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2019-11-21
La leggenda della manovra «tagliatasse»
che pignora i conti correnti
Ansa
I numeri sono per i tecnici, al volgo è meglio dare in pasto la manovra lessicale. Perché dire la verità se si può, con un abile gioco di prestigio, trasformare una bugia in qualcosa che suona come verosimile? Un esempio. Il ministro dell'Economia, Roberto Gualtieri, ha bellamente affermato che tra Iva, accise e taglio del cuneo ci sono «26 miliardi di tasse in meno». Sui 3 miliardi di taglio del cuneo nulla da eccepire, nonostante si tratti di briciole. Il problema sono gli altri 23 miliardi. Immaginate di essere in affitto in una casa e che il proprietario dell'immobile vi scriva una lettera per annunciare che da gennaio vuole aumentare il canone mensile dagli attuali 1.000 euro a 1.100. Voi protestate. Lui vi suona al campanello, lo fate accomodare e vi chiede al posto dell'aumento di 100 euro per 12 mesi, un prestito di 1.200 euro che non restituirà mai. Dal momento che ha accesso al vostro conto in banca, diventa inutile rifiutare. Tanto effettuerebbe il prelievo in ogni caso. Poi sempre lui, il proprietario di casa, va sui social e scrive su Facebook a tutta la comunità che vi ha ridotto il prezzo dell'affitto di 100 euro per tutto il 2020. Non solo. Si vanta di essere il migliore locatore della città. A quel punto riceve pure una marea di like. E a voi non resta che farvi prendere in giro. Ecco, in sintesi Gualtieri è quel locatore. Con la differenza che tutti i suoi colleghi ripetono la strategia all'infinito nella speranza di arrivare a Natale, approvare la manovra e poi dedicarsi ad altro. L'altro ieri Conte per rafforzare la posizione ha pure aggiunto che chi sostiene che il testo contenga tasse «o è un bugiardo o è in mala fede».
Addirittura il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, ha celebrato la manovra come la migliore possibile, ribadendo un messaggio che qualcuno deve avergli fatto imparare a memoria per essere recitato durante il viaggio negli Usa al cospetto dei Clinton. «Bisogna dare forza a una manovra che permette all'Italia di voltare pagina e crescere». Dove stiano gli stimoli alla crescita, resta un mistero. D'altronde non ci sentiamo nemmeno di condannare del tutto Conte, Gualtieri e Zingaretti. Poveretti non hanno alternative. Chi comanda in Italia, ad esempio il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ha scritto il canovaccio e a loro tocca attenersi. Il capo dello Stato ha auspicato che «la leale cooperazione tra le istituzioni tragga nuova spinta da una convergenza sugli indirizzi di bilancio». Tradotto: nessuno al governo o in Parlamento faccia scherzi, la manovra va approvata a ogni costo. Ne va degli impegni presi con l'Europa. Da qui la necessità di stravolgere i numeri (che sono stati regolarmente comunicati a Bruxelles) con lo storytelling.
La legge finanziaria contiene, infatti, la bellezza di 12 miliardi di tasse in più rispetto al 2019, oltre a 14 miliardi di deficit che con il tempo diventeranno 14 miliardi di debito. Non solo, contiene anche 3,2 miliardi di euro (solo nel 2020) messi a bilancio come recupero da evasione fiscale. Sappiamo tutti che anche questi miliardi si trasformeranno in nuove imposte. Il Pd si è pure inventato un fondo taglia tasse.
