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2019-06-10
Renzi fa lo struzzo sul suk del Csm. «Ipocrisia per attaccare me e Lotti»
Ansa
Sul palco della "Repubblica delle Idee", il solito Matteo Renzi spavaldo e guascone ha ceduto il passo a un Renzi imbarazzato e sulla difensiva quando si è passati a parlare di giustizia e del «caso Csm», che - a benvedere - può essere descritto come un "caso Pd", visti gli interventi normativi targati centrosinistra che hannofortemente alimentato il "calciomercato" correntizio sulle nomine dei vertici delle procure.
Renzi ha messo le mani avanti: «Dico no al festival dell'ipocrisia solo per attaccare Luca Lotti». E ancora: «Condivido ciò che ha detto Zingaretti dal punto di vista politico, sulla linea del Pd, ma questo meccanismo non l'ha inventato Luca Lotti, c'è sempre stato». Ed è abbastanza evidente che, quando un ex leader politico, per giustificare le scelte legislative della stagione di cui è stato protagonista, ricorre alla tesi "così fantutti", vuol dire che non ha argomenti di merito più efficaci. Palla in tribuna, come i terzinacci in affanno. E nessun riferimento alle inchieste che coinvolgono anche Lotti.Controprova? Il passaggio successivo: "Sono pronto a depositare una legge che dice basta alle portevgirevoli tra politica e magistratura: se uno fa il magistrato, non può essere eletto. E dico anche che se fai il magistrato non entri negli uffici tecnici dei ministeri, io su questo ci sto, vediamo chi la firma questa proposta". Altrimenti – ha proseguito Renzi - "ci raccontiamo le barzellette". Tutto giusto e condivisibile,apparentemente. C'è solo un "piccolo dettaglio": per una non breve stagione, l'uomo che oggi parla è stato Presidente del Consiglio, leader del partito maggioritario in Parlamento, e dominus del quadro politico italiano.
Perché queste belle cose non le ha fatte allora, quando poteva? Evidentemente, non voleva. Lui e i suoi hanno preferito fare altro, come vedremo.Quanto ai restanti passaggi sulla giustizia, nel discorso di ieri di Renzi, sono parsi una via di mezzo tra melina calcistica e supercazzola da "Amici miei": "Il Csm ha delle regole che possono piacere o meno: a menon convince, da esterno, vedere che un magistrato debba essere iscritto a una corrente, a me già stannosulle scatole le correnti dentro i partiti". D'altra parte, secondo Renzi, "questo meccanismo ha portato inmolte città, da Roma a Bologna, Milano, Catanzaro, Palermo nomine all'altezza".
E il Csm "le ha fatte con quel metodo lì, con i magistrati che si incontrano di giorno e di sera, con la politica che incontra i magistrati perché lo prevedono le regole".Com'è noto, da 36 ore Renzi ha preannunciato querele nei confronti della Verità e del direttore Maurizio Belpietro. Ma forse l'ex premier farebbe bene a prendersela con il neoeletto eurodeputato del Pd Franco Roberti, ex procuratore nazionale antimafia, il primo a sollevare il caso. O addirittura a prendersela con se stesso e il suo partito, inaugurando la categoria dell'autoquerela. Infatti, come la Verità ha ripetutamente spiegato, è stato il centrosinistra a cambiare la norma del 2002 che stabiliva un biennio di "decompressione"agli ex consiglieri del Csm prima di poter correre di nuovo per ricoprire incarichi direttivi. Ed è stato il governo Renzi, con decreto, ad abbassare l'età pensionabile dei magistrati da 75 a 70 anni, aprendo inevitabilmenteil circo delle sostituzioni: questo è il cuore dell'accusa politica di Roberti.
