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2024-01-09
Randellata del cardinale africano: «Benedizioni gay opera del diavolo»
Robert Sarah (Ansa)
«È ovvio che possiamo pregare per il peccatore, è ovvio che possiamo chiedere a Dio la sua conversione. È ovvio che possiamo benedire l’uomo che, poco a poco, si rivolge a Dio per chiedere umilmente la grazia di un cambiamento vero e radicale della sua vita. Ma [questa preghiera, ndr] non può mai essere deviata facendola diventare una legittimazione del peccato, o anche dell’occasione prossima del peccato». Lo ha scritto il cardinale Robert Sarah, ex prefetto al Culto divino, in un lungo intervento natalizio consegnato al vaticanista Sandro Magister, che lo ha pubblicato ieri sul suo blog, visibile su diakonos.be.
Il giudizio è riferito ovviamente all’approvazione delle benedizioni «pastorali» per le coppie irregolari e dello stesso sesso che l’ex Sant’Ufficio ha promosso con una Dichiarazione, Fiducia Supplicans, che è una evidente novità rispetto al passato, anche quello recente, attestato da un Responsum che lo stesso Dicastero aveva pubblicato nel 2021 e con cui aveva, invece, espressamente detto che le benedizioni di coppie gay non sono lecite in casa cattolica. La novità è stata introdotta con l’arrivo del nuovo prefetto alla Dottrina della fede, il cardinale Víctor «Tucho» Fernández, teologo argentino molto vicino al Pontefice. L’incendio non accenna a spegnersi, nonostante lo stesso Fernández sia intervenuto per buttare acqua sul fuoco e «chiarire», con una inusuale «nota stampa», in cui ha persino specificato che la novella benedizione deve avere una durata di «10-15 secondi».
La risposta del prefetto, dicono tra le vie di Borgo Pio, è stata indirizzata soprattutto alle Conferenze episcopali africane che hanno rigettato la possibilità di applicare queste nuove benedizioni nelle loro diocesi. Per Fernández quella degli africani è una risposta causata in fondo da una certa arretratezza di contesto, come ha notato nella sua nota stampa: «In diversi Paesi», ha scritto, «ci sono forti questioni culturali e perfino legali che richiedono tempo e strategie pastorali che vanno oltre il breve termine». Un invito indiretto a essere prudenti nell’applicazione delle nuove benedizioni, ma anche a superare certe questioni che in Africa vedono anche penalmente rilevante l’omosessualità.
Il cardinale Robert Sarah è guineano e in un certo senso ha risposto a questa visione un po’ riduttiva delle resistenze dei vescovi del suo continente. «L’Africa», ha scritto Sarah, «ha una viva coscienza del necessario rispetto della natura creata da Dio. Non si tratta di apertura mentale e di progresso sociale come pretendono i media occidentali. Si tratta di sapere se i nostri corpi sessuati sono il dono della saggezza del Creatore o una realtà priva di significato, se non artificiale». Ha anche ringraziato apertamente le conferenze episcopali del suo continente - «in particolare quelle del Camerun, del Ciad, della Nigeria, ecc.» - dicendo di condividere e fare sue «le decisioni e la ferma opposizione alla dichiarazione Fiducia Supplicans. Dobbiamo incoraggiare le altre conferenze episcopali nazionali o regionali e ogni vescovo a fare lo stesso. Facendo così, non ci opponiamo a papa Francesco, ma ci opponiamo fermamente e radicalmente a un’eresia che mina gravemente la Chiesa, Corpo di Cristo, perché contraria alla fede cattolica e alla Tradizione». Il porporato della Guinea è stato durissimo con chi alimenta «la confusione, la mancanza di chiarezza e di verità e la divisione» nella Chiesa, attribuendo all’opera del diavolo i blitz di quelli che vogliono «benedire le unioni omosessuali come se fossero legittime».
La posta in gioco è alta, perché le chiese in Africa sono esattamente quel prototipo di chiesa di «periferia» che papa Francesco ha voluto mettere al centro del suo pontificato, sostenendo in più occasioni che la realtà si vede meglio dalla periferia che da Roma. È questa la nuova e profonda spaccatura causata da Fiducia Supplicans. L’Africa peraltro è dal lontano 2014, fin dal primo sinodo sulla famiglia convocato da Francesco, che alza la voce rispetto alle preoccupazioni delle decadenti chiese occidentali.
