2021-02-01
Renzi sogna la Silicon Valley araba
Matteo Renzi e Mohammed Bin Salman (Ansa)
Dietro l'evento a cui ha partecipato l'ex premier, piano di investimenti da 1.000 miliardi La fetta maggiore serve a costruire Neom, una città hi tech grande come il Belgio.Ci sono oltre 1.000 miliardi di dollari dietro la partecipazione dell'ex premier italiano Matteo Renzi alla Davos del deserto, in Arabia Saudita, alla corte di Mohammed Bin Salman. È questo investimento senza uguali nella storia dell'umanità ad aver smosso, oltre al leader di Italia viva, altri 150 personaggi di spicco della politica e della finanza mondiale, tra cui David Solomon, ad di Goldman Sachs, e Larry Fink di Blackrock. Anche ieri, in un'intervista al Corriere della Sera, Renzi ha continuato a difendere la scelta di essere testimonial dell'iniziativa dei sauditi. E oltre a definire l'Arabia Saudita come un baluardo contro l'estremismo islamico, ha insistito sulla riforma Vision 2030, portata avanti in questi anni da Bin Salman. D'altra parte chi frequenta l'ex Rottamatore descrive le sue giornate come scandite soprattutto da «impegni economico finanziari», tra «telefonate e meeting», mentre le beghe politiche nostrane, «le affronta ormai con la mano sinistra».Il rinascimento saudita poggia su un fondo di investimento pubblico che nel 2025 raggiungerà la cifra di oltre 1.000 miliardi di dollari di asset. Gran parte di questi saranno investiti per creare Neom, una nuova città stato grande come il Belgio dove non esisteranno macchine e strade. Si parla di almeno 500 miliardi di dollari per una nuova metropoli dove tutto sarà automatizzato tramite l'intelligenza artificiale. Sarà alimentata al 100% da energia rinnovabile e dove tutte le azioni quotidiane si svolgeranno in cinque minuti, senza mettere a repentaglio l'habitat naturale. Non solo. Fiore all'occhiello di Neom sarà «The Line», 170 chilometri che uniranno la costa del Mar Rosso con le montagne e le valli superiori dell'Arabia Saudita nordoccidentale. Secondo il principe dovrà diventare il nuovo centro del mondo, un misto tra la Silicon Valley, Hollywood e la Costa Azzurra. Oltre il 40% della popolazione mondiale potrà raggiungerla in quattro ore di aereo. Da quando Bin Salman ha iniziato a lanciare l'operazione, che dovrà diversificare l'industria saudita (da sempre incentrata sul petrolio), gli investimenti dall'estero sono aumentati in modo esponenziale. Tutto il mondo vuole partecipare a un progetto che rischia di cambiare per sempre la geopolitica del Medio Oriente. Persino Google sta studiando un nuovo collegamento con fibre ottiche che unirà Asia ed Europa, attraverso Arabia e Israele. A guardare a Neom sono soprattutto gli israeliani. Tanto che a novembre dello scorso anno il primo ministro Benjamin Netanyahu ha incontrato Bin Salman proprio nelle zone dove sorgerà la nuova megalopoli. Jonathan Pacifici, presidente del Jewish economic forum e storico socio di Marco Carrai (considerato il Richelieu di Renzi nonché console di Israele a Firenze), ne ha parlato in un'intervista la scorsa settimana, su Geopolitica.info. Pacifici ha spiegato il cambiamento epocale dei rapporti diplomatici della zona, dove «l'impressione è che sia proprio l'economia e in particolare la “technology diplomacy" il baricentro di questi nuovi rapporti». E ha aggiunto: «Di sicuro ci sono miliardi di dollari che dal Golfo atterreranno sulle start up israeliane, ma anche acquisizioni, fusioni e join venture». Tecnologia non significa altro che cybersicurezza e tecnologie militari all'avanguardia, tra cui l'utilizzo di droni. Bin Salman ha un problema con Neom. Deve difenderla dalle tribù Howaiat che saranno cacciate dall'arrivo della nuova megalopoli: si parla di un esodo di quasi 20.000 persone. Così il principe ha anche creato Safe, (National security services company) collegata al fondo sovrano. Il direttore è Michael Wadsworth, ex militare Usa con un passato in Techwise, azienda leader nella cybersicurezza. Storico pallino dei renziani.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)