2023-01-03
Su Raitre il docufilm su «I magnifici quattro della risata»
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In onda nella prima serata di venerdì 6 gennaio il docufilm di Mario Canale con la narrazione guidata dall’attrice Emanuela Fanelli, di quattro dei migliori interpreti della comicità italiana: Roberto Benigni, Massimo Troisi, Carlo Verdone, Francesco Nuti.La risata come motore della rivoluzione. Mario Canale, il cui Fondo, conservato all’interno dell’Archivio Luce, conta oltre duecento interviste ad attori e registi, è partito da un assunto semplice. «La comicità si adatta», necessariamente, a quel che durante il Festival del Cinema di Roma Canale, giornalista e regista, ha definito «Lo spirito del tempo»: usanze, costumi, tradizioni di un dato contesto storico. Non può esistere, dunque, un solo modo di ridere e di far ridere, una comicità che non sia passibile di evoluzioni e mutamenti. Quell’arte sottile che è l’ironia, così ben radicata all’interno del tessuto sociale, ne deve seguire le pieghe. Crescere, cambiare, e i suoi maestri con lei. «Difficilmente, un comico rimane un comico tutta la vita con uno stesso tipo di comicità», ha spiegato Canale, che alla risata, e a una specifica, ha dedicato un docu-film, in onda su RaiTre nella prima serata di venerdì 6 gennaio. I magnifici quattro della risata, una narrazione guidata dall’attrice Emanuela Fanelli, della comicità ha scelto di raccontare interpreti precisi. Roberto Benigni, Massimo Troisi, Carlo Verdone, Francesco Nuti: i rivoluzionari di Canale, coloro che hanno saputo cambiare connotati alla commedia, inaugurando nel mezzo degli anni Ottanta un modo nuovo di ridere. «Lavorando con quei registi», ha spiegato Canale, che dei quattro è stato un assiduo collaboratore, «Si potevano osservare differenze e somiglianze, un diverso stile di lavoro sia nella scrittura che nella gestione del set. Soprattutto, poi, una diversità della “modalità comica”». Pur facendo parte di una stessa epoca, di uno stesso settore, Benigni, Nuti, Troisi e Verdone hanno percorso strade parallele. Qualcuno è partito da una parrocchia, qualcun altro dalle feste dell’Unità, da teatri poco frequentati. Hanno avuto esordi diversi, scelto vie che sono arrivate a sfiorarsi. Hanno camminato per sé, ciascuno con il proprio passo. Alla fine, però, sono arrivati ad uno stesso punto: alla rivoluzione di cui il documentario di Canale racconta, una rivoluzione che ha valicato i confini di comicità e commedia per estendersi all’intera filiera cinematografica. «I magnifici quattro della risata», così come li ha ribattezzati Canale, hanno scritto nuove regole, nuovi canoni, travolgendo lo spettatore e il suo rapporto con la sala. «La scelta», dunque, «È stata quella di articolare il documentario in sei capitoli, che illustrassero le caratteristiche di quella comicità: le origini dei protagonisti, l’uso del dialetto, la costruzione della risata, i ruoli e i personaggi che impersonavano o inventavano, l’impatto con il successo e i suoi simboli e, alla fine, una riflessione sul momento in cui il comico smette di essere comico e su come si evolve allora il suo rapporto con il pubblico». Un rapporto che pervade l’intero documentario, presenza discreta lungo tutta la narrazione. I magnifici quattro della risata, realizzando con interviste inedite e materiale d’archivio, con parti di film, monologhi e sketch, non è un omaggio fine a se stesso. È, piuttosto, il tentativo ponderato di interrogarsi su un’epoca precisa, su un’arte precisa, su artisti che hanno saputo adeguarsi al divenire del tempo, fedeli a se stessi e a spettatori che di loro hanno fatto idoli.
(Guardia di Finanza)
I peluches, originariamente disegnati da un artista di Hong Kong e venduti in tutto il mondo dal colosso nella produzione e vendita di giocattoli Pop Mart, sono diventati in poco tempo un vero trend, che ha generato una corsa frenetica all’acquisto dopo essere stati indossati sui social da star internazionali della musica e del cinema.