«Benedetto XVI», ha scritto Sarah, «ha sottolineato che “la nozione di matrimonio omosessuale è in contraddizione con tutte le culture dell’umanità che si sono succedute fino ad oggi e significa quindi una rivoluzione culturale che si oppone a tutta la tradizione dell’umanità fino ad oggi”. Io credo che la Chiesa d’Africa ne abbia una viva coscienza. Essa non dimentica la missione essenziale che gli ultimi papi le hanno affidato. Papa Paolo VI, rivolgendosi ai vescovi africani riuniti a Kampala, nel 1969, dichiarò: “Nova Patria Christi Africa: la nuova patria di Cristo è l’Africa”». Per Sarah, quella dell’Africa è una missione «provvidenziale». «La Chiesa d’Africa è la voce dei poveri, dei semplici e dei piccoli. Ha il compito di annunciare la Parola di Dio di fronte a cristiani occidentali che, perché ricchi, dotati di competenze molteplici in filosofia, nelle scienze teologiche, bibliche, canoniche, si credono evoluti, moderni e saggi della saggezza del mondo. Ma “ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini” (1Cor 1,25)».
«Il Vaticano inganna i fedeli Lgbt»
I gay sono forse più inferociti di cattolici conservatori e vescovi messi insieme. Quei 15 secondi di benedizione alle coppie dello stesso sesso, consentite dal documento Fiducia Supplicans firmato da papa Francesco, hanno scatenato reazioni indignate su social e siti Lgbt. «Insomma, si entra in Chiesa e si esce, il prima possibile, senza attirare troppo l’attenzione e possibilmente un po’ più tormentati internamente di prima», commenta sarcastico Gay.it, che proprio non accetta benedizioni pastorali «frettolose».
Nel mirino è finita la nota del Dicastero per la Dottrina della fede, con la quale il Vaticano ha tentato di correggere il tiro creando ancora più scontento e confusione. «Nel documento, si sottolinea più volte come il “contentino” offerto alla comunità Lgbtqia+ non vada in nessun modo ad intaccare la dottrina sul matrimonio», contesta lo storico portale del mondo orgogliosamente non binario, parlando di «apparente apertura», perché non è previsto rituale né benedizionale, quindi non sono liturgiche. «Non sono una consacrazione della persona o della coppia che le riceve».
Nelle nove pagine del documento, infatti, viene ribadita la centralità del matrimonio «quale unione esclusiva, stabile e indissolubile tra un uomo e una donna» e che «sono inammissibili riti e preghiere che possano creare confusione tra ciò che è costitutivo del matrimonio» secondo «la perenne dottrina della Chiesa». Per il sito Gayburg.it, gli omosessuali vengono «trattati come persone “sbagliate”», in un documento con «numerose note al limite dell’offensivo», e Jorge Mario Bergoglio avrebbe agito in questo modo «forse intenzionato a compiacere le lobby integraliste».
Sulle Reti sociali, i toni si fanno più accesi. «Cari credenti che pensavate che la Chiesa fosse andata avanti, non vi preoccupate: è sempre omofoba e sessuofobica e questo Papa non è affatto progressista», inveisce Zio Sciortino, influencer molto seguito dai fan di TikTok. Aggiunge: «Non vi stanno benedicendo in quanto coppia, ma come persone che però non devono scop…are». In conclusione del sermoncino se la ride: «Care coppie gay, vi stanno dicendo che dovete fare come si faceva un tempo, dovete nascondervi in casa vostra e fuori fare gli amiconi che stanno sempre insieme». Sempre sulla piattaforma fondata dal cinese Zhang Yiming, condivide un video il partenopeo Alfredofoffy, che si presenta come «sposato con un ragazzo gelosissimo». Dice di avere un messaggio per papa Francesco e che lo spiega lui, che cosa significa la nota dell’ex Sant’Uffizio: «Significa che ci stanno prendendo proprio per il c..», strilla davanti a un albero di Natale scintillante. «Vogliono dare un contentino a noi coppie gay, ma con una benedizione di non più di 15 secondi ci fate sentire ancora più diversi da voi».
Si porta la mano al petto, dichiara che almeno i gay tengono «’o core», e che della benedizione della Chiesa «poco gli interessa», che tanto lui ha fatto un’unione civile «bellissima e Dio quel giorno ci ha benedetto comunque». Invece, tuona agitando il dito, «tu Papa ricordati che non sei Dio». Il resto del video è una tirata contro i sacerdoti dalle vesti bianche definiti «femmeniélle».
