2024-11-05
Il re del lusso francese si imbarca in Ferretti
Il colosso della moda Lvmh è interessato alla società degli yacht e soprattutto agli iconici motoscafi d’alta gamma Riva, considerati le Ferrari del mare. Dubbi, invece, sulle potenziali sinergie con gli altri marchi del gruppo che in futuro potrebbero essere rivenduti.Monsieur Bernard Arnault guida da anni il colosso Lvmh. Un maxi conglomerato del lusso che impiega in giro per il mondo circa 200.000 persone. Di queste 13.000 sono italiane e rientrano nel piano di acquisizioni che i francesi hanno portato avanti con meticolosità certosina e con la forza dei capitali e dei miliardi. Da noi Lvmh possiede Fendi, Acqua di Parma, Cova, Pucci, Loro Piana, Bulgari - per citare i brand più famosi - e altre 35 manifatture che lavoravo per i marchi parigini del gruppo: da Louis Vuitton, a Dior passando per Celine e Givenchy. L’ultimo shopping si è registrato a settembre con una quota non secondaria di Moncler. Una chiara strategia di ingresso soft e riallineamento del business con un occhio di riguardo al marketing d’Oltralpe. Ma la marcia francese come appare ovvio non è destinata a fermarsi qui. Nelle scorse settimane il gruppo guidato da Arnault ha messo gli occhi su uno scrigno italiano che contiene un vero e proprio gioiellino, la Ferrari del mare. Alias i motoscafi Riva. A quanto risulta alla Verità i francesi hanno avviato i primi contatti per sondare la disponibilità degli azionisti cinesi del gruppo Ferretti e di alcuni dei soci italiani. Obiettivo prendere l’intera società che a catalogo offre non solo gli iconici Riva, ma anche Itama, Crn, Ferretti yachts e Pershing, senza dimenticare una linea di pattugliatori militari di nicchia, ma tagliata su misura per i clienti dell’area del Golfo. Il boccone per i francesi sarebbe molto semplice da inghiottire. Basti pensare che da un lato c’è un gruppo che capitalizza più di 300 miliardi ne fattura 84 con un utile di oltre 13 e un rapporto tra capitalizzazione e fatturato di oltre 4,5 volte. Dall’altro ci sono i numeri di Ferretti: fatturato da circa 1,2 miliardi utili poco sopra i 90 milioni e 2.000 dipendenti. Ciò non significa che l’operazione vada automaticamente in porto. Ci sono alcuni elementi che sembrano spalancare le porte e altri che invece potrebbero creare una serie di frizioni. Da ultimo l’eventuale scure del Golden power che già si è occupato di Ferretti nel recente passato. L’azienda guidata già dal 2014 da Alberto Galassi negli ultimi cinque anni ha visto un progressivo e interessante rilancio. L’ingresso del socio di maggioranza cinese Weichai si è dimostrato una partnership efficace. Non ha spostato equilibri, tanto meno sede o attività produttive. La scorsa primavera qualcosa è cambiato. E non solo nelle nomine di vertice ma anche nella strategia cinese. Ad agitare le acque, se così si può dire, erano stati i manager che nel rispetto delle normative italiane avevano notificato al comitato che si occupa dei temi di sicurezza nazionale la decisione di avviare un percorso di riacquisto di azioni proprie. La notifica aveva però sortito un effetto avverso: lo stesso azionista cinese non aveva apprezzato la comunicazione e aveva deciso, lo scorso primo aprile, di annullare il cda straordinario e l’intera operazione di buy-back. Il sito formiche.net lo scorso 13 aprile segnalava così la mossa anomala («un caso unico dall’entrata in vigore della normativa») di aver prima avviato la notifica e poi di aver cancellato l’operazione per il timore di trovarsi in uno schema non dissimile da quello che avrebbero potuto subire i soci di Pirelli. Un’entrata a gamba tesa del Golden power avrebbe azzerato la possibilità cinese di prendere decisioni e la conseguente necessità di cedere ad altri le quote. L’operazione di buy-back non sarebbe avvenuta in solitaria. Altri fondi cinesi, senza diretti legami con Weichai, erano di fatto pronti a intervenire sulla parte flottante che pesa all’incirca il 40% delle azioni. Per carità, nulla di anomalo. Tra i fondi e le banche (vedi Unicredit) ci sono già partecipazioni minoritarie di asset management cinesi. La questione allora era quale strada potrebbe intraprendere un marchio così famoso come Ferretti che nel 2012 fu a tutti gli effetti rimesso a galla da un colosso che fattura circa 30 miliardi, gestisce oltre 82.000 dipendenti e all’epoca era presieduto da Tan Xuguang, membro di spicco del partito comunista. Adesso che la questione Golden power è finita in porto, il mercato non ha dimenticato il messaggio diffuso allora da Weichai: siamo pronti a vendere la società. Non meraviglia così che possa farsi avanti Lvmh. Le sinergie non sarebbero poche. I motscafi Riva sono unici nel loro genere. Pezzi di artigianato da qualche milione senza altri brand che possano fare concorrenza. Se finissero nel cricuito francese verrebbero messi a leva con il resto del lusso di Arnault. La domanda da farsi sarebbe però relativa agli altri brand che poco avrebbero a che fare con la struttura francese. Non solo i pattugliatori d’altura militari ma anche gli yacht di medie dimensioni. Se in futuro il gruppo venisse spacchettato ci sarebbe un problema dimensionale e occupazionale. E pure il governo italiano dovrebbe porsi una serie di interrogativi. Possibile che non ci siano fondi italiani pronti a subentrare ai cinesi? In grado di evitare che la Ferrari del mare finisca ad Arnault? Sarebbe un duplice messaggio. Primo non si misura tutto che le norme e le leggi ma come fanno i Paesi avanzati aiutando la finanza locale a crescere e a convogliare capitali dove serve e fa pure comodo. Secondo sarebbe un segnale diretto ai francesi: l’Italia punta a rimanere un Paese manifatturiero e non farsi trasformare in un mercato di consumatori.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.