
Il Bullo non può più soffrire Giuseppi ma vede con terrore il voto anticipato, perché scomparirebbe. Perciò medita di scatenare la crisi ed «elevare» Sudario a Palazzo Chigi. Uno con così poche truppe e carisma che andrebbe bene a tutti. Pure a Sergio Mattarella.Anche se non può vantare un curriculum parlamentare pari a quello del suo quasi coetaneo e compagno di partito Pier Ferdinando Casini (35 anni trascorsi tra Camera e Senato), Dario Franceschini fa politica da poco meno di mezzo secolo. Cominciò nella Dc, all'epoca di Benigno Zaccagnini, per poi passare ai Cristiano sociali, al Ppi, alla Margherita, all'Ulivo e, infine, al Pd. Nel 2009 per un breve periodo, dopo la scoppola alle elezioni regionali che costrinse Walter Veltroni alle dimissioni, fu anche segretario del partito. In seguito, è stato ministro per i Rapporti con il Parlamento e, con Matteo Renzi a Palazzo Chigi, pure ministro della Cultura, incarico che è tornato a ricoprire nel nuovo esecutivo giallorosso. In sintesi, Franceschini è il classico tipo giusto al posto giusto, soprattutto in un governo della discontinuità. Che sia un uomo ambizioso, a cui piacciono le poltrone, si sa. Renzi, che non lo ama particolarmente, mesi fa lo mise nel mirino per un'intervista al Corriere della Sera in cui Sudario, come lo chiama Dagospia, apriva ai 5 stelle. Il ribaltone era ancora da venire (mancavano 20 giorni), ma Franceschini invitava i compagni a fare distinzione fra grillini e leghisti, separando - questo era il senso - il grano dal loglio. È stato un errore dire no a priori a un'alleanza con Di Maio, spiegò al cronista di via Solferino. Sentendosi punto sul vivo, Renzi replicò con la solita grazia. Prima disse che l'accordo con i 5 stelle serviva solo a trovare una cura a qualche politico dem di lungo corso in crisi di astinenza, precisando che l'astinenza era da poltrone. Poi aggiunse «che chi, come Franceschini, ha perso nel proprio collegio e poi consegnato la propria città alla destra dopo 70 anni, forse potrebbe avere più rispetto per chi il collegio lo ha vinto e continua a governare i propri territori». Tradotto: non mi faccio dettare la linea politica da uno che neppure in casa riesce a dettar legge.Tuttavia, nonostante non avesse intenzione di prendere lezioni da Franceschini, Renzi poco dopo scelse proprio di seguire la linea indicata dal perdente di successo, impalmando Di Maio e mettendo al mondo il Conte due con i grillini. A questo punto, Sudario, ritornato alla guida dei Beni culturali e per di più con l'incarico di capo delegazione al governo per conto del Pd, potrebbe mettersi tranquillo. E invece no, perché a quanto pare è già in movimento per conquistare un'altra poltrona. Questa volta però non con l'opposizione, ma con l'aiuto di Renzi. Già, perché il fondatore di Italia viva, dopo la capriola estiva con cui si è rimangiato tutte le accuse ai grillini e ai voltagabbana del suo partito, ora ha un obiettivo ed è levare di mezzo Giuseppe Conte il prima possibile. Ormai si è capito che Conte è un democristiano cresciuto alla scuola del cardinale Achille Silvestrini. Altro che avvocato del popolo, interprete del cambiamento, populista. Giuseppi è l'avvocato di sé stesso, interprete della conservazione della sua poltrona e trasformista in grado di fare il premier per tutte le stagioni. Uno così non può che fare ombra all'ex presidente del Consiglio, il quale non vede l'ora di riprendersi Palazzo Chigi e tornare alla grande a fare quello che ha interrotto a causa del referendum, ossia occupare il potere. Dunque, oggi Renzi ha fretta di far sloggiare il Fregoli di Volturara Appula e però, siccome teme che togliendo il mattone del presidente del Consiglio venga giù il governo e si vada a votare senza passare da una nuova capriola parlamentare (ipotesi che egli teme più d'ogni altra cosa, perché si ritroverebbe con il 4 per cento), ecco spuntare l'idea di Franceschini: il Vicedisastro (così fu ribattezzato dopo le regionali del 2009) al posto di Giuseppi. Un cambio in corsa che non richiederebbe un cambio di maggioranza, perché a sostenere l'esecutivo sarebbero sempre gli stessi, con la differenza che il ministro della Cultura non avrebbe il peso e neppure la possibilità di competere con Renzi nell'occupazione dello spazio politico al centro. Se Conte piace a parte dei 5 stelle, in particolare dopo la sponsorizzazione di Beppe Grillo, ma anche a qualche forzista, Franceschini piace perché non piace quasi a nessuno, se non a qualche esponente della sua corrente dentro il Pd, il che obbligherebbe Nicola Zingaretti a sostenerlo. Anche Di Maio potrebbe convincersi che Sudario sia la soluzione giusta, perché al pari di Renzi non vede l'ora di liberarsi del presidente del Consiglio, giudicandolo un pericoloso concorrente. In sintesi, Franceschini farebbe comodo a tutti, perfino a Sergio Mattarella, perché tra ex democristiani di sinistra ci si intende, soprattutto se si ha una comune militanza nel Ppi e nella Margherita. Certo, quello tra lui e Conte non sarà uno scontro facile. Un ministro senza portafoglio contro un premier senza voti. Una guerra tra titani. Per ora si registrano vertici di maggioranza e minoranza come neanche nella prima Repubblica. Un vero governo della discontinuità.
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