Da un pulpito, anche se si è servito di Facebook per esternare le sue critiche, arrivano invece le parole di Alberto Maggi, direttore del centro studi biblici Giovanni Vannucci di Montefano, in provincia di Macerata. «Comiche finali», così ha definito le precisazioni il frate dell’Ordine dei Servi di Maria, che aveva accolto come «un documento che profuma di Vangelo» il testo del cardinale prefetto Víctor Manuel Fernández. Le correzioni, per tentare di placare la Chiesa conservatrice, invece lo fanno sorridere con indignazione. «Già li vedo i preti con il cronometro in mano... Ma in Vaticano hanno il senso del ridicolo? Non pare...».
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Il porporato guineano Robert Sarah ringrazia i vescovi del continente schierati contro «Fiducia Supplicans». «Il testo crea divisioni e scandali. Le relazioni tra persone dello stesso sesso sono gravi depravazioni».Dopo i membri del clero, l’ex Sant’Uffizio scontenta pure gli attivisti arcobaleno col rituale da «10-15 secondi»: «Non c’è alcuna apertura, smontiamo questa putt...».Lo speciale contiene due articoli«È ovvio che possiamo pregare per il peccatore, è ovvio che possiamo chiedere a Dio la sua conversione. È ovvio che possiamo benedire l’uomo che, poco a poco, si rivolge a Dio per chiedere umilmente la grazia di un cambiamento vero e radicale della sua vita. Ma [questa preghiera, ndr] non può mai essere deviata facendola diventare una legittimazione del peccato, o anche dell’occasione prossima del peccato». Lo ha scritto il cardinale Robert Sarah, ex prefetto al Culto divino, in un lungo intervento natalizio consegnato al vaticanista Sandro Magister, che lo ha pubblicato ieri sul suo blog, visibile su diakonos.be.Il giudizio è riferito ovviamente all’approvazione delle benedizioni «pastorali» per le coppie irregolari e dello stesso sesso che l’ex Sant’Ufficio ha promosso con una Dichiarazione, Fiducia Supplicans, che è una evidente novità rispetto al passato, anche quello recente, attestato da un Responsum che lo stesso Dicastero aveva pubblicato nel 2021 e con cui aveva, invece, espressamente detto che le benedizioni di coppie gay non sono lecite in casa cattolica. La novità è stata introdotta con l’arrivo del nuovo prefetto alla Dottrina della fede, il cardinale Víctor «Tucho» Fernández, teologo argentino molto vicino al Pontefice. L’incendio non accenna a spegnersi, nonostante lo stesso Fernández sia intervenuto per buttare acqua sul fuoco e «chiarire», con una inusuale «nota stampa», in cui ha persino specificato che la novella benedizione deve avere una durata di «10-15 secondi».La risposta del prefetto, dicono tra le vie di Borgo Pio, è stata indirizzata soprattutto alle Conferenze episcopali africane che hanno rigettato la possibilità di applicare queste nuove benedizioni nelle loro diocesi. Per Fernández quella degli africani è una risposta causata in fondo da una certa arretratezza di contesto, come ha notato nella sua nota stampa: «In diversi Paesi», ha scritto, «ci sono forti questioni culturali e perfino legali che richiedono tempo e strategie pastorali che vanno oltre il breve termine». Un invito indiretto a essere prudenti nell’applicazione delle nuove benedizioni, ma anche a superare certe questioni che in Africa vedono anche penalmente rilevante l’omosessualità.Il cardinale Robert Sarah è guineano e in un certo senso ha risposto a questa visione un po’ riduttiva delle resistenze dei vescovi del suo continente. «L’Africa», ha scritto Sarah, «ha una viva coscienza del necessario rispetto della natura creata da Dio. Non si tratta di apertura mentale e di progresso sociale come pretendono i media occidentali. Si tratta di sapere se i nostri corpi sessuati sono il dono della saggezza del Creatore o una realtà priva di significato, se non artificiale». Ha anche ringraziato apertamente le conferenze episcopali del suo continente - «in particolare quelle del Camerun, del Ciad, della Nigeria, ecc.» - dicendo di condividere e fare sue «le decisioni e la ferma opposizione alla dichiarazione Fiducia Supplicans. Dobbiamo incoraggiare le altre conferenze episcopali nazionali o regionali e ogni vescovo a fare lo stesso. Facendo così, non ci opponiamo a papa Francesco, ma ci opponiamo fermamente e radicalmente a un’eresia che mina gravemente la Chiesa, Corpo di Cristo, perché contraria alla fede cattolica e alla Tradizione». Il porporato della Guinea è stato durissimo con chi alimenta «la confusione, la mancanza di chiarezza e di verità e la divisione» nella Chiesa, attribuendo all’opera del diavolo i blitz di quelli che vogliono «benedire le unioni omosessuali come se fossero legittime».La posta in gioco è alta, perché le chiese in Africa sono esattamente quel prototipo di chiesa di «periferia» che papa Francesco ha voluto mettere al centro del suo pontificato, sostenendo in più occasioni che la realtà si vede meglio dalla periferia che da Roma. È questa la nuova e profonda spaccatura causata da Fiducia Supplicans. L’Africa peraltro è dal lontano 2014, fin dal primo sinodo sulla famiglia convocato da Francesco, che alza la voce rispetto alle preoccupazioni delle decadenti chiese occidentali.