2021-09-08
BoJo non vende sogni. Una nuova tassa per salvare la sanità
Boris Johnson (Getty Images)
Effetto pandemia a Londra: imposte per sostenere il debito ma anche gli ospedali. Da noi il conto arriva subdolo con l'inflazione.«Oggi stiamo iniziando il più grande programma di recupero nella storia del Nhs (sistema sanitario, ndr), affrontando gli arretrati del Covid, aumentando la capacità di accoglienza ospedaliera al 110%, e consentendo 9 milioni di appuntamenti, scansioni e operazioni in più», ha detto ieri Boris Johnson rivolgendosi alla Camera bassa dopo aver specificato che raccoglierà quasi 36 miliardi di sterline (circa 49,7 miliardi di dollari) nei prossimi tre anni. Il gettito deriva da una nuova tassa che andrà a cadere sia sui redditi da lavoro sia sul computo delle aliquota dei dividendi. La notizia di nuove tasse non è mai una buona notizia però non si può non apprezzare la trasparenza dell'approccio. Sarà forse perché Londra ha sempre rispettato le tasche dei propri cittadini e adesso in modo diretto sta spiegando che nessun pasto è gratis. Purtroppo anche la pandemia ha dei costi e se lo Stato interviene nell'immediato, alla fine è sempre il contribuente che paga. In Gran Bretagna la nuova tassa appare però perimetrata e mirata a rendere più efficace il sistema sanitario nazionale, in crisi da oltre un decennio e ben prima dell'arrivo della pandemia. Londra ha così deciso di sostenere il picco post pandemico di debito e al tempo stesso intervenire a colmare i buchi. Aiuti a caro prezzoPurtroppo in Italia si sono spesi mesi a litigare attorno al Mes, strumento che si è rivelato inutile e fuori tempo, salvo poi concentrare tutte le attività anti Covid nell'acquisizione di un vaccino. Nulla è stato fatto in termini di infrastrutture e di potenziamento delle terapie intensive. Sul fronte del debito pubblico, è chiaro che la gestione è solo in parte imputabile a Roma dal momento che la cabina di regia sta a Francoforte o a Bruxelles. È però importante porre l'accento su cosa i cittadini italiani ancor più degli europei si devono aspettare. Londra, alzando l'imposta, ha subito messo in chiaro la situazione. Da noi l'illusione del pasto gratis è nascosta dalla glassa del Recovery fund. Dentro si cela l'aumento del debito nostrano e che al termine del programma renderà necessarie nuove imposte. Ma soprattutto i governi stanno, forse volutamente, ignorando l'arrivo dell'onda dell'inflazione. L'enorme crescita dei debiti pubblici dovuta agli interventi di pompaggio di denaro sia in Europa sia negli Usa rende necessario un nuovo modello di sostenibilità dei debiti. Entrambe le banche centrali non possono permettersi di dismettere i rispettivi stati patrimoniali. Troppe migliaia di miliardi di asset finanziari messi in vendita causerebbero il crollo della bolla. Ecco che i finanziamenti per la ripresa post Covid e i costi per sostenere la popolazione durante la pandemia vengono spostati sul piano delle materia prime. Non potendo alleggerire i debiti pubblici, li si svaluta. Stimolando l'inflazione, tramite il circuito delle materia prime, si svaluta il denaro e di conseguenza si eroda la montagna di debiti. Solo che non viene detto ai cittadini Ue. Non li si sta preparando al fatto che gli aiuti o i ristori, come li ha chiamati Giuseppe Conte, entrati dal conto corrente usciranno dal portafogli con gli interessi. Il conto dell'inflazioneChi per anni ha sostenuto l'importanza dello stampare moneta si è trovato a suo agio con le erogazioni a pioggia e ha lasciato ai governi la possibilità di omettere dettagli non certo irrilevanti. L'inflazione è una brutta bestia. Il maggiore problema sorge dal fatto che a pagare saranno i più poveri e coloro che hanno redditi inferiori o scarsi patrimoni. In questo panorama l'Italia è un vaso di coccio ancor più fragile. Il nostro Paese è sostanzialmente trasformatore di materie prime. E quindi soffre ancor di più le scelte deleterie dell'Unione europea in tema di dazi e quote di import. Se aggiungiamo anche la scarsa produttività delle aziende tricolori e la fame del fisco nostrano, è facile immaginare l'impatto dell'inflazione lungo la penisola. È chiaro che il percorso a ostacoli porterà a ulteriori colli di bottiglia nella catena logistica e quindi si sommerà al disagio economico anche il rischio degli scaffali vuoti. Purtroppo il conto dell'inflazione arriverà molto prima del termine del Next generation Eu. C'è solo da sperare che dopo il 2028 chi avrà ancora un po' di risparmi non venga bastonato con patrimoniali e altre amenità decantate dall'Ocse. A questo punto, meglio Bojo che ci mette la faccia e da subito chiarisce il giro del fumo senza tanti giri di parole.
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Piergiorgio Odifreddi (Getty Images)