
Il finanziere Raffaele Mincione prepara la scalata al colosso della fibra ottica. Un'operazione favorita dal golden power deciso dal premier contro la cordata libica e in linea con il parere che aveva espresso da avvocato.Raffaele Mincione, molto vicino al neopremier Giuseppe Conte, è pronto a scalare il capitale di Retelit. Stando alle ultime indiscrezioni pubblicate da Milano Finanza, un gruppo di investitori di Fiber 4.0 guidato da Mincione e composto anche da Luca Cividini e Stefano Giorgetti sarebbe ormai prossimo ad arrivare al 25% del capitale con l'obiettivo di cambiare l'attuale azionariato. La cordata sarebbe pronta a chiedere la nullità delle ultime delibere assembleari e a convocare una nuova assemblea, nell'ambito della quale presentare una nuova lista all'insegna dell'italianità.La guerra per la scalata su Retelit, una società che ha cavi in fibra ottica per oltre 12.500 chilometri che collegano nove grandi città italiane e Bari con Hong Kong, in realtà dura da un po' e Mincione già da diversi mesi spera di poter ricorrere a una strategia vagheggiata ma mai davvero utilizzata per salire nel capitale di Banca Carige.Il momento della svolta è stato il 27 aprile scorso, quando è stato nominato il nuovo cda dell'azienda che opera nelle tlc. In quella data il gruppo aveva confermato i precedenti vertici, battendo Fiber 4.0 (che al momento dell'assemblea aveva il 19,2%): la lista con più voti era stata sostenuta dai libici di Bousval (Lybian Post Telecommunications, con il 14,8%) insieme ai tedeschi di Axxion (con il 5,678%), sotto il coordinamento di Shareholder value management.Così è successo che Conte, per paura che l'Italia potesse perdere un'azienda strategica per il nostro Paese come un'infrastruttura in fibra ottica, ha deciso di esercitare il golden power, quei poteri speciali cioè che consentono al governo di blindare una società qualora sia in pericolo l'interesse nazionale. Nel dettaglio, l'esecutivo ha stabilito di «esercitare i poteri speciali con riferimento alla modifica della governance di Retelit derivante dall'assemblea dei soci del 27 aprile 2018, mediante l'imposizione di prescrizioni e condizioni volte a salvaguardare le attività strategiche della società nel settore delle comunicazioni».C'è però un piccolo dettaglio che ha destato i sospetti dei più. Il premier Conte, che tra i suoi primi atti potrà annoverare il golden power su Retelit, meno di un mese fa (lo scorso 14 maggio), nell'esercizio della propria professione come avvocato aveva formulato un parere per Fiber 4.0 sull'assunzione del controllo dei libici nell'assemblea del 27 aprile e sull'eventuale violazione degli obblighi stabiliti in materia di golden power.Secondo Conte, il 27 aprile i libici avrebbero dovuto rendere nota, come previsto dalla normativa, l'assunzione del controllo di Retelit poiché l'azienda possiede asset strategici per il Belpaese. Poiché ciò non è avvenuto, allora ci sarebbero gli estremi per invalidare la delibera assembleare di fine aprile e le successive delibere del consiglio di amministrazione. Per questo, visti i presupposti, a Piazza Affari in molti osservatori si stanno chiedendo se Mincione abbia intenzione - come sembra - di scalare Retelit. Fatto sta che in Borsa la società è oggetto di un rally che non si vedeva da un po' sul titolo. Ieri le azioni hanno chiuso a quota 1,695 euro in aumento dell 0,95%. Il titolo è passato dagli 1,655 euro di giovedì 7 alla chiusura di 1,579 di venerdì, per poi tornare lunedì 11 a quota 1,671 euro, in rialzo del 5,83%. In pochi giorni, tanto per avere un'idea, sono passati di mano più di 2 milioni di titoli Retelit, un fenomeno assai raro per la società quotata dal 2016 sul segmento Star. «La notizia spiega il riaccendersi della volatilità sul titolo negli ultimi giorni», dichiarano gli analisti di una primaria casa d'affari italiana, aggiungendo che «la speculazione può offrire un sostegno positivo di breve termine, ma la rinnovata incertezza sulla governance è a nostro avviso un elemento negativo che deve essere risolto il prima possibile per non perdere il focus sull'esecuzione del piano industriale». Ora non resta che sperare che gli attriti fra gli azionisti non rovinino il futuro di un'azienda di successo. Retelit, infatti, ha chiuso i primi tre mesi del 2018 con ricavi per 14,9 milioni di euro, in aumento del 9,9% rispetto ai 13,56 milioni messi a segno nel primo trimestre 2017. Si è mostrato in forte aumento anche il margine operativo lordo (+25,6%), che è balzato da 4,16 milioni a 5,22 milioni di euro. Di conseguenza, la marginalità è cresciuta dal 30,7 al 35%. Peccato solo per l'utile, sceso a 480.000 euro dai 988.00 dei primi tre mesi del 2017 a causa di un aumento degli oneri finanziari. Buttare all'aria tutto questo potrebbe rappresentare un danno per gli azionisti, ma anche per tutti gli italiani che hanno creduto nel gruppo fino ad ora.
