2021-03-19
Rixi: «Lasciai il governo dopo la condanna. Sono stato assolto e nessuno si scusa»
L'ex viceministro ai Trasporti: «Campagne d'odio contro di me. Stop alla giustizia sommaria. I media non scrivono le sentenze».Il telefono di Edoardo Rixi non smette di squillare dal momento in cui è arrivata la notizia della sentenza della Corte d'appello di Genova che ha spazzato via la condanna in primo grado per lui e per altri 18 ex consiglieri regionali accusati di peculato e falso a proposito delle spese da loro sostenute a suo tempo. Rixi è oggi deputato nazionale e segretario della Lega in Liguria; all'epoca era capogruppo in Regione; ma, dopo la prima condanna, si dimise da viceministro alle Infrastrutture del governo Conte uno. Onorevole Rixi, il fatto non sussiste. Ma lei sta da diversi anni sulla graticola… Non è stato piacevole, immagino. (Sorride) «Assolutamente… Confermo che non è stato affatto piacevole…».Circa due anni fa, a maggio 2019, arrivò una sentenza di primo grado pesantissima, lei fu trattato peggio di tutti gli altri, condanna a 3 anni e 5 mesi. Come si spiega quella prima decisione? Frutto del clima?«Fu anche frutto di un clima e di una campagna condotta da alcuni con toni particolarmente aggressivi, con attacchi forsennati in particolare dai Cinquestelle da febbraio fino a tutto maggio, quando si votò per le Europee. Per tutto il tempo dissero che in caso di condanna mi sarei dovuto dimettere. Umanamente quei mesi mi fecero male: certo, non condividevo le loro idee politiche, ma si era comunque insieme al governo, avevamo scritto insieme il decreto Genova in circostanze delicate e dolorose per la città…».Era stata anche chiesta per lei l'interdizione perpetua dai pubblici uffici. «Scherzando pensai che, se avessi commesso un omicidio, sarei forse andato incontro a conseguenze più lievi. Ma allora non avevo alcuna voglia di scherzare: fu uno choc totale». Oggi è stato travolto dai messaggi e dalle telefonate di congratulazioni. Qualcuno le ha chiesto scusa? «No, al momento proprio no».Salvini le è sempre stato vicino. Quando lei si dimise dal governo (disse cavallerescamente: «Per non creare problemi»), fu nominato responsabile nazionale del partito per le infrastrutture e i trasporti.«Matteo mi fu vicino anche molto prima, da quando nel 2012 la guardia di finanza venne a prendere i documenti, e poi quando nel 2015 ero candidato alla Regione Liguria. Ci sono stati momenti in cui volevo lasciare la politica: Matteo invece mi ha sempre spronato ad andare avanti».Ho sotto gli occhi le agenzie del giorno della condanna. I grillini si scatenarono per dire che Rixi da condannato non poteva rimanere al governo.«Ricordo bene. E la cosa mi diede particolarmente fastidio perché io non avevo mai detto che in caso di condanna sarei rimasto. E infatti diedi subito le dimissioni».Eppure i grillini compatti sventolarono il contratto di governo reclamando quelle dimissioni…«Ma io davo per scontato che avrei rispettato quell'impegno e la parola data. Non avevo alcuna intenzione di rimanere potendo a quel punto essere un problema per il governo, pur a causa di una condanna che non meritavo».Anche l'allora ministro Toninelli non si sbracciò certo per trattenerla. Parlò di ministero «falcidiato» (c'era stato anche il caso Siri), la ringraziò un po' freddamente per il lavoro svolto, ma non sembrava certo addoloratissimo per quelli che parevano problemi della Lega…«No, assolutamente, non fu certo espansivo…. Diciamo che almeno fu uno dei grillini che non mi insultarono, mettiamola così».Conte, democristianamente e forse un po' ipocritamente, la ringraziò per la «sensibilità dimostrata» dimettendosi…«Mi chiamò, e io gli dissi che ero d'accordo a dimettermi. Mi rendevo conto che il governo era già sotto attacco, anche in sede europea».Mi colpì una frase che diversi usarono: «Caso risolto in cinque minuti», alludendo alla rapidità dell'accoglimento delle sue dimissioni. Ma non si rendevano conto di quanto fosse e sia pericolosa una logica di questo tipo? Oggi elimini un avversario politico, ma domani può capitare a un amico o magari proprio a te.«Diciamo che si cercò di tener su il governo, che poi del resto sarebbe entrato in crisi ad agosto. Ma già tempo prima, la Spazzacorrotti non era stata certamente facile da digerire per noi della Lega. Pensi che ci furono modifiche a un certo punto, e qualcuno tentò di dire che ero stato io a ottenere cambiamenti con lo scopo di non essere condannato. Pazzesco, visto che di lì a poco arrivò la pesante condanna che abbiamo ricordato».Non sarebbe il caso per tutti, di rileggere l'articolo 27 comma 2 della Costituzione, per cui tutti sono innocenti fino a sentenza definitiva di condanna? «Non c'è dubbio. Tutti dovrebbero capire che la giustizia sommaria è sempre controproducente. Specie chi fa politica dovrebbe tenere a mente che le sentenze non si scrivono sui giornali. Dopo di che, lo ripeto, è legittimo comunque dimettersi: io ad esempio non so se sarei rimasto, per le ragioni che ho spiegato…» È il momento di porre un limite alle logiche anti casta? Con la sentenza di oggi è stata sancita la possibilità per i consiglieri regionali di decidere i contorni e il perimetro della loro iniziativa politica, con le relative spese…Può piacere o no, ma altrimenti si può finire per contestare qualunque euro speso da un consigliere…«Guardi, se la gente ti conosce non crede a certe rappresentazioni distorte. Nel 2015, quando ero già sotto attacco, e nonostante fossi aggredito molto duramente, fui comunque il consigliere più votato in Liguria e risultai determinante per far vincere Giovanni Toti».C'è stato in questi anni il tentativo di mettere in ginocchio l'autonomia della politica? Voglio dire: è più facile sparare contro un consigliere regionale che non contro – che so – un finanziere o un banchiere che sta nel patto di sindacato che controlla un grande quotidiano… Che giudizio dà di quindici anni di cosiddette campagne anti casta? Non le pare che abbiano colpito quasi solo contro i politici, cioè il bersaglio più facile?«La politica deve capire che se lascia un vuoto, lo occupano altri. Dopo di che, le logiche che lei descrive hanno colpito il Paese. Io ho studiato all'estero, sono stato in molti paesi: c'è giusta durezza contro gli illeciti, ma non c'è una sorta di sbarramento preventivo. Le racconto questa: quando ero viceministro e volevo fare gli “stati generali del mare", cioè un'iniziativa non di parte, aperta a tutti, su un tema importante, compresi che per farla avrei dovuto autofinanziarla, perché chiunque aveva timore di finanziarla in modo pur correttissimo… Ha capito il clima?».