«Benedetto XVI», ha scritto Sarah, «ha sottolineato che “la nozione di matrimonio omosessuale è in contraddizione con tutte le culture dell’umanità che si sono succedute fino ad oggi e significa quindi una rivoluzione culturale che si oppone a tutta la tradizione dell’umanità fino ad oggi”. Io credo che la Chiesa d’Africa ne abbia una viva coscienza. Essa non dimentica la missione essenziale che gli ultimi papi le hanno affidato. Papa Paolo VI, rivolgendosi ai vescovi africani riuniti a Kampala, nel 1969, dichiarò: “Nova Patria Christi Africa: la nuova patria di Cristo è l’Africa”». Per Sarah, quella dell’Africa è una missione «provvidenziale». «La Chiesa d’Africa è la voce dei poveri, dei semplici e dei piccoli. Ha il compito di annunciare la Parola di Dio di fronte a cristiani occidentali che, perché ricchi, dotati di competenze molteplici in filosofia, nelle scienze teologiche, bibliche, canoniche, si credono evoluti, moderni e saggi della saggezza del mondo. Ma “ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini” (1Cor 1,25)». <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/randellata-del-cardinale-africano-benedizioni-gay-opera-del-diavolo-2666901674.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="il-vaticano-inganna-i-fedeli-lgbt" data-post-id="2666901674" data-published-at="1704745837" data-use-pagination="False"> «Il Vaticano inganna i fedeli Lgbt» I gay sono forse più inferociti di cattolici conservatori e vescovi messi insieme. Quei 15 secondi di benedizione alle coppie dello stesso sesso, consentite dal documento Fiducia Supplicans firmato da papa Francesco, hanno scatenato reazioni indignate su social e siti Lgbt. «Insomma, si entra in Chiesa e si esce, il prima possibile, senza attirare troppo l’attenzione e possibilmente un po’ più tormentati internamente di prima», commenta sarcastico Gay.it, che proprio non accetta benedizioni pastorali «frettolose». Nel mirino è finita la nota del Dicastero per la Dottrina della fede, con la quale il Vaticano ha tentato di correggere il tiro creando ancora più scontento e confusione. «Nel documento, si sottolinea più volte come il “contentino” offerto alla comunità Lgbtqia+ non vada in nessun modo ad intaccare la dottrina sul matrimonio», contesta lo storico portale del mondo orgogliosamente non binario, parlando di «apparente apertura», perché non è previsto rituale né benedizionale, quindi non sono liturgiche. «Non sono una consacrazione della persona o della coppia che le riceve». Nelle nove pagine del documento, infatti, viene ribadita la centralità del matrimonio «quale unione esclusiva, stabile e indissolubile tra un uomo e una donna» e che «sono inammissibili riti e preghiere che possano creare confusione tra ciò che è costitutivo del matrimonio» secondo «la perenne dottrina della Chiesa». Per il sito Gayburg.it, gli omosessuali vengono «trattati come persone “sbagliate”», in un documento con «numerose note al limite dell’offensivo», e Jorge Mario Bergoglio avrebbe agito in questo modo «forse intenzionato a compiacere le lobby integraliste». Sulle Reti sociali, i toni si fanno più accesi. «Cari credenti che pensavate che la Chiesa fosse andata avanti, non vi preoccupate: è sempre omofoba e sessuofobica e questo Papa non è affatto progressista», inveisce Zio Sciortino, influencer molto seguito dai fan di TikTok. Aggiunge: «Non vi stanno benedicendo in quanto coppia, ma come persone che però non devono scop…are». In conclusione del sermoncino se la ride: «Care coppie gay, vi stanno dicendo che dovete fare come si faceva un tempo, dovete nascondervi in casa vostra e fuori fare gli amiconi che stanno sempre insieme». Sempre sulla piattaforma fondata dal cinese Zhang Yiming, condivide un video il partenopeo Alfredofoffy, che si presenta come «sposato con un ragazzo gelosissimo». Dice di avere un messaggio per papa Francesco e che lo spiega lui, che cosa significa la nota dell’ex Sant’Uffizio: «Significa che ci stanno prendendo proprio per il c..», strilla davanti a un albero di Natale scintillante. «Vogliono dare un contentino a noi coppie gay, ma con una benedizione di non più di 15 secondi ci fate sentire ancora più diversi da voi». Si porta la mano al petto, dichiara che almeno i gay tengono «’o core», e che della benedizione della Chiesa «poco gli interessa», che tanto lui ha fatto un’unione civile «bellissima e Dio quel giorno ci ha benedetto comunque». Invece, tuona agitando il dito, «tu Papa ricordati che non sei Dio». Il resto del video è una tirata contro i sacerdoti dalle vesti bianche definiti «femmeniélle». Da un pulpito, anche se si è servito di Facebook per esternare le sue critiche, arrivano invece le parole di Alberto Maggi, direttore del centro studi biblici Giovanni Vannucci di Montefano, in provincia di Macerata. «Comiche finali», così ha definito le precisazioni il frate dell’Ordine dei Servi di Maria, che aveva accolto come «un documento che profuma di Vangelo» il testo del cardinale prefetto Víctor Manuel Fernández. Le correzioni, per tentare di placare la Chiesa conservatrice, invece lo fanno sorridere con indignazione. «Già li vedo i preti con il cronometro in mano... Ma in Vaticano hanno il senso del ridicolo? Non pare...».