Gli ultimi fuochi di ieri sono invece stati dedicati a un grande classico: la rissa a distanza con Enrico Letta, acui Renzi ha indirizzato una nuova versione del velenoso "Enrico stai sereno" di inizio 2014. Commentando l'ipotesi di Letta al vertice del futuro Consiglio Ue, Renzi non si è lasciato sfuggire una nota perfida: Letta è molto forte nelle redazioni dei giornali, molto meno nelle cancellerie europee. Se Francia e Germania lo avessero voluto a capo della Commissione, ce lo avrei portato io». E ci sarebbe quasi da applaudire Renzi,in questo caso: sia per la bordata all'incredibile candidatura Letta di questi giorni (lanciata da qualcuno come atto ostile verso il governo italiano) sia per non averlo portato allora alla Commissione.
Ma l'applauso si spegne subito, se ricordiamo che Renzi combinò un altro "capolavoro" negativo non di minor peso:l'indicazione di Federica Mogherini, politicamente scatenata contro l'Amministrazione Trump, spesso ostile al governo israeliano, e quasi sempre condiscendente verso l'Iran degli ayatollah. Assente e impercettibile,invece, quando si trattava di difendere l'Italia dagli attacchi di Jean-Claude Juncker, Pierre Moscovici e Valdis Dombrovskis, suoi colleghi di Commissione. Qualcuno ricorda forse una mezza parola della Mogherini a difesa dell'Italia davanti ai loro attacchi? La risposta di Letta, abbastanza debole, è arrivata via Twitter: «Leggo Matteo Renzi prendersela ancora con me, rimestando sulle stranote vicende del 2014 (5 anni fa...una vita). Mi permetto un consiglio sulla base della mia personale esperienza: volti pagina, guardi avanti. Si fanno cose interessanti e si sta anche meglio»;.Ma dubitiamo che Renzi sceglierà Letta come maestro di vita e precettore etico-politico.
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E' abbastanza evidente che, quando un ex leader politico, per giustificare le scelte legislative della stagione di cui è stato protagonista, ricorre alla tesi «così fantutti», vuol dire che non ha argomenti di merito più efficaci. Palla in tribuna, come i terzinacci in affanno. Sul palco della "Repubblica delle Idee", il solito Matteo Renzi spavaldo e guascone ha ceduto il passo a un Renzi imbarazzato e sulla difensiva quando si è passati a parlare di giustizia e del «caso Csm», che - a benvedere - può essere descritto come un "caso Pd", visti gli interventi normativi targati centrosinistra che hannofortemente alimentato il "calciomercato" correntizio sulle nomine dei vertici delle procure. Renzi ha messo le mani avanti: «Dico no al festival dell'ipocrisia solo per attaccare Luca Lotti». E ancora: «Condivido ciò che ha detto Zingaretti dal punto di vista politico, sulla linea del Pd, ma questo meccanismo non l'ha inventato Luca Lotti, c'è sempre stato». Ed è abbastanza evidente che, quando un ex leader politico, per giustificare le scelte legislative della stagione di cui è stato protagonista, ricorre alla tesi "così fantutti", vuol dire che non ha argomenti di merito più efficaci. Palla in tribuna, come i terzinacci in affanno. E nessun riferimento alle inchieste che coinvolgono anche Lotti.Controprova? Il passaggio successivo: "Sono pronto a depositare una legge che dice basta alle portevgirevoli tra politica e magistratura: se uno fa il magistrato, non può essere eletto. E dico anche che se fai il magistrato non entri negli uffici tecnici dei ministeri, io su questo ci sto, vediamo chi la firma questa proposta". Altrimenti – ha proseguito Renzi - "ci raccontiamo le barzellette". Tutto giusto e condivisibile,apparentemente. C'è solo un "piccolo dettaglio": per una non breve stagione, l'uomo che oggi parla è stato Presidente del Consiglio, leader del partito maggioritario in Parlamento, e dominus del quadro politico italiano. Perché queste belle cose non le ha fatte allora, quando poteva? Evidentemente, non voleva. Lui