2018-10-14
Rivolta dei dipendenti Inps contro il metodo Boeri: «Ci usa per fare politica»
Il presidente dialoga solo con un pugno di fedelissimi. Gli attacchi all'esecutivo sconcertano i dirigenti. La base: «Ha troppi poteri». In questo clima da basso impero annuncia le barricate l'Unione sindacale di base: «Non ci stancheremo mai di chiedere la revisione della governance dell'Istituto»I dipendenti dell'Inps non ci stanno a essere usati dal loro presidente Tito Boeri contro il governo.L'Istituto per loro non può essere trasformato in una sacca di resistenza dal quale far partire attacchi contro l'esecutivo. A rendere insostenibile la situazione è il bunker in cui Boeri pare essersi rinchiuso. Tutte le decisioni passano dalla segreteria unica di presidenza, riorganizzata dal professore. Ne fanno parte cinque-sei dirigenti e una quarantina di impiegati. Funziona da vero e proprio filtro e di fatto ha esautorato alcuni poteri della direzione generale. In questo modo l'intera tecnostruttura dell'Istituto, composta da dirigenti di prima e seconda fascia, è trasformata in una sorta di ufficio timbri. Le iniziative dirigenziali vengono frustrate e una ristretta oligarchia di manager (tre o quattro quelli più vicini a Boeri) pianifica ogni cosa. A ciò bisogna aggiungere il disorientamento prodotto dalle continue uscite politiche del presidente.In occasione delle teleconferenze con i dirigenti di prima fascia si sono registrate prese di posizione in cui venivano ricordati a Boeri le prerogative tecniche professionali dell'Inps e il disagio per le dichiarazioni di natura politica che espongono gli operatori dell'Inps sul territorio a proteste e aspettative. Ma anche nelle fasce sottostanti a quelle apicali non mancano i segnali di disagio e la voglia di reagire. Per esempio c'è grande malumore per la mancata valorizzazione dei dipendenti Inps inquadrati in categoria B. Sono migliaia e sono fondamentali vista la carenza di personale. Ma non possono svolgere tutte le procedure. I sindacati hanno provato a rimediare, senza soddisfazione: «Abbiamo unitariamente rimarcato che non si sta discutendo di concorso esterno, ma di consentire ai lavoratori dell'Istituto di poter mettere a frutto le competenze acquisite in anni di lavoro - nel pieno rispetto del principio della selettività: per questo, una simile inaspettata rigidità da parte dell'Amministrazione ci appare del tutto incomprensibile e inaccettabile». Boeri ha snobbato le sigle dei lavoratori sulla richiesta di progressioni verticali per assumere, invece, (solo) 250 persone a cui tra l'altro è stato richiesto il possesso del certificato Cambridge di conoscenza della lingua inglese a livello B2. Boeri, button down e inglese fluente, deve vagheggiare un istituto fighetto a sua immagine. Come se per uno sportellista che deve erogare pensioni, magari nella provincia profonda, essere poliglotti fosse un titolo preferenziale. Molti bravi laureati non in possesso del certificato hanno dovuto rinunciare al concorso.A fine settembre è arrivato a Boeri un altro avviso di malessere, questa volta dal presidente del Civ (Comitato di indirizzo e vigilanza), Guglielmo Loy. Il rappresentante degli azionisti Inps, con parole di buon senso, ha messo in guardia il presidente dal rischio per l'ente di farsi trovare impreparato, soprattutto per la continua riduzione di organico, all'arrivo di riforme come quota 100 e il reddito di cittadinanza. Ma nello stesso tempo ha rimarcato la legittimità del governo di varare queste norme. Un discorso che non sembra essere condiviso da Boeri. «Carissimi, riteniamo importante ed urgente segnalarvi come vi sia grande preoccupazione, soprattutto nelle sedi territoriali Inps, per gli effetti di possibili, se non probabili innovazioni» è l'incipit della missiva. Loy palesa subito i dubbi sulla «capacità dell'Istituto di dare celeri e corrette risposte agli utenti». Cittadini di cui pare volersi prendere cura più Loy che non Boeri, soprattutto quando scrive