Da sinistra: Bruno Migale, Ezio Simonelli, Vittorio Pisani, Luigi De Siervo, Diego Parente e Maurizio Improta
Questa mattina la Lega Serie A ha ricevuto il capo della Polizia, prefetto Vittorio Pisani, insieme ad altri vertici della Polizia, per un incontro dedicato alla sicurezza negli stadi e alla gestione dell’ordine pubblico. Obiettivo comune: sviluppare strumenti e iniziative per un calcio più sicuro, inclusivo e rispettoso.
Oggi, negli uffici milanesi della Lega Calcio Serie A, il mondo del calcio professionistico ha ospitato le istituzioni di pubblica sicurezza per un confronto diretto e costruttivo.
Il capo della Polizia, prefetto Vittorio Pisani, accompagnato da alcune delle figure chiave del dipartimento - il questore di Milano Bruno Migale, il dirigente generale di P.S. prefetto Diego Parente e il presidente dell’Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive Maurizio Improta - ha incontrato i vertici della Lega, guidati dal presidente Ezio Simonelli, dall’amministratore delegato Luigi De Siervo e dall’head of competitions Andrea Butti.
Al centro dell’incontro, durato circa un’ora, temi di grande rilevanza per il calcio italiano: la sicurezza negli stadi e la gestione dell’ordine pubblico durante le partite di Serie A. Secondo quanto emerso, si è trattato di un momento di dialogo concreto, volto a rafforzare la collaborazione tra istituzioni e club, con l’obiettivo di rendere le competizioni sportive sempre più sicure per tifosi, giocatori e operatori.
Il confronto ha permesso di condividere esperienze, criticità e prospettive future, aprendo la strada a un percorso comune per sviluppare strumenti e iniziative capaci di garantire un ambiente rispettoso e inclusivo. La volontà di entrambe le parti è chiara: non solo prevenire episodi di violenza o disordine, ma anche favorire la cultura del rispetto, elemento indispensabile per la crescita del calcio italiano e per la tutela dei tifosi.
«L’incontro di oggi rappresenta un passo importante nella collaborazione tra Lega e Forze dell’Ordine», si sottolinea nella nota ufficiale diffusa al termine della visita dalla Lega Serie A. L’intenzione condivisa è quella di creare un dialogo costante, capace di tradursi in azioni concrete, procedure aggiornate e interventi mirati negli stadi di tutta Italia.
In un contesto sportivo sempre più complesso, dove la passione dei tifosi può trasformarsi rapidamente in tensione, il dialogo tra Lega e Polizia appare strategico. La sfida, spiegano i partecipanti, è costruire una rete di sicurezza che sia preventiva, reattiva e sostenibile, tutelando chi partecipa agli eventi senza compromettere l’atmosfera che caratterizza il calcio italiano.
L’appuntamento di Milano conferma come la sicurezza negli stadi non sia solo un tema operativo, ma un valore condiviso: la Serie A e le forze dell’ordine intendono camminare insieme, passo dopo passo, verso un calcio sempre più sicuro, inclusivo e rispettoso.
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Due bambini svaniti nel nulla. Mamma e papà non hanno potuto fargli neppure gli auguri di compleanno, qualche giorno fa, quando i due fratellini hanno compiuto 5 e 9 anni in comunità. Eppure una telefonata non si nega neanche al peggior delinquente. Dunque perché a questi genitori viene negato il diritto di vedere e sentire i loro figli? Qual è la grave colpa che avrebbero commesso visto che i bimbi stavano bene?
