2023-02-21
Lo sfregio ai romanzi di Dahl fa svegliare pure la sinistra. «È una censura totalitaria»
Roald Dahl. Nel riquadro, Salman Rushdie (Getty Images)
La decisione di manipolare le opere dello scrittore in nome dell’inclusione provoca le critiche di Salman Rushdie, della filosofa lesbica Kathleen Stock e perfino di Luca Bizzarri.Quando parliamo dell’esistenza di una vera e propria neolingua politicamente corretta, troviamo sempre il benpensante di turno che, con il ditino alzato, ci accusa di «complottismo». Accusa che non vuol dire nulla, buona per tutte le stagioni degli sfaccendati e degli imbecilli. Eppure, ciò che è accaduto alle opere di Roald Dahl, il celebre romanziere britannico che scrisse La fabbrica di cioccolato, ha finito per far vacillare anche i talebani dell’«inclusività».Per chi si fosse perso l’ultima puntata di «Riscriviamo la letteratura come ci pare e piace» (serie di nostra fantasia, beninteso, ma tragicamente reale nell’Occidente liberal), il collettivo Inclusive Minds ha avviato una revisione delle opere di Dahl per renderle, appunto, più «inclusive». E lo ha fatto, peraltro, ricevendo l’autorizzazione della Roald Dahl story company, che ne detiene i diritti di stampa. Fuor di retorica zuccherosa: questi campioni del «linguaggio neutro» si sono messi a emendare i libri del noto scrittore britannico, espungendo tutti quei termini che non piacciono alla gente che piace.Tanto per fare qualche esempio: parole come «brutto» e «grasso» sono state eliminate o corrette. In alcuni casi, sono stati addirittura aggiunti paragrafi «inclusivi» che Dahl non ha mai scritto. Il che, ovviamente, si chiama manipolazione, se non addirittura falsificazione.Non è la prima volta che i templi dell’ortodossia globalista manipolano l’immaginario di bimbi e ragazzi. Dall’Achille nero di Netflix alla Giovanna d’Arco magrebina, dalla Sirenetta afroamericana alla fatina di Pinocchio genderfluid (e nera), la lista è pressoché infinita. Due anni fa, tanto per fare un altro esempio letterario, in Olanda la casa editrice Blossom Books pubblicò un’edizione emendata dell’Inferno dantesco, in cui era stata eliminata la presenza di Maometto nelle Malebolge. Del resto, lo sanno tutti che l’Alighieri era un becero razzista, no? Eppure, chissà perché, il fantastico mondo dei cialtroni inclusivi e dei falsari di opere letterarie non piace proprio a tutti.Anzi: stavolta a insorgere contro lo sfregio ai romanzi per ragazzi di Dahl sono stati anche numerosi rappresentanti della sinistra. Particolarmente duro è stato il commento di Salman Rushdie, celebre scrittore indiano con passaporto britannico e autorevole esponente del cosiddetto «realismo magico». In un cinguettio su Twitter, infatti, Rushdie ha tuonato: «Roald Dahl non era un santo, ma questa è una censura assurda e vergognosa». Anche il comico David Baddiel ha fatto notare tutta l’incoerenza delle espunzioni operate dagli editori. In un passaggio de Gli Sporcelli, infatti, è stato eliminato ogni riferimento al «doppio mento», ma non ai «denti storti» e al «naso traballante». L’obiettivo era evidentemente di evitare il «fat shaming», cioè la «grassofobia» (sì, è stato inventato anche questo termine orribile). Eppure, evidenzia Baddiel, perché non è stata eliminata la descrizione anche delle altre due imperfezioni fisiche? «Una volta che imbocchi questa via», ironizza il comico britannico, «rischi di ritrovarti con intere pagine vuote». Opinione condivisa dall’autore americano Michael Shellenberger. E cioè un altro scrittore che ha mosso i primi passi nella sinistra politica, salvo poi accorgersi di tutte le storture dell’ideologia woke: questa nuova edizione delle opere di Dahl, ha scritto Shellenberger, «è una censura totalitaria e dovrebbe essere ampiamente condannata da autori e editori».Le critiche sono arrivate pure da Suzanne Nossel, nota attivista per i diritti umani: «Quando ti prendi la licenza di rieditare in questo modo opere classiche, il problema è che non esiste un principio limitante», ha scritto su Twitter. «Inizi sostituendo una parola qui e una parola là, ma poi finisci per inserire idee completamente nuove (come è stato fatto per il lavoro di Dahl)». Ma c’è anche chi ha usato parole meno diplomatiche: la filosofa lesbica Kathleen Stock, che nonostante il conferimento dell’Ordine dell’impero britannico è stata più volte accusata di «transfobia» dalle lobby Lgbt, ha espresso a Times Radio viva preoccupazione per questa deriva che ha preso l’industria editoriale. Iniziative come l’emendamento delle opere di Dahl, infatti, si fondano su un modo di pensare «che è parodicamente stupido».Non è finita qui: anche alle nostre latitudini c’è chi ne ha le tasche piene di queste operazioni di bassa cucina ideologica. Leggere per credere Luca Bizzarri, attore non certo sospettabile di simpatie destrorse: «Questa è la sinistra intellettuale, quella che perde le elezioni e si chiede come mai», è stato il suo commento al vetriolo sul caso Dahl.Insomma, l’offensiva su vasta scala dei «risvegliati» è stata come una valanga che ha travolto ogni cosa, dai classici della letteratura alle favole per bambini. Tutto doveva essere riletto, riscritto ed emendato. Eppure, alla fine sono arrivate parecchie docce gelate e poderose levate di scudi. A forza di tirare la corda, infatti, c’è il rischio che si spezzi. E stavolta pare proprio essersi spezzata.