In particolare, i Baschi Verdi del Gruppo Pronto Impiego, attraverso un’analisi sulla distribuzione e vendita di giocattoli a Palermo nonché in virtù del costante monitoraggio dei profili social creati dagli operatori del settore, hanno individuato sette esercizi commerciali che disponevano anche degli iconici Labubu, focalizzando l’attenzione soprattutto sul prezzo di vendita, considerando che gli originali, a seconda della tipologia e della dimensione vengono venduti con un prezzo di partenza di circa 35 euro fino ad arrivare a diverse migliaia di euro per i pezzi meno diffusi o a tiratura limitata.
A seguito dei preliminari sopralluoghi effettuati all’interno dei negozi di giocattoli individuati, i finanzieri ne hanno selezionati sette, i quali, per prezzi praticati, fattura e packaging dei prodotti destavano particolari sospetti circa la loro originalità e provenienza.
I controlli eseguiti presso i sette esercizi commerciali hanno fatto emergere come nella quasi totalità dei casi i Labubu fossero imitazioni perfette degli originali, realizzati con materiali di qualità inferiore ma riprodotti con una cura tale da rendere difficile per un comune acquirente distinguere gli esemplari autentici da quelli falsi. I prodotti, acquistati senza fattura da canali non ufficiali o da piattaforme e-commerce, perlopiù facenti parte della grande distribuzione, venivano venduti a prezzi di poco inferiori a quelli praticati per gli originali e riportavano loghi, colori e confezioni del tutto simili a questi ultimi, spesso corredati da etichette e codici identificativi non conformi o totalmente falsificati.
Questi elementi, oltre al fatto che in alcuni casi i negozi che li ponevano in vendita fossero specializzati in giocattoli originali di ogni tipo e delle più note marche, potevano indurre il potenziale acquirente a pensare che si trattasse di prodotti originali venduti a prezzi concorrenziali.
In particolare, in un caso, l’intervento dei Baschi Verdi è stato effettuato in un negozio di giocattoli appartenente a una nota catena di distribuzione all’interno di un centro commerciale cittadino. Proprio in questo negozio è stato rinvenuto il maggior numero di pupazzetti falsi, ben 3.000 tra esercizio e magazzino, dove sono stati trovati molti cartoni pieni sia di Labubu imbustati che di scatole per il confezionamento, segno evidente che gli addetti al negozio provvedevano anche a creare i pacchetti sorpresa, diventati molto popolari proprio grazie alla loro distribuzione tramite blind box, ossia scatole a sorpresa, che hanno creato una vera e propria dipendenza dall’acquisto per i collezionisti di tutto il mondo. Tra gli esemplari sequestrati anche alcune copie più piccole di un modello, in teoria introvabile, venduto nel mese di giugno a un’asta di Pechino per 130.000 euro.
Soprattutto in questo caso la collocazione all’interno di un punto vendita regolare e inserito in un contesto commerciale di fiducia, unita alla cura nella realizzazione delle confezioni, avrebbe potuto facilmente indurre in errore i consumatori convinti di acquistare un prodotto ufficiale.
I sette titolari degli esercizi commerciali ispezionati e destinatari dei sequestri degli oltre 10.000 Labubu falsi che, se immessi sul mercato avrebbero potuto fruttare oltre 500.000 euro, sono stati denunciati all’Autorità Giudiziaria per vendita di prodotti recanti marchi contraffatti.
L’attività s’inquadra nel quotidiano contrasto delle Fiamme Gialle al dilagante fenomeno della contraffazione a tutela dei consumatori e delle aziende che si collocano sul mercato in maniera corretta e che, solo nell’ultimo anno, ha portato i Baschi Verdi del Gruppo P.I. di Palermo a denunciare 37 titolari di esercizi commerciali e a sequestrare oltre 500.000 articoli contraffatti, tra pelletteria, capi d’abbigliamento e profumi recanti marchi delle più note griffe italiane e internazionali.
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