Un allontanamento che oggi mostra troppi lati oscuri. A partire dal modo in cui quel 16 ottobre i bimbi sono stati portati via con la forza, tra le urla strazianti. Alle ore 11.10, come denunciano le telecamere di sorveglianza della casa, i genitori vengono attirati fuori al cancello da due carabinieri. Alle 11.29 spuntano dal bosco una decina di agenti, armati di tutto punto e col giubbotto antiproiettile. E mentre gridano «Pigliali, pigliali tutti!» fanno irruzione nella casa, dove si trovano, da soli, i bambini. I due fratellini vengono portati fuori dagli agenti, il più piccolo messo a sedere, sulle scale, col pigiamino e senza scarpe. E solo quindici minuti dopo, alle 11,43, come registrano le telecamere, arrivano le assistenti sociali che portano via i bambini tra le urla disperate.
Una procedura al di fuori di ogni regola. Che però ottiene l’appoggio della giudice Nadia Todeschini, del Tribunale dei minori di Firenze. Come riferisce un ispettore ripreso dalle telecamere di sorveglianza della casa: «Ho telefonato alla giudice e le ho detto: “Dottoressa, l’operazione è andata bene. I bambini sono con i carabinieri. E adesso sono arrivati gli assistenti sociali”. E la giudice ha risposto: “Non so come ringraziarvi!”».
Dunque, chi ha dato l’ordine di agire in questo modo? E che trauma è stato inferto a questi bambini? Giriamo la domanda a Marina Terragni, Garante per l’infanzia e l’adolescenza. «Per la nostra Costituzione un bambino non può essere prelevato con la forza», conferma, «per di più se non è in borghese. Ci sono delle sentenze della Cassazione. Queste modalità non sono conformi allo Stato di diritto. Se il bambino non vuole andare, i servizi sociali si debbono fermare. Purtroppo ci stiamo abituando a qualcosa che è fuori legge».
Proviamo a chiedere spiegazioni ai servizi sociali dell’unione Montana dei comuni Valtiberina, ma l’accoglienza non è delle migliori. Prima minacciano di chiamare i carabinieri. Poi, la più giovane ci chiude la porta in faccia con un calcio. È Veronica Savignani, che quella mattina, come mostrano le telecamere, afferra il bimbo come un pacco. E mentre lui scalcia e grida disperato - «Aiuto! Lasciatemi andare» - lei lo rimprovera: «Ma perché urli?». Dopo un po’ i toni cambiano. Esce a parlarci Sara Spaterna. C’era anche lei quel giorno, con la collega Roberta Agostini, per portare via i bambini. Ma l’unica cosa di cui si preoccupa è che «è stata rovinata la sua immagine». E alle nostre domande ripete come una cantilena: «Non posso rispondere». Anche la responsabile dei servizi, Francesca Meazzini, contattata al telefono, si trincera dietro un «non posso dirle nulla».
Al Tribunale dei Minoridi Firenze, invece, parte lo scarica barile. La presidente, Silvia Chiarantini, dice che «l’allontanamento è avvenuto secondo le regole di legge». E ci conferma che i genitori possono vedere i figli in incontri protetti. E allora perché da due mesi a mamma e papà non è stata concessa neppure una telefonata? E chi pagherà per il trauma fatto a questi bambini?
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Il premier: «Il governo ci ha creduto fin dall’inizio, impulso decisivo per nuovi traguardi».
«Il governo ha creduto fin dall’inizio in questa sfida e ha fatto la sua parte per raggiungere questo traguardo. Ringrazio i ministri Lollobrigida e Giuli che hanno seguito il dossier, ma è stata una partita che non abbiamo giocato da soli: abbiamo vinto questa sfida insieme al popolo italiano. Questo riconoscimento imprimerà al sistema Italia un impulso decisivo per raggiungere nuovi traguardi».
Lo ha detto la premier Giorgia Meloni in un videomessaggio celebrando l’entrata della cucina italiana nei patrimoni culturali immateriali dell’umanità. È la prima cucina al mondo a essere riconosciuta nella sua interezza. A deliberarlo, all’unanimità, è stato il Comitato intergovernativo dell’Unesco, riunito a New Delhi, in India.