che «il Civ con i propri strumenti programmatici, ha più volte segnalato come vi sia una crescita di sofferenza, soprattutto nel territorio, in tema di dialogo con l'utenza». E la ripetitività degli alert lascia presumere che le risposte del vertice non siano state soddisfacenti. Loy definisce «non procrastinabile la scelta, soprattutto da parte del legislatore, di come ovviare a possibili problematiche operative per consentire all'Istituto di svolgere con efficienza ed efficacia il proprio compito». Una frecciata alla maggioranza? Appare più come una richiesta di soccorso, visto che dall'Inps evidentemente non arrivano risposte. Un concetto che appare inequivocabile in quest'altro passaggio: «Consapevoli che si dovrà operare affinché le legittime scelte del legislatore siano accompagnate, anche attraverso proposte di chi ha la responsabilità di gestire l'Istituto, da conseguenti scelte che abbiano la finalità di supportare lo stesso Istituto». In questo clima da basso impero annuncia le barricate l'Unione sindacale di base: «Non ci stancheremo mai di chiedere la revisione della governance dell'Istituto». Dieci anni fa venne cancellato il consiglio d'amministrazione dell'Inps perché si diceva che occorreva puntare sulla «semplificazione» dei processi decisionali degli enti previdenziali. Ma i presunti vantaggi del sistema monocratico non si sono rivelati tali. Da allora ha prima abdicato «l'uomo dei 54 incarichi», Antonio Mastrapasqua, e ora traballa Boeri. La pericolosità della sua governance è stata denunciata nei referti annuali della Corte dei conti (da ultimo con la delibera numero 5 del 2018 firmata da Luigi Gallucci, magistrato addetto al controllo) e nella relazione del Gruppo di lavoro costituito nel 2012 presso il ministero del Lavoro e delle politiche sociali, documenti che hanno rilevato il rischio dell'eccessivo accentramento di poteri nella figura del presidente e dell'uso politico dei dati dell'anagrafe previdenziale.Alcune conseguenze di questa concentrazione vengono snocciolate nei corridoi dell'Inps: Boeri nel 2015 ha proposto e nominato direttore generale dell'Inps Massimo Cioffi (nonostante un chiaro conflitto d'interessi); poi quando lo stesso Cioffi è stato costretto alle dimissioni a causa di un'indagine giudiziaria, Boeri se ne è sbarazzato al grido di «meglio così, visto che non credeva nella riforma Inps». Non basta. Boeri ha nominato e mantenuto al suo posto sino alla scadenza del mandato Daniela Becchini, ex direttore centrale patrimonio, nonostante i suoi rapporti con il discusso imprenditore Alfredo Romeo, come è risultato nell'inchiesta Consip. Alla stessa Becchini il presidente ha fatto gestire la dismissione del patrimonio degli enti previdenziali. Di fronte a un quadro del genere, è evidente che l'arrivo del governo del cambiamento abbia riacceso nei 28.000 dipendenti dell'Inps la speranza che qualcosa possa mutare. Ovviamente in meglio. In peggio sarebbe difficile.
Giorgia Meloni al Forum della Guardia Costiera (Ansa)
«Il lavoro della Guardia Costiera consiste anche nel combattere le molteplici forme di illegalità in campo marittimo, a partire da quelle che si ramificano su base internazionale e si stanno caratterizzando come fenomeni globali. Uno di questi è il traffico di migranti, attività criminale tra le più redditizie al mondo che rapporti Onu certificano aver eguagliato per volume di affari il traffico di droga dopo aver superato il traffico di armi. Una intollerabile forma moderna di schiavitù che nel 2024 ha condotto alla morte oltre 9000 persone sulle rotte migratorie e il governo intende combattere. Di fronte a questo fenomeno possiamo rassegnarci o agire, e noi abbiamo scelto di agire e serve il coraggio di trovare insieme soluzioni innovative». Ha dichiarato la Presidente del Consiglio dei Ministri Giorgia Meloni durante l'intervento al Forum della Guardia Costiera 2025 al centro congresso la Nuvola a Roma.
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