Leonardo
Il fondo è pronto a entrare nella divisione aerostrutture della società della difesa. Possibile accordo già dopo l’incontro di settimana prossima tra Meloni e Bin Salman.
La data da segnare con il circoletto rosso nell’agenda finanziaria è quella del 3 dicembre. Quando il presidente del consiglio, Giorgia Meloni, parteciperà al quarantaseiesimo vertice del Consiglio di cooperazione del Golfo (Ccg), su espressa richiesta del re del Bahrein, Hamad bin Isa Al Khalifa. Una presenza assolutamente non scontata, perché nella Penisola araba sono solitamente parchi con gli inviti. Negli anni hanno fatto qualche eccezione per l’ex premier britannica Theresa May, l’ex presidente francese François Hollande e l’attuale leader cinese Xi Jinping e poco altro.
Emmanuel Macron (Ansa)
Bruxelles apre una procedura sull’Italia per le banche e tace sull’acciaio transalpino.
L’Europa continua a strizzare l’occhio alla Francia, o meglio, a chiuderlo. Questa volta si tratta della nazionalizzazione di ArcelorMittal France, la controllata transalpina del colosso dell’acciaio indiano. La Camera dei deputati francese ha votato la proposta del partito di estrema sinistra La France Insoumise guidato da Jean-Luc Mélenchon. Il provvedimento è stato approvato con il supporto degli altri partiti di sinistra, mentre Rassemblement National ha ritenuto di astenersi. Manca il voto in Senato dove l’approvazione si preannuncia più difficile, visto che destra e centro sono contrari alla nazionalizzazione e possono contare su un numero maggiore di senatori. All’Assemblée Nationale hanno votato a favore 127 deputati contro 41. Il governo è contrario alla proposta di legge, mentre il leader di La France Insoumise, Mélenchon, su X ha commentato: «Una pagina di storia all’Assemblea nazionale».
Maria Rita Parsi (Imagoeconomica)
La celebre psicologa e psicoterapeuta Maria Rita Parsi: «È mancata la gradualità nell’allontanamento, invece è necessaria Il loro stile di vita non era così contestabile da determinare quanto accaduto. E c’era tanto amore per i figli».
Maria Rita Parsi, celebre psicologa e psicoterapeuta, è stata tra le prime esperte a prendere la parola sulla vicenda della famiglia del bosco.
La sede di Bankitalia. Nel riquadro, Claudio Borghi (Imagoeconomica)
Il senatore leghista torna sulle riserve auree custodite presso Bankitalia: «L’istituto detiene e gestisce il metallo prezioso in nome dei cittadini, ma non ne è il proprietario. Se Fdi riformula l’emendamento...»
«Mentre nessuno solleva il problema che le riserve auree della Bundesbank siano di proprietà dei cittadini tedeschi, e quindi dello Stato, come quelle della Banca di Francia siano di proprietà dei cittadini d’Oltralpe, non si capisce perché la Banca d’Italia rivendichi il possesso del nostro oro. L’obiettivo dell’emendamento presentato in Senato da Fratelli d’Italia, e che si ricollega a una mia proposta di legge del 2018, punta esclusivamente a stabilire il principio che anche Bankitalia, al pari delle altre Banche centrali, detiene e gestisce le riserve in oro ma non ne è la proprietaria». Continua il dibattito su misure ed emendamenti della legge di Bilancio e in particolare su quello che riguarda le riserve in oro.