Ansa
I vaccini a Rna messaggero contro il Covid favoriscono e velocizzano, se a dosi ripetute, la crescita di piccoli tumori già presenti nell’organismo e velocizzano la crescita di metastasi. È quanto emerge dalla letteratura scientifica e, in particolare, dagli esperimenti fatti in vitro sulle cellule e quelli sui topi, così come viene esposto nello studio pubblicato lo scorso 2 dicembre sulla rivista Mdpi da Ciro Isidoro, biologo, medico, patologo e oncologo sperimentale, nonché professore ordinario di patologia generale all’Università del Piemonte orientale di Novara. Lo studio è una review, ovvero una sintesi critica dei lavori scientifici pubblicati finora sull’argomento, e le conclusioni a cui arriva sono assai preoccupanti. Dai dati scientifici emerge che sia il vaccino a mRna contro il Covid sia lo stesso virus possono favorire la crescita di tumori e metastasi già esistenti. Inoltre, alla luce dei dati clinici a disposizione, emerge sempre più chiaramente che a questo rischio di tumori e metastasi «accelerati» appaiono più esposti i vaccinati con più dosi. Fa notare Isidoro: «Proprio a causa delle ripetute vaccinazioni i vaccinati sono più soggetti a contagiarsi e dunque - sebbene sia vero che il vaccino li protegge, ma temporaneamente, dal Covid grave - queste persone si ritrovano nella condizione di poter subire contemporaneamente i rischi oncologici provocati da vaccino e virus naturale messi insieme».
Sono diversi i meccanismi cellulari attraverso cui il vaccino può velocizzare l’andamento del cancro analizzati negli studi citati nella review di Isidoro, intitolata «Sars-Cov2 e vaccini anti-Covid-19 a mRna: Esiste un plausibile legame meccanicistico con il cancro?». Tra questi studi, alcuni rilevano che, in conseguenza della vaccinazione anti-Covid a mRna - e anche in conseguenza del Covid -, «si riduce Ace 2», enzima convertitore di una molecola chiamata angiotensina II, favorendo il permanere di questa molecola che favorisce a sua volta la proliferazione dei tumori. Altri dati analizzati nella review dimostrano inoltre che sia il virus che i vaccini di nuova generazione portano ad attivazione di geni e dunque all’attivazione di cellule tumorali. Altri dati ancora mostrano come sia il virus che il vaccino inibiscano l’espressione di proteine che proteggono dalle mutazioni del Dna.
Insomma, il vaccino anti-Covid, così come il virus, interferisce nei meccanismi cellulari di protezione dal cancro esponendo a maggiori rischi chi ha già una predisposizione genetica alla formazione di cellule tumorali e i malati oncologici con tumori dormienti, spiega Isidoro, facendo notare come i vaccinati con tre o più dosi si sono rivelati più esposti al contagio «perché il sistema immunitario in qualche modo viene ingannato e si adatta alla spike e dunque rende queste persone più suscettibili ad infettarsi».
Nella review anche alcune conferme agli esperimenti in vitro che arrivano dal mondo reale, come uno studio retrospettivo basato su un’ampia coorte di individui non vaccinati (595.007) e vaccinati (2.380.028) a Seul, che ha rilevato un’associazione tra vaccinazione e aumento del rischio di cancro alla tiroide, allo stomaco, al colon-retto, al polmone, al seno e alla prostata. «Questi dati se considerati nel loro insieme», spiega Isidoro, «convergono alla stessa conclusione: dovrebbero suscitare sospetti e stimolare una discussione nella comunità scientifica».
D’altra parte, anche Katalin Karikó, la biochimica vincitrice nel 2023 del Nobel per la Medicina proprio in virtù dei suoi studi sull’Rna applicati ai vaccini anti Covid, aveva parlato di questi possibili effetti collaterali di «acceleratore di tumori già esistenti». In particolare, in un’intervista rilasciata a Die Welt lo scorso gennaio, la ricercatrice ungherese aveva riferito della conversazione con una donna sulla quale, due giorni dopo l’inoculazione, era comparso «un grosso nodulo al seno». La signora aveva attribuito l’insorgenza del cancro al vaccino, mentre la scienziata lo escludeva ma tuttavia forniva una spiegazione del fenomeno: «Il cancro c’era già», spiegava Karikó, «e la vaccinazione ha dato una spinta in più al sistema immunitario, così che le cellule di difesa immunitaria si sono precipitate in gran numero sul nemico», sostenendo, infine, che il vaccino avrebbe consentito alla malcapitata di «scoprire più velocemente il cancro», affermazione che ha lasciato e ancor di più oggi lascia - alla luce di questo studio di Isidoro - irrisolti tanti interrogativi, soprattutto di fronte all’incremento in numero dei cosiddetti turbo-cancri e alla riattivazione di metastasi in malati oncologici, tutti eventi che si sono manifestati post vaccinazione anti- Covid e non hanno trovato altro tipo di plausibilità biologica diversa da una possibile correlazione con i preparati a mRna.