e i suoi hanno preferito fare altro, come vedremo.Quanto ai restanti passaggi sulla giustizia, nel discorso di ieri di Renzi, sono parsi una via di mezzo tra melina calcistica e supercazzola da "Amici miei": "Il Csm ha delle regole che possono piacere o meno: a menon convince, da esterno, vedere che un magistrato debba essere iscritto a una corrente, a me già stannosulle scatole le correnti dentro i partiti". D'altra parte, secondo Renzi, "questo meccanismo ha portato inmolte città, da Roma a Bologna, Milano, Catanzaro, Palermo nomine all'altezza". E il Csm "le ha fatte con quel metodo lì, con i magistrati che si incontrano di giorno e di sera, con la politica che incontra i magistrati perché lo prevedono le regole".Com'è noto, da 36 ore Renzi ha preannunciato querele nei confronti della Verità e del direttore Maurizio Belpietro. Ma forse l'ex premier farebbe bene a prendersela con il neoeletto eurodeputato del Pd Franco Roberti, ex procuratore nazionale antimafia, il primo a sollevare il caso. O addirittura a prendersela con se stesso e il suo partito, inaugurando la categoria dell'autoquerela. Infatti, come la Verità ha ripetutamente spiegato, è stato il centrosinistra a cambiare la norma del 2002 che stabiliva un biennio di "decompressione"agli ex consiglieri del Csm prima di poter correre di nuovo per ricoprire incarichi direttivi. Ed è stato il governo Renzi, con decreto, ad abbassare l'età pensionabile dei magistrati da 75 a 70 anni, aprendo inevitabilmenteil circo delle sostituzioni: questo è il cuore dell'accusa politica di Roberti. Gli ultimi fuochi di ieri sono invece stati dedicati a un grande classico: la rissa a distanza con Enrico Letta, acui Renzi ha indirizzato una nuova versione del velenoso "Enrico stai sereno" di inizio 2014. Commentando l'ipotesi di Letta al vertice del futuro Consiglio Ue, Renzi non si è lasciato sfuggire una nota perfida: Letta è molto forte nelle redazioni dei giornali, molto meno nelle cancellerie europee. Se Francia e Germania lo avessero voluto a capo della Commissione, ce lo avrei portato io». E ci sarebbe quasi da applaudire Renzi,in questo caso: sia per la bordata all'incredibile candidatura Letta di questi giorni (lanciata da qualcuno come atto ostile verso il governo italiano) sia per non averlo portato allora alla Commissione. Ma l'applauso si spegne subito, se ricordiamo che Renzi combinò un altro "capolavoro" negativo non di minor peso:l'indicazione di Federica Mogherini, politicamente scatenata contro l'Amministrazione Trump, spesso ostile al governo israeliano, e quasi sempre condiscendente verso l'Iran degli ayatollah. Assente e impercettibile,invece, quando si trattava di difendere l'Italia dagli attacchi di Jean-Claude Juncker, Pierre Moscovici e Valdis Dombrovskis, suoi colleghi di Commissione. Qualcuno ricorda forse una mezza parola della Mogherini a difesa dell'Italia davanti ai loro attacchi? La risposta di Letta, abbastanza debole, è arrivata via Twitter: «Leggo Matteo Renzi prendersela ancora con me, rimestando sulle stranote vicende del 2014 (5 anni fa...una vita). Mi permetto un consiglio sulla base della mia personale esperienza: volti pagina, guardi avanti. Si fanno cose interessanti e si sta anche meglio»;.Ma dubitiamo che Renzi sceglierà Letta come maestro di vita e precettore etico-politico.
La risposta alla scoppiettante Atreju è stata una grigia assemblea piddina
Il tema di quest’anno, Angeli e Demoni, ha guidato il percorso visivo e narrativo dell’evento. Il manifesto ufficiale, firmato dal torinese Antonio Lapone, omaggia la Torino magica ed esoterica e il fumetto franco-belga. Nel visual, una cosplayer attraversa il confine tra luce e oscurità, tra bene e male, tra simboli antichi e cultura pop moderna, sfogliando un fumetto da cui si sprigiona luce bianca: un ponte tra tradizione e innovazione, tra arte e narrazione.
