2025-01-30
Dietro la rivolta in Congo c’è lo zampino degli Usa per mettere all’angolo la Cina
Washington mira a far saltare l’accordo tra Kinshasa e Pechino per lo sfruttamento dei minerali essenziali alla transizione energetica. Oltre 100 morti, anche caschi blu.La caduta di Goma, la più grande città del Congo orientale, per mano dei ribelli del movimento M23 potrebbe far crollare il grande Paese africano come era già successo nel 1997. Allora Laurent-Désirè Kabila alla guida di milizie armate e organizzate dal Ruanda travolse ogni resistenza del debole esercito congolese arrivando a conquistare la capiate Kinshasa e facendo crollare il regno del generale Mobutu, che resisteva al potere da oltre 30 anni. Anche oggi dietro questa irresistibile avanzata c’è il piccolo stato del Ruanda, che vuole mettere le mani sulle enormi ricchezze minerarie delle province orientali della Repubblica Democratica del Congo. Il movimento M23, nato nel 2009 sulle cenerei di un precedente gruppo, aveva già conquistato Goma, la capitale provinciale del Kivu del nord, nel 2012, ma negli anni si era ridimensionato finendo per essere una delle centinaia di milizie che agiscono in questa terra senza legge. Oggi, riorganizzato e riarmato, l’M23, forte di 20.000 uomini e affiancato da 4.000 regolari ruandesi, dopo poche settimane di combattimenti ha preso il controllo dell’intera provincia provocando la fuga di 400.000 persone e il crollo delle Fardc (Forze Armate della Repubblica Democratica del Congo). Il presidente congolese Felix Tshisekedi ha dichiarato lo stato di emergenza e ha apertamente accusato il Ruanda di essere il mandante di questa aggressione, ritirando l’ambasciatore da Kigali e chiudendo le frontiere con il Paese confinante. A Goma intanto fonti locali raccontano di scene di festa per l’arrivo dei miliziani ribelli che sono stati visti sfilare nella città. Il carcere di Goma è stato assaltato e sono stati liberati 3.000 detenuti, molti dei quali erano ribelli arrestati nei mesi scorsi. Le truppe regolari hanno consegnato le armi ai miliziani e molti soldati si sono uniti alla ribellione, mentre in città sono cominciati i saccheggi e gli incendi di tutti i palazzi governativi. Il Sudafrica, che ha soldati sia nella missione delle Nazioni Unite Monusco, che nella Sadc (Comunità di Sviluppo dell’Africa Australe) conta già 14 militari uccisi, oltre a un casco blu del Malawi e uno dell’Uruguay. I contingenti internazionali appoggiano l’esercito governativo, ma non sono riusciti minimamente ad arginare l’avanzata dei ribelli che hanno dilagato. Intanto nella capitale Kinshasa la popolazione ha riversato la sua rabbia sulle ambasciate di Stati Uniti, Francia, Belgio, Uganda, Kenya e ovviamente Ruanda, mentre la polizia ha fatto molta fatica a difendere le sedi diplomatiche. Muhindo Kalyamughuma è il vicepresidente della Lucha, un’associazione della società civile congolese nata a Goma, ma presente in tutto il Congo e conosce bene la situazione del suo Paese. «Le colpe sono del presidente Felix Tshisekedi che ha abbandonato il suo popolo. Noi abbiamo lottato contro Kabila, ma la situazione non è migliorata. Tshisekedi ha rinnegato il suo programma e ha svenduto il nostro Paese alla Cina firmando accordi commerciali che servono soltanto ad arricchire la classe politica di Kinshasa. Dietro il disastro nell’Est del Paese ci sono solo interessi economici. Paul Kagame vuole le nostre ricchezze e ha già trovato gli acquirenti in Europa e negli Stati Uniti, mentre Tshisekedi vuole fare affari con Pechino, ma il nostro popolo soffre la fame e la disperazione. L’intervento internazionale ha fallito troppe volte e le manifestazioni per cacciare via le Nazioni Unite ne sono la dimostrazione. Milioni di sfollati non riescono a tornare nelle proprie case, ma si parla soltanto dei nostri minerali, che io definisco la nostra maledizione. Il Congo muore e tutti aspettano di strappare un pezzo del suo cadavere». La Cina, infatti, ha firmato un accordo ventennale nel 2024 da oltre 7 miliardi di dollari, riguardante lo sfruttamento esclusivo di tutte le materie prime chiave per la transizione energetica, che non avrà nessuna ricaduta sulle province orientali ma che è frutto soltanto di un’intesa politica voluta dalla nuova presidenza. Le aziende cinesi non fidandosi dei militari locali e utilizzano corpi privati di sicurezza cinesi per difendere miniere e siti d’estrazione, ma nonostante questo i rapimenti restano comuni. Il presidente del Kenya, William Ruto, sta cercando di organizzare un incontro fra il presidente del Ruanda, Paul Kagame, e quello del Congo e ieri il Segretario di Stato Usa, Marco Rubio ha personalmente chiamato Kagame per chiedere un cessate il fuoco immediato. La provincia conquistata dai ribelli è una delle più ricche di tutto il continente africano e qui ci sono miniere di litio, cobalto, coltan, terre rare, oro e diamanti; un enorme forziere che il Ruanda vuole sfruttare. Questa guerra vede protagonisti non soltanto i Paesi africani, ma le le grandi potenze che hanno enorme interessi nella regione dei Grandi Laghi. La Cina è il principale partner della Repubblica Democratica del Congo, ma gli Stati Uniti e la Francia sono grandi sostenitori del presidente ruandese Kagame, molto stimato in Occidente. La nuova amministrazione Trump punta a limitare l’influenza cinese in Africa, così ricca di materie prime chiave.