«Marginale il gabinetto di Speranza»
Mentre eravamo chiusi in casa durante il lockdown, il più lungo di tutti i Paesi occidentali, ognuno di noi era certo in cuor suo che i decisori che apparecchiavano ogni giorno alle 18 il tragico rito della lettura dei contagi e dei decessi sapessero ciò che stavano facendo. In realtà, al netto di un accettabile margine di impreparazione vista l’emergenza del tutto nuova, nelle tante stanze dei bottoni che il governo Pd-M5S di allora, guidato da Giuseppe Conte, aveva istituito, andavano tutti in ordine sparso. E l’audizione in commissione Covid del proctologo del San Raffaele Pierpaolo Sileri, allora viceministro alla Salute in quota 5 stelle, ha reso ancor più tangibile il livello d’improvvisazione e sciatteria di chi allora prese le decisioni e oggi è impegnato in tripli salti carpiati pur di rinnegarne la paternità. È il caso, ad esempio, del senatore Francesco Boccia del Pd, che ieri è intervenuto con zelante sollecitudine rivolgendo a Sileri alcune domande che son suonate più come ingannevoli asseverazioni. Una per tutte: «Io penso che il gabinetto del ministero della salute (guidato da Roberto Speranza, ndr) fosse assolutamente marginale, decidevano Protezione civile e coordinamento dei ministri». Il senso dell’intervento di Boccia non è difficile da cogliere: minimizzare le responsabilità del primo imputato della malagestione pandemica, Speranza, collega di partito di Boccia, e rovesciare gli oneri ora sul Cts, ora sulla Protezione civile, eventualmente sul governo ma in senso collegiale. «Puoi chiarire questi aspetti così li mettiamo a verbale?», ha chiesto Boccia a Sileri. L’ex sottosegretario alla salute, però, non ha dato la risposta desiderata: «Il mio ruolo era marginale», ha dichiarato Sileri, impegnato a sua volta a liberarsi del peso degli errori e delle omissioni in nome di un malcelato «io non c’ero, e se c’ero dormivo», «il Cts faceva la valutazione scientifica e la dava alla politica. Era il governo che poi decideva». Quello stesso governo dove Speranza, per forza di cose, allora era il componente più rilevante. Sileri ha dichiarato di essere stato isolato dai funzionari del ministero: «Alle riunioni non credo aver preso parte se non una volta» e «i Dpcm li ricevevo direttamente in aula, non ne avevo nemmeno una copia». Che questo racconto sia funzionale all’obiettivo di scaricare le responsabilità su altri, è un dato di fatto, ma l’immagine che ne esce è quella di decisori «inadeguati e tragicomici», come ebbe già ad ammettere l’altro sottosegretario Sandra Zampa (Pd).Anche sull’adozione dell’antiscientifica «terapia» a base di paracetamolo (Tachipirina) e vigile attesa, Sileri ha dichiarato di essere totalmente estraneo alla decisione: «Non so chi ha redatto la circolare del 30 novembre 2020 che dava agli antinfiammatori un ruolo marginale, ne ho scoperto l’esistenza soltanto dopo che era già uscita». Certo, ha ammesso, a novembre poteva essere dato maggiore spazio ai Fans perché «da marzo avevamo capito che non erano poi così malvagi». Bontà sua. Per Alice Buonguerrieri (Fdi) «è la conferma che la gestione del Covid affogasse nella confusione più assoluta». Boccia è tornato all’attacco anche sul piano pandemico: «Alcuni virologi hanno ribadito che era scientificamente impossibile averlo su Sars Cov-2, confermi?». «L'impatto era inatteso, ma ovviamente avere un piano pandemico aggiornato avrebbe fatto grosse differenze», ha replicato Sileri, che nel corso dell’audizione ha anche preso le distanze dalle misure suggerite dall’Oms che «aveva un grosso peso politico da parte dalla Cina». «I burocrati nominati da Speranza sono stati lasciati spadroneggiare per coprire le scelte errate dei vertici politici», è il commento di Antonella Zedda, vicepresidente dei senatori di Fratelli d’Italia, alla «chicca» emersa in commissione: un messaggio di fuoco che l’allora capo di gabinetto del ministero Goffredo Zaccardi indirizzò a Sileri («Stai buono o tiro fuori i dossier che ho nel cassetto», avrebbe scritto).In che mani siamo stati.
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