Fumettisti e illustratori sono stati il cuore pulsante dell’Oval: oltre 40 autori, tra cui il cinese Liang Azha e Lorenzo Pastrovicchio della scuderia Disney, hanno accolto il pubblico tra sketch e disegni personalizzati, conferenze e presentazioni. Primo Nero, fenomeno virale del web con oltre 400.000 follower, ha presentato il suo debutto editoriale con L’Inkredibile Primo Nero Show, mentre Sbam! e altre case editrici hanno ospitato esposizioni, reading e performance di autori come Giorgio Sommacal, Claudio Taurisano e Vince Ricotta, che ha anche suonato dal vivo.
Il cosplay ha confermato la sua centralità: più di 120 partecipanti si sono sfidati nella tappa italiana del Nordic Cosplay Championship, con Carlo Visintini vincitore e qualificato per la finale in Svezia. Parallelamente, il propmaking ha permesso di scoprire il lavoro artigianale dietro armi, elmi e oggetti scenici, rivelando la complessità della costruzione dei personaggi.
La musica ha attraversato generazioni e stili. La Battle of the Bands ha offerto uno spazio alle band emergenti, mentre le icone delle sigle tv, Giorgio Vanni e Cristina D’Avena, hanno trasformato l’Oval in un grande palco popolare, richiamando migliaia di fan. Non è mancato il K-pop, con workshop, esibizioni e karaoke coreano, che ha coinvolto i più giovani in una dimensione interattiva e partecipativa. La manifestazione ha integrato anche dimensioni educative e culturali. Il Dipartimento di Matematica dell’Università di Torino ha esplorato il ruolo della matematica nei fumetti, mostrando come concetti scientifici possano dialogare con la narrazione visiva. Lo chef Carlo Mele, alias Ojisan, ha illustrato la relazione tra cibo e animazione giapponese, trasformando piatti iconici degli anime in esperienze reali. Il pubblico ha potuto immergersi nella magia del Villaggio di Natale, quest’anno allestito nella Casa del Grinch, tra laboratori creativi, truccabimbi e la Christmas Elf Dance, mentre l’area games e l’area videogames hanno offerto tornei, postazioni libere e spazi dedicati a giochi indipendenti, modellismo e miniature, garantendo una partecipazione attiva e immersiva a tutte le età.
Con 28.000 visitatori in due giorni, Xmas Comics & Games conferma la propria crescita come festival della cultura pop, capace di unire creatività, spettacolo e narrazione, senza dimenticare la componente sociale e educativa. Tra fumetti, cosplay, musica e gioco, Torino è diventata il punto d’incontro per chi vuole vivere in prima persona il racconto pop contemporaneo, dove ogni linguaggio si intreccia e dialoga con gli altri, trasformando la fiera in una grande esperienza culturale condivisa.
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i,Hamza Abdi Barre (Getty Images)
La Somalia è intrappolata in una spirale di instabilità sempre più profonda: un’insurrezione jihadista in crescita, un apparato di sicurezza inefficiente, una leadership politica divisa e la competizione tra potenze vicine che alimenta rivalità interne. Il controllo effettivo del governo federale si riduce ormai alla capitale e a poche località satelliti, una sorta di isola amministrativa circondata da gruppi armati e clan in competizione. L’esercito nazionale, logorato, frammentato e privo di una catena di comando solida, non è in grado di garantire la sicurezza nemmeno sulle principali rotte commerciali che costeggiano il Paese. In queste condizioni, il collasso dell’autorità centrale e la caduta di Mogadiscio nelle mani di gruppi ostili rappresentano scenari sempre meno remoti, con ripercussioni dirette sulla navigazione internazionale e sulla sicurezza regionale.
La pirateria somala, un tempo contenuta da pattugliamenti congiunti e operazioni navali multilaterali, è oggi alimentata anche dal radicamento di milizie jihadiste che controllano vaste aree dell’entroterra. Questi gruppi, dopo anni di scontri contro il governo federale e di brevi avanzate respinte con l’aiuto delle forze speciali straniere, hanno recuperato terreno e consolidato le proprie basi logistiche proprio lungo i corridoi costieri. Da qui hanno intensificato sequestri, assalti e sabotaggi, colpendo infrastrutture critiche e perfino centri governativi di intelligence. L’attacco del 2025 contro una sede dei servizi somali, che portò alla liberazione di decine di detenuti, diede il segnale dell’audacia crescente di questi movimenti.
