2022-02-25
Con le riaperture a passo di lumaca cadono le ultime bugie sul green pass
L’elenco delle restrizioni che verranno eliminate (in clamoroso ritardo) tra oltre un mese dimostra che restiamo prigionieri nonostante il lasciapassare, imposto proprio con la scusa di evitare le chiusure.Eravamo in emergenza, non eravamo liberi, ma non lo sapevamo. Anzi, se a Natale Mario Draghi aveva chiesto ancora un po’ di pazienza e qualche piccolo sacrificio era proprio «per difendere la normalità raggiunta». Adesso però, dalle fanfare dei giornaloni sulle «riaperture» del 1° marzo e sulla fine dello stato d’emergenza a partire dal 31 marzo, si scopre che anche negli ultimi tre mesi milioni di italiani sono stati limitati nelle loro libertà fondamentali. A cominciare da coloro che, a torto o a ragione, non si erano o non si sono vaccinati e sono stati messi spalle al muro, con la minaccia di perdere persino ogni fonte di reddito. «Draghi: emergenza finita, adesso riapriamo tutto», titolava ieri La Stampa di Torino. «Covid, l’emergenza è finita. Draghi: dal primo aprile stop anche al sistema ai colori», annunciava Il Corriere della Sera, con la gioia di chi si lascia alle spalle un periodaccio. «Covid, da aprile via i colori. Draghi: «l’obiettivo è riaprire tutto», strillava La Repubblica degli Agnelli-Elkann, che con un piccolo capolavoro grafico metteva sotto questo titolo un’altra gran bella notizia: «Stellantis fa utili record, premiata la fusione». Da domani, con la scusa della guerra in Ucraina, di nuovo cassa integrazione a richiesta, musi lunghi degli azionisti e, incassate le ricche cedole, nuove richieste di sussidi pubblici al governo? E insomma, gli italiani erano leggermente sacrificati, ma lo scriveva solo La Verità. Nel coro sinfonico senza memoria di questa nuova Italia dei migliori e dei competenti, con politici e opinionisti che cinguettano su Twitter tutto il dì, ci si era scordati le parole dello stesso presidente del Consiglio alla vigilia di Natale. Nella conferenza stampa del 21 dicembre, quella in cui si giocò probabilmente l’elezione a capo dello Stato definendosi «un nonno al servizio delle istituzioni», Draghi affermò: «Dobbiamo difendere la normalità che abbiamo raggiunto, senza nuove chiusure, continuando a garantire la scuola in presenza e una socialità soddisfacente». Ed eccolo l’elenco delle «normalità» raggiunte, che oggi ricaviamo dai calendari delle «riaperture» che in queste ore tutti i media stanno diffondendo, dopo non aver fatto un plissé per tutto l’inverno. Da martedì 1° marzo, stop alla quarantena per chi arriva in Italia da nazioni extra Ue, con l’effetto tragicomico che i turisti stranieri avranno più diritti di milioni di italiani, in quanto evidentemente meno contagiosi di noi. Dal 10 di marzo, si potranno visitare i parenti in ospedale, ma per non più di 45 minuti. Insomma, basta con tutti questi anziani che muoiono da soli, dopo che un portavoce dei parenti è stato costretto per settimane a parlare al telefono con un portavoce del reparto ospedaliero. Di pari importanza, almeno come si evinceva ieri dalle «pillole» utili del Sole 24 Ore, il fatto che al cinema si potranno nuovamente mangiare i pop corn, ma sempre tra due settimane. Il 31 marzo, poi, viene lasciato scadere lo stato di emergenza e quindi (ma è meglio dirlo a bassa voce), l’Italia tornerà a essere la famosa culla del diritto. Dal 1° aprile, poi, e non è uno scherzo, basta con le quarantene da semplice contatto a scuola. La misura che ha rischiato di paralizzare milioni di famiglie, con migliaia di ragazzi falsi positivi o positivi non sintomatici, scade come uno yogurt e chi si è visto si è visto. Sempre dal 1° aprile, all’aperto non sarà più necessario il super green pass e lo stesso vale anche per alberghi e mezzi di trasporto. Mentre il 15 giugno (che non è esattamente domani ma pazienza, siamo in festa lo stesso), cade anche l’obbligo di vaccinazione per gli ultracinquantenni. Una misura di una certa rilevanza, sicuramente a lungo meditata da Roberto Speranza e dai suoi aurei consulenti del Cts e che si pensava potesse essere una di quelle imposizioni che o sono giuste o sono sbagliate. E invece viene trattata come l’imposizione della zona a traffico limitata sotto le feste: un po’ va bene, ma poi stufa. Con la fine dell’emergenza (fantasma), cadono anche una serie di misure che fino a ieri sembravano letteralmente vitali, come le mascherine Ffp2 a scuola e il sistema delle Regioni a colori, bianche, gialle, arancioni e rosse. Una bellissima notizia anche per alcuni assessori che si sono industriati per mesi a conteggiare posti letto nei vari «reparti Covid» e nelle terapie intensive con un occhio ai diktat del ministero della Salute e con un altro al punto di rottura del sistema economico locale. Draghi, mentre rinunciava all’idea di andare a far due chiacchiere con un Vladimir Putin che aveva già deciso di bombardare Kiev, ha anche annunciato l’intenzione di mettere «gradualmente fine all’obbligo di utilizzo del certificato verde rafforzato», a partire dalle attività all’aperto, tra cui fiere, sport, feste e spettacoli.Non è chiaro se lo farà davvero, anche perché il green pass non blocca i contagi, ma allo Stato può sempre servire, specie se abbinato alla demonizzazione del contante, al progetto dell’euro digitale e al coinvolgimento dell’Agenzia delle entrate nella sanzione delle violazioni dell’obbligo vaccinale. In ogni caso, vista com’è andate con le «riaperture» di questi giorni, è facile prevedere che quando Draghi abolirà il certificato verde, i giornaloni che lo hanno difeso strenuamente applaudiranno sentitamente alla sua scomparsa e al trionfo delle libertà costituzionali.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)
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