2022-06-02
Rai, Fuortes sfida la sinistra e silura Orfeo
Mario Orfeo (Imagoeconomica)
Revocato al giornalista l’incarico di direttore dell’Approfondimento informativo. A pesare il caos palinsesti, la gestione dell’informazione di guerra e la lotta agli spifferi interni. Malumore nel Pd, fra i renziani e in Forza Italia: ora l’ad rischia.Il siluro arriva a sorpresa e affonda la Bismarck dei direttori Rai: Mario Orfeo cola a picco. Lo fa in modo fragoroso, da responsabile operativo della divisione strategica degli «Approfondimenti informativi», quella destinata a fare opinione e creare consenso, quella che interessa ai partiti ed è saldamente in mano - neanche a dirlo - alla casta piddo-renziana di viale Mazzini. Orfeo si inabissa mestamente, sollevato dall’incarico dall’amministratore delegato Carlo Fuortes che durante il cda gli contesta il progetto, definendolo una scatola vuota. Secondo fonti interne, invece di presentare il palinsesto dei nuovi programmi e le schede dei giornalisti prescelti, il direttore avrebbe elencato una serie di problemi che impedirebbero di far decollare la sezione in gestazione da sei mesi: manca la squadra, mancano gli autori, mancano le forze (con 1.700 dipendenti è una tesi un po’ dura da sostenere), le slide non sono pronte. Davanti a questo segno di debolezza, l’ad ha deciso di essere l’uomo Fuortes almeno per un quarto d’ora e gli ha revocato l’incarico. «Non ha scodellato il palinsesto», ha anticipato tutti il sito Dagospia. Il segnale politico è di notevole importanza, testimonia la rottura fra la nuova Rai (del tutto ipotetica) voluta da palazzo Chigi sotto la guida del capo di gabinetto di Mario Draghi, Antonio Funiciello, e il corpaccione romano dell’ente pubblico ancora saldamente nelle mani del Nazareno, di Dario Franceschini e di Matteo Renzi, che di Orfeo sono i più solidi sponsor. E sono subito corsi a difenderlo. «Si è rotto il rapporto di fiducia», avrebbe detto Fuortes, che a sera non aveva ancora formalizzato la decisione e dopo la reazione del centrosinistra potrebbe pure rimangiarsela. In realtà, palinsesti a parte, tensioni si sono consumate su tre temi chiave. Il primo è la gestione dell’informazione in tempo di guerra, con l’ad sempre più accerchiato dai partiti perché non ritenuto sufficientemente autorevole nell’imporre il pensiero unico nei telegiornali. Il secondo è l’affare Cartabianca: mentre il centrosinistra spinge per silenziare il programma di Bianca Berlinguer o di modificarlo in modo da renderlo innocuo, Fuortes ne difende il perimetro giornalistico di libertà. Il terzo è il più impalpabile ma forse decisivo; da tempo l’ad mostra insofferenza per le fughe di notizie, i retroscena, gli articoli a lui contrari «ispirati dall’interno» e destinati a indebolire il suo ruolo. Chi tocca gli Approfondimenti muore. La parola evoca a torto mondi virtuali e comode poltrone di seconda fila, ma non è così. Approfondimenti significa supervisione operativa trasversale di tutti i talk show dell’azienda, da Porta a Porta a Report, da Cartabianca ad Agorà. Con un occhio ai direttori di testata e l’altro a quelli dei Tg. Con un’attenzione vigile alle sensibilità dei partiti - i veri azionisti di riferimento - nella stagione delle elezioni che si sta aprendo in questi mesi per arrivare alle politiche del 2023. Alla fine, tranne che a Beppe Grillo (un giorno disse dal palco «Ci taglia gli interventi») e a Matteo Salvini, Orfeo andava bene a tutti. Anche a Forza Italia, che con Gianni Letta lo aveva imbarcato nel Tg2 berlusconiano nel 2009. Chi sollevava perplessità per il suo passato a Repubblica e per la guerra planetaria a cui aveva partecipato contro il Cavaliere aI tempi di Ezio Mauro doveva incassare la risposta bohémienne: «Ma è milanista, quindi va bene». Tra l’ad e Orfeo non corre buon sangue dall’inizio. Ex direttore generale e icona napoleonica sul cavallo morente per avere guidato tutti i Tg della Rai (unico a fare il Triplete, anche il leggendario Nuccio Fava si era fermato a due), in questi mesi Orfeo non è mai stato consultato da Fuortes nelle scelte strategiche sull’informazione. Giornalista di indubbia capacità professionale, chiamato «l’inaffondabile» per la sua capacità di galleggiare sulle tempeste quotidiane dell’informazione pubblica, questa volta il Marione dalle sette vite ha subìto una sconfitta. Al suo posto sarebbe già pronto Antonio Di Bella, ora direttore di Rai Day Time. A difesa di Orfeo, il Pd ha già alzato le barricate («Lo difenderemo sino alla fine» trapela dal Nazareno) e i renziani chiedono spiegazioni. Il segretario della Commissione di vigilanza Michele Anzaldi scrive su Facebook: «Fuortes chiarisca ai cittadini che pagano il canone e al Parlamento quali siano le motivazioni dietro questa rimozione e come intenda intervenire a brevissimo su uno dei ruoli più delicati dell’azienda. Parliamo dell’informazione, che rappresenta la missione poi importante del servizio pubblico pagato con quasi due miliardi di euro dei cittadini: possibile che non ci sia nessuna trasparenza? Peraltro siamo in piena par condicio elettorale, a pochi giorni dal voto per il referendum sulla giustizia e per le amministrative».Il siluro a Orfeo sta terremotando gli equilibri. Maurizio Gasparri è durissimo: «Una Rai che lascia straparlare Sigfrido Ranucci, che nelle ultime due puntate ha sostenuto tesi farneticanti sulle stragi di mafia, smentito da Procure siciliane, interviene su Orfeo dopo essere rimasta inerte di fronte a programmi scandalosi». Il presidente della Commissione di vigilanza Alberto Barachini (Forza Italia) ha deciso la prima mossa: convocare d’urgenza Fuortes per spiegazioni. La partita non è finita ma solo cominciata e ad essere in gioco non è solo la testa di Orfeo ma anche quella di Fuortes. Dietro l’affondamento della Bismarck, in Rai si respira aria di balcanizzazione. In questi casi, come diceva Bettino Craxi, «chi vince vince, chi perde perde».