Le debolezze dell’apparato statale restano uno dei fattori decisivi. Nonostante due decenni di aiuti, investimenti e programmi di addestramento militare, le forze somale non riescono a condurre operazioni continuative contro reti criminali e gruppi jihadisti. Il consumo interno di risorse, la corruzione diffusa, i legami di fedeltà clanici e la dipendenza dall’Agenzia dell’Unione africana per il supporto alla sicurezza hanno sgretolato ogni tentativo di riforma. Nel frattempo, l’interferenza politica nella gestione della missione internazionale ha sfiancato i donatori, ridotto il coordinamento e lasciato presagire un imminente disimpegno. A questo si aggiungono le tensioni istituzionali: modifiche costituzionali controverse, una mappa federale contestata e tentativi percepiti come manovre per prolungare la permanenza al potere della leadership attuale hanno spaccato la classe politica e paralizzato qualsiasi risposta comune alla minaccia emergente. Mentre i vertici si dividono, le bande armate osservano, consolidano il controllo del territorio e preparano nuovi colpi contro la navigazione e le città costiere. Sul piano internazionale cresce il numero di governi che, temendo un collasso definitivo del sistema federale, sondano discretamente la possibilità di una trattativa con i gruppi armati. Ma l’ipotesi di una Mogadiscio conquistata da milizie che già controllano ampie aree della costa solleva timori concreti: un ritorno alla pirateria sistemica, attacchi oltre confine e una spirale di conflitti locali che coinvolgerebbe l’intero Corno d’Africa.
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Il presidente eletto del Cile José Antonio Kast e sua moglie Maria Pia Adriasola (Ansa)
Un elemento significativo di queste elezioni presidenziali è stata l’elevata affluenza alle urne, che si è rivelata in aumento del 38% rispetto al 2021. Quelle di ieri sono infatti state le prime elezioni tenute dopo che, nel 2022, è stato introdotto il voto obbligatorio. La vittoria di Kast ha fatto da contraltare alla crisi della sinistra cilena. Il presidente uscente, Gabriel Boric, aveva vinto quattro anni fa, facendo leva soprattutto sull’impopolarità dell’amministrazione di centrodestra, guidata da Sebastián Piñera. Tuttavia, a partire dal 2023, gli indici di gradimento di Boric sono iniziati a crollare. E questo ha danneggiato senza dubbio la Jara, che è stata ministro del Lavoro fino allo scorso aprile. Certo, Kast si accinge a governare a fronte di un Congresso diviso: il che potrebbe rappresentare un problema per alcune delle sue proposte più incisive. Resta tuttavia il fatto che la sua vittoria ha avuto dei numeri assai significativi.
«La vittoria di Kast in Cile segue una serie di elezioni in America Latina che negli ultimi anni hanno spostato la regione verso destra, tra cui quelle in Argentina, Ecuador, Costa Rica ed El Salvador», ha riferito la Bbc. Lo spostamento a destra dell’America Latina è una buona notizia per la Casa Bianca. Ricordiamo che, alcuni giorni fa, Washington a pubblicato la sua nuova strategia di sicurezza nazionale: un documento alla cui base si registra il rilancio della Dottrina Monroe. Per Trump, l’obiettivo, da questo punto di vista, è duplice. Innanzitutto, punta a contrastare il fenomeno dell’immigrazione irregolare. In secondo luogo, mira ad arginare l’influenza geopolitica della Cina sull’Emisfero occidentale. Vale a tal proposito la pena di ricordare che Boric, negli ultimi anni, ha notevolmente avvicinato Santiago a Pechino. Una linea che, di certo, a Washington non è stata apprezzata.
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