiamenti rispetto a tutte le gestioni precedenti.A ben vedere, chi vuole rendere la vita difficile a qualcuno sono proprio le femministe in questione e non stiamo parlando della vita della Roccella, bensì di quella di coloro che - esercitando un sacrosanto diritto - ricorrono alla obiezione di coscienza sulla interruzione di gravidanza. Come riporta Il Fatto, Non una di meno Torino ha chiarito che le urla sono partite dopo «un’affermazione profondamente sbagliata della ministra Roccella, che aveva affermato che gli obiettori di coscienza non costituivano un ostacolo al diritto all’aborto, quando in molte zone d’Italia è praticamente impossibile ricorrere all’interruzione volontaria di gravidanza a causa dell’indisponibilità di ginecologi non obiettori».Per prima cosa, il fatto che in Italia sia impossibile abortire è semplicemente falso, è una bufala su cui gli attivisti insistono da anni per spingere la diffusione della pillola abortiva. In secondo luogo, l’obiezione di coscienza è un diritto che, per altro, la sinistra ha più volte rivendicato in altri ambiti.A una analisi più attenta e più onesta, dunque, risulta che le cose stiano così: le attiviste non vogliono gli obiettori di coscienza, Roccella li difende e le attiviste le impediscono di parlare. Quindi queste gentili signore vorrebbero togliere agli obiettori il diritto di obiettare e, nell’attesa, hanno tolto a Roccella il diritto di esprimersi. Di nuovo domandiamo: chi sta rendendo la vita difficile a chi? E soprattutto: a chi è riservato il diritto al dissenso? Se un manipolo di «no vax» avesse contestato un ministro qualsiasi, quanti giornali avrebbero difeso la legittimità della critica? Viene il sospetto che gli editoriali avrebbero avuto toni molto meno concilianti e, forse, sarebbe perfino intervenuta la forza pubblica sul posto, magari chiamata dallo stesso direttore del Salone che con Roccella ha cincischiato un po’.E dire che ai presunti no vax - diversamente da quanto accade alle attiviste femministe - la vita è stata davvero resa parecchio difficile, e i loro diritti basilari (al lavoro e alla circolazione, tanto per citarne due) sono stati effettivamente lesi.Certo non invochiamo pesanti condanne in sede tribunalizia per le femministe, guai a noi se lo facessimo. Ci limitiamo solo a fare notare che così funziona in questi paraggi: il dissenso è lecito solo se rivolto contro chi dissente dal pensiero dominante. In sostanza, un solo pensiero è concesso: tutti gli altri sono da confinarsi nell’inferno delle idee dove s’aggirano penose le anime di fascisti, no vax e putiniani.
Thierry Sabine (primo da sinistra) e la Yamaha Ténéré alla Dakar 1985. La sua moto sarà tra quelle esposte a Eicma 2025 (Getty Images)
La Dakar sbarca a Milano. L’edizione numero 82 dell’esposizione internazionale delle due ruote, in programma dal 6 al 9 novembre a Fiera Milano Rho, ospiterà la mostra «Desert Queens», un percorso espositivo interamente dedicato alle moto e alle persone che hanno scritto la storia della leggendaria competizione rallystica.
La mostra «Desert Queens» sarà un tributo agli oltre quarant’anni di storia della Dakar, che gli organizzatori racconteranno attraverso l’esposizione di più di trenta moto, ma anche con memorabilia, foto e video. Ospitato nell’area esterna MotoLive di Eicma, il progetto non si limiterà all’esposizione dei veicoli più iconici, ma offrirà al pubblico anche esperienze interattive, come l’incontro diretto con i piloti e gli approfondimenti divulgativi su navigazione, sicurezza e l’evoluzione dell’equipaggiamento tecnico.
«Dopo il successo della mostra celebrativa organizzata l’anno scorso per il 110° anniversario del nostro evento espositivo – ha dichiarato Paolo Magri, ad di Eicma – abbiamo deciso di rendere ricorrente la realizzazione di un contenuto tematico attrattivo. E questo fa parte di una prospettiva strategica che configura il pieno passaggio di Eicma da fiera a evento espositivo ricco anche di iniziative speciali e contenuti extra. La scelta è caduta in modo naturale sulla Dakar, una gara unica al mondo che fa battere ancora forte il cuore degli appassionati. Grazie alla preziosa collaborazione con Aso (Amaury Sport Organisation organizzatore della Dakar e partner ufficiale dell’iniziativa, ndr.) la mostra «Desert Queens» assume un valore ancora più importante e sono certo che sarà una proposta molto apprezzata dal nostro pubblico, oltre a costituire un’ulteriore occasione di visibilità e comunicazione per l’industria motociclistica».
«Eicma - spiega David Castera, direttore della Dakar - non è solo una fiera ma anche un palcoscenico leggendario, un moderno campo base dove si riuniscono coloro che vivono il motociclismo come un'avventura. Qui, la storia della Dakar prende davvero vita: dalle prime tracce lasciate sulla sabbia dai pionieri agli incredibili risultati di oggi. È una vetrina di passioni, un luogo dove questa storia risuona, ma anche un punto d'incontro dove è possibile dialogare con una comunità di appassionati che vivono la Dakar come un viaggio epico. È con questo spirito che abbiamo scelto di sostenere il progetto «Desert Queens» e di contribuire pienamente alla narrazione della mostra. Partecipiamo condividendo immagini, ricordi ricchi di emozioni e persino oggetti iconici, tra cui la moto di Thierry Sabine, l'uomo che ha osato lanciare la Parigi-Dakar non solo come una gara, ma come un'avventura umana alla scala del deserto».
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