2020-12-20
Raggi assolta e furiosa con il M5s: «Credo debbano riflettere in tanti»
Cadute le accuse sul caso Marra, il sindaco uscente va alla carica per la ricandidatura. «Mai 'na gioia» si dice in romanesco. Ed è davvero uno di quei periodacci avidi di soddisfazioni per i governisti grillini: sondaggi spaventosi, liti estenuanti e poltrone ballerine. La riabilitazione di Virginia Raggi non ci voleva: proprio adesso, l'ennesimo dispiacere, ma che disdetta. Il sindaco di Roma è stato assolto dall'accusa di falso per la nomina di Renato Marra, fratello dell'ex capo del personale Raffaele, a capo del dipartimento Turismo del Comune. Così, ringalluzzita come mai, Raggi è sicura di non aver più ostacoli alla ricandidatura alle elezioni della prossima primavera. Ipotesi poco gradita ai colleghi dell'esecutivo, che vorrebbero replicare per il Campidoglio la resistibile alleanza con il Pd, indisponibile ad appoggiare l'uscente. Virginia ha salutato l'assoluzione avvelenando il mefitico ambientino con spavalde dichiarazioni: «Credo che debbano riflettere in tanti, anche e soprattutto all'interno dei Cinque stelle. Ora è troppo facile voler provare a salire sul carro del vincitore con parole di circostanza dopo anni di silenzio». Conclusione: «Almeno oggi abbiano la decenza di tacere». A chi si riferisce il vituperato sindaco? Beh, certamente all'arcinemica Roberta Lombardi, che alla vigila del giudizio cannoneggiava: «Esiste un codice etico in caso di condanna e le regole si applicano erga omnes. Non si interpretano per gli amici». Intanto il capo politico, Vito Crimi, temporeggiava: «Vediamo, aspettiamo la sentenza…». E Luigi Di Maio taceva. D'altronde, due mesi fa, era stato più eloquente che mai: «Non mi fossilizzo sulla Raggi». Salvo ora lanciarsi, a risultato acquisto, in calorosi abbracci: «Continua a resistere grande donna, il Movimento resiste insieme a te».Del resto, il ruspante doroteismo dell'ex leader è notorio. La ricandidatura di Raggi è una delle tante liti ingaggiate con Alessandro Di Battista, favorevolissimo al bis. «Virginia è stata assolta. Ancora una volta assolta. Adesso iniziate a rispettarla. Per quattro anni è stata diffamata, dileggiata, calunniata…» commenta dunque trionfante il Che Guevara di Roma Nord, sicuro stavolta di aver segnato un punto a suo favore. E si rifà vivo persino Beppe Grillo: «Mai avuto dubbi sulla tua integrità. Avanti a testa alta, come hai sempre fatto», scrive su Twitter il fondatore. «Un caloroso e affettuoso saluto a tutti coloro che avevano sperato nella sua condanna» esulta quindi l'ex socio di Rousseau, Max Bugani, che Giggino ha cacciato dal ministero dello Sviluppo economico e Virginia ha subito riassunto quale capo del suo staff. Rivelatorio. E illuminanti sono state anche le parole dell'altro aspirante primo cittadino, Carlo Calenda, pronunciate a Otto e mezzo: «Il Pd mi ha detto che aspetta la condanna per fare l'accordo con i Cinque stelle» assicura tre giorni fa, senza ricevere smentita. E adesso che si fa? Riuscire a sbolognare l'immacolata sindaca non sarà facile, né per i democratici né tantomeno per i grillini. Eppure ci proveranno. Nemmeno il cuore di Giuseppe Conte, ormai romano acquisito, palpita per lei. Due mesi fa, il premier annunciava per la capitale strepitosi stanziamenti grazie al Recovery plan: «Ci sarà un'attenzione significativa. Penseremo a dei progetti, rispettando caratteristiche storiche e culturali. La vogliamo più bella che mai». Ma, nell'ultima bozza del piano, Roma viene appena citata. Con Virginia che minaccia: «Il governo non abusi della pazienza dei romani». Si rincuori: Giuseppi, a onor del vero, abusa della pazienza di tutti.