2024-11-15
Record di domande per avere l’asilo dai Paesi «insicuri» (secondo le toghe)
Boom di richieste da Egitto (+106%) e Bangladesh (+59%), le mete che la magistratura ha interdetto ai rimpatri rapidi.Veneto contro i violenti sui treni: viaggi gratis ai militari con la divisa. Un’azione di deterrenza dopo le recenti aggressioni dei clandestini sulle carrozze.Lo speciale contiene due articoli.Pare che la crociata dei magistrati, specie di quelli «democratici», proceda di pari passo con l’evoluzione del fenomeno migratorio. Bengalesi ed egiziani prendono d’assalto le nostre coste, mentre i giudici si prodigano affinché non siano rimpatriati. Almeno, non con le procedure d’urgenza che consentirebbero di portarli nel Cpr in Albania. È un duetto perfetto. Come ha certificato ieri l’Ocse, in Italia si registra un vero e proprio boom di richieste d’asilo. La maggior parte, da persone che arrivano da Bangladesh ed Egitto. Si tratta proprio dei due Paesi che, secondo le nostre toghe, non sono sicuri e dunque non possono diventare mete dei respingimenti rapidi. Risultato: i tribunali non convalidano i provvedimenti dei questori; adesso si rivolgono alla Corte di giustizia europea; e intanto gli immigrati sono liberi di entrare e uscire dai Centri di accoglienza, nei quali li dobbiamo alloggiare. Liberi di circolare. Liberi pure di prendere il treno, magari senza biglietto, magari con una lama in tasca. Non sia mai che capiti un alterco con il controllore.È successo, ad esempio, in Liguria, dove un ventunenne egiziano ha pensato bene di accoltellare il capotreno, a causa di un «fraintendimento», perché «non parlo bene l’italiano». Un suo connazionale di 19 anni, il 27 luglio, su un regionale diretto a Ferrara, aveva malmenato un ferroviere. Quattro giorni prima, il controllore invece le aveva prese da un pakistano. Coincidenza istruttiva: la Repubblica islamica è il terzo Paese per numero di richieste d’asilo in Italia.Le cifre le ha presentate ieri, a Parigi, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico. Fanno riferimento al 2023, anno in cui le domande per ottenere asilo qui sono aumentate del 69% a paragone con l’anno precedente, toccando quota 131.000. La maggioranza degli stranieri giungeva dal Bangladesh (23.000 persone, +59% rispetto al 2022), dall’Egitto (18.000, +106%, l’incremento maggiore su base annua) e dal Pakistan (17.000, +47%). Né si può insinuare che l’Italia maltratti i suoi ospiti: al 48% dei richiedenti asilo ha risposto spalancando le porte. Nel 2022, aveva già accolto 235.000 nuovi immigrati, il 15% in più del 2021. Un crescendo forse rossiniano, sicuramente rosso: il colore delle toghe che proibiscono di sottoporre all’iter veloce per i rimpatri chi giunge da Dacca e dal Cairo, in nome della direttiva Ue e della sentenza della Corte del Lussemburgo. Eppure, Bruxelles giura - lo ha fatto di nuovo ieri una funzionaria della Commissione - che continua a guardare «con interesse al modello introdotto» da Giorgia Meloni. Ovvero, il trasferimento al di là dell’Adriatico di uomini adulti, non vulnerabili, partiti da Stati che il governo considera sicuri. Peccato che la magistratura la pensi diversamente.Secondo i tribunali, c’è ben poco da fare per arginare l’esodo da Bangladesh ed Egitto. Quelli non sono Paesi sicuri, quindi è impossibile sveltire le pratiche per il rimpatrio: lorsignori devono essere sottoposti all’iter ordinario e, giacché aspettano un verdetto, sono autorizzati ad andarsene a spasso per l’Italia. Se non sono brava gente, picchieranno, scipperanno, spacceranno. Si vede che solo i migranti sono titolari di inalienabili diritti umani, che verrebbero violati in caso di trasloco a Gjadër. I giudici sono loro paladini infaticabili. Il diritto degli italiani a vivere in sicurezza non è argomento altrettanto umanitario e chic.Certo, nell’Ue si sono resi conto che i confini colabrodo sono un problema. Se n’è accorta persino Lilli Gruber. L’Ocse l’ha messo nero su bianco: per il secondo anno consecutivo, nel 2023, i flussi verso l’Europa hanno raggiunto «livelli record», anche se non sarebbero «fuori controllo». Stiamo comunque parlando di 6 milioni e mezzo di nuovi immigrati permanenti, distribuiti tra i vari Stati membri dell’organizzazione. Per rimediare, l’Europa ha varato un regolamento più severo, capace di superare pure i limiti imposti dalla recente sentenza della Corte di giustizia. Dal 2026, sarà possibile considerare sicuro un Paese d’origine escludendo parti del suo territorio o alcune categorie di persone. Per capirci: se in Bangladesh perseguitano gli omosessuali e tu sei etero, possono rimandarti a casa in quattro e quattr’otto. Ciò sbloccherà, ancorché in clamoroso ritardo, i trasferimenti dall’Italia all’Albania? Non è detto.Nel loro ricorso al tribunale dell’Ue, le toghe di Roma chiedono che il governo reintroduca il decreto interministeriale con la lista dei Paesi sicuri. Una fonte del diritto secondaria, esposta alle picconate dei giudici. I quali, in aggiunta, vogliono l’ok a servirsi di «fonti proprie» per verificare se la designazione degli Stati di provenienza sia compatibile con il diritto europeo. Sono mosse che potrebbero prolungare il sindacato giuridico sulle nostre politiche migratorie ben oltre il 2026. Con buona pace della nave Libra, dell’accordo con Edi Rama e delle eloquenti statistiche sugli sbarchi. Tanto, cari italiani, alla fine sui treni ci salite voi.