Francesco Zambon (Getty Images)
La deposizione in mare della corona nell'esatto luogo della tragedia del 9 novembre 1971 (Esercito Italiano)
Quarantasei giovani parà della «Folgore» inghiottiti dalle acque del mar Tirreno. E con loro sei aviatori della Royal Air Force, altrettanto giovani. La sciagura aerea del 9 novembre 1971 fece così impressione che il Corriere della Sera uscì il giorno successivo con un corsivo di Dino Buzzati. Il grande giornalista e scrittore vergò alcune frasi di estrema efficacia, sconvolto da quello che fino ad oggi risulta essere il più grave incidente aereo per le Forze Armate italiane. Alle sue parole incisive e commosse lasciamo l’introduzione alla storia di una catastrofe di oltre mezzo secolo fa.
(…) Forse perché la Patria è passata di moda, anzi dà quasi fastidio a sentirla nominare e si scrive con la iniziale minuscola? E così dà fastidio la difesa della medesima Patria e tutto ciò che vi appartiene, compresi i ragazzi che indossano l’uniforme militare? (…). Buzzati lamentava la scarsa commozione degli Italiani nei confronti della morte di giovani paracadutisti, paragonandola all’eco che ebbe una tragedia del 1947 avvenuta ad Albenga in cui 43 bambini di una colonia erano morti annegati. Forti le sue parole a chiusura del pezzo: (…) Ora se ne vanno, con i sei compagni stranieri. Guardateli, se ci riuscite. Personalmente mi fanno ancora più pietà dei leggendari piccoli di Albenga. Non si disperano, non singhiozzano, non maledicono. Spalla a spalla si allontanano. Diritti, pallidi sì ma senza un tremito, a testa alta, con quel passo lieve e fermissimo che nei tempi antichi si diceva appartenesse agli eroi e che oggi sembra completamente dimenticato (…)
Non li hanno dimenticati, a oltre mezzo secolo di distanza, gli uomini della Folgore di oggi, che hanno commemorato i caduti di quella che è nota come la «tragedia della Meloria» con una cerimonia che ha coinvolto, oltre alle autorità, anche i parenti delle vittime.
La commemorazione si è conclusa con la deposizione di una corona in mare, nel punto esatto del tragico impatto, effettuata a bordo di un battello in segno di eterno ricordo e di continuità tra passato e presente.
Nelle prime ore del 9 novembre 1971, i parà del 187° Reggimento Folgore si imbarcarono sui Lockheed C-130 della Raf per partecipare ad una missione di addestramento Nato, dove avrebbero dovuto effettuare un «lancio tattico» sulla Sardegna. La tragedia si consumò poco dopo il decollo dall’aeroporto militare di Pisa-San Giusto, da dove in sequenza si stavano alzando 10 velivoli denominati convenzionalmente «Gesso». Fu uno di essi, «Gesso 5» a lanciare l’allarme dopo avere visto una fiammata sulla superficie del mare. L’aereo che lo precedeva, «Gesso 4» non rispose alla chiamata radio poiché istanti prima aveva impattato sulle acque a poca distanza dalle Secche della Meloria, circa 6 km a Nordovest di Livorno. Le operazioni di recupero dei corpi furono difficili e lunghissime, durante le quali vi fu un’altra vittima, un esperto sabotatore subacqueo del «Col Moschin», deceduto durante le operazioni. Le cause della sciagura non furono mai esattamente definite, anche se le indagini furono molto approfondite e una nave pontone di recupero rimase sul posto fino al febbraio del 1972. Si ipotizzò che l’aereo avesse colpito con la coda la superficie del mare per un errore di quota che, per le caratteristiche dell’esercitazione, doveva rimanere inizialmente molto bassa.
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