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/record-richieste-asilo-paesi-insicuri-2669885320.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="veneto-contro-i-violenti-sui-treni-viaggi-gratis-ai-militari-con-la-divisa" data-post-id="2669885320" data-published-at="1731664969" data-use-pagination="False"> Veneto contro i violenti sui treni: viaggi gratis ai militari con la divisa Una divisa per garantire maggiore sicurezza sui treni. Dopo le oltre 250 aggressioni sui treni regionali registrate nell’ultimo anno in Italia, di cui una trentina in Veneto, si spera che la divisa garantisca un’azione di deterrenza contro la violenza, vandalismo e microcriminalità. È con questo spirito che la Regione Veneto ha siglato ieri a Palazzo Balbi a Venezia un accordo con Esercito italiano, Aeronautica, Marina militare e Trenitalia per permettere alle forze armate in divisa di circolare gratuitamente nei treni regionali del territorio. «È una giornata storica» ha detto il presidente il presidente Luca Zaia «perché garantiamo il trasporto gratuito da casa a lavoro ai militari, con una conseguente maggior percezione di sicurezza bordo per i pendolari». Un accordo necessario per il governatore leghista, che ha precisato: «I militari si identificheranno e avranno obbligo della divisa a bordo, per garantire un’azione di deterrenza». I militari disponibili a questa sperimentazione, che inizierà tra 15 giorni e terminerà il 31 dicembre 2025, si registreranno a bordo e contatteranno il capotreno per comunicare il posto a sedere. Le spese dei biglietti saranno a carico della Regione. Dell’iniziativa che potenzialmente potrebbe interessare circa 9.000 militari ha espresso soddisfazione anche il comandante delle Forze operative Nord dell’Esercito, generale di Corpo d’Armata Maurizio Riccò, che ha posto l’accento sugli effetti indiretti dell’accordo, in grado di «offrire una maggiore situazione di sicurezza agli utenti. Ai militari si offre di fare il pendolare in una maniera collaborativa». Un accordo-esperimento che potrebbe interessare anche le altre Regioni, considerate le recenti aggressioni. L’ultima in ordine di tempo quella del nordafricano che su un vagone della linea Milano-Mortara (Pavia) ha preso a schiaffi e a spintoni una capotreno che gli aveva chiesto di spegnere la sigaretta, ricordandogli che sulle carrozze c’è il divieto di fumare. È andata invece peggio a Rosario Ventura, il capotreno di 44 anni accoltellato sul treno Genova-Busalla dal ventunenne egiziano Alshahhat Fares Kamel Salem, che viaggiava senza biglietto. Con lui un’amica di 15 anni, di madre italiana e padre egiziano, che ha preso a schiaffi e sputi il capotreno. L’egiziano, irregolare e con precedenti, è arrivato in Italia con un barcone, ma siccome è originario dell’Egitto, Paese considerato dai giudici non sicuro, è uno di quei migranti che non possono essere trasferiti nel centro in Albania. Vicenda simile a quella di un suo connazionale che lo scorso 27 luglio, su un regionale diretto a Ferrara, aveva prima dato del «razzista» al controllore e poi l’aveva malmenato. E quattro giorni prima, il pubblico ufficiale in servizio a Crevalcore, nel Bolognese, era stato preso a calci e spintoni da un ventitreenne pakistano. Come dicono sommessamente il personale sui treni e gli agenti di polizia, «sono individui che vengono presi, denunciati e poi il giorno dopo li incontri di nuovo in giro o sul treno». Ma ci sono altri casi assurti alla cronaca nazionale. Una settimana fa a Varese un’operatrice di assistenza e controllo di Trenord è stata aggredita, insultata e strattonata per i capelli da due ragazzine, fermate poi dalla polizia. Senza dimenticare il capotreno aggredito con il machete da un immigrato della Costa d’Avorio nel 2019. Dai dati di Trenitalia la tipologia di aggressione più diffusa è quella fisica (nella metà dei 253 casi segnalati quest’anno) seguita da quella verbale. Che è pure violenza.
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
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