Praticamente, si alza il prelievo per recuperare 3 miliardi da inserire in un veicolo che viene accantonato per il prossimo anno. L'obiettivo dichiarato è usarlo nel 2020 per tagliare alcune voci di spesa, quasi sicuramente sarà usato invece per ottemperare alle correzioni che l'Ue ci chiederà la prossima primavera. Esattamente come ieri l'Ue ha ricordato nella lettera di promozione con riserva della manovra destinata al voto in Senato il prossimo 29 novembre. Da qui a quel giorno, purtroppo la situazione può solo che peggiorare. Da un lato Conte, come ha già annunciato darà il meglio di sé nel recitare la parte del «taglia tasse». Il testo redatto del governo è ora vittima degli emendamenti della stessa maggioranza. Un esempio su tutti, la tassazione delle auto aziendali. Il governo ha previsto l'abolizione totale della detrazione per le vetture considerate inquinati. Alla fine dell'iter il taglio verrà limato di un 20%. E a quel punto Conte si vanterà di aver tagliato le tasse sulle auto aziendali. Ma la presa in giro verbale servirà a nascondere le nuove batoste. Sparirà probabilmente la cedolare secca sugli immobili commerciali e al tempo stesso aumenterà la pressione dello stato di polizia fiscale. È infatti spuntato un emendamento che consentirebbe ai Comuni, già da gennaio, di pignorare i conti correnti dei cittadini in caso di multe o bollettini Imu non pagati. Anche senza aver spedito una cartella esattoriale. «Cose da Urss», ha commentato Salvini. Ci sentiamo di dargli ragione. Però Conte venderà l'iniziativa come contrasto all'evasione fiscale. Eppure la sinistra continua a non comprendere perché per gli italiani lui e Gualtieri non siano i migliori locatori possibili.
Nel dl fiscale spunta il pignoramento anche per una sola multa non pagata
A ciascun giorno la sua pena: ma, nel caso della manovra giallorossa, ogni nuovo giorno porta con sé ben più di una nuova dolorosa scoperta. Ieri, per esempio, hanno destato scandalo e incredulità due questioni. La prima è solo apparentemente una questione di settore, nel senso che potrebbe mettere a rischio 17.000 posti di lavoro: si tratta di un emendamento grillino presentato a Palazzo Madama (prima firma del senatore Giovanni Endrizzi) che, secondo l'accusa dell'Ancod (Associazione nazionale dei centri odontoiatrici), restringerebbe il campo solo alle Stp (società tra professionisti), tagliando fuori tutte le compagini organizzate diversamente (spa, srl, e così via). Durissimo il presidente dell'Ancod Michel Cohen: «Siamo scioccati che passi un provvedimento incostituzionale, chiaramente contrario alla libertà d'impresa, alla libera concorrenza, ma soprattutto senza alcun senso perché sono proprio i gruppi organizzati dell'odontoiatria a offrire soluzioni di qualità alle fasce più deboli, oggi non coperte dai livelli essenziali di assistenza». Ma, tecnicalità a parte, non si capisce che senso abbia per la maggioranza - in termini di opportunità e ragionevolezza - innescare un'altra potenziale crisi occupazionale.
La seconda polemica - ancora più fragorosa - riguarda la norma, infilata in manovra, che consente una drammatica velocizzazione della riscossione di multe e tributi locali, consentendo ai Comuni e agli altri enti locali di fare cassa selvaggiamente. L'aspetto più scandaloso è che, già dopo la mancata risposta all'intimazione di pagamento e all'avviso di accertamento, trascorsi 60 giorni, il Comune potrà chiedere di pignorare i conti correnti dei cittadini. In termini di gradimento da parte dell'opinione pubblica, si tratta di un clamoroso autogol per governo e maggioranza, una Caporetto comunicativa: ma, se la misura non verrà modificata, intanto il danno per i contribuenti sarà grave e certo.
Nel frattempo, da parte di Bruxelles, è arrivato un primo warning, una sorta di cartellino giallo verso la manovra, che - scrive la Commissione Ue - «pone rischi di non rispetto del Patto di stabilità» o potrebbe innescare «una deviazione significativa dal cammino verso il rispetto dell'obiettivo di medio termine». Bruxelles aggiunge che sussiste il rischio di «non rispetto del benchmark di riduzione del debito» non solo per l'Italia, ma anche per Belgio, Spagna e Francia.
Non ha fatto mancare la sua opinione il commissario uscente (e rientrante), il lettone Valdis Dombrovskis: «Invitiamo tutti gli Stati a rischio di non rispetto del patto a prendere le misure necessarie all'interno del processo nazionale di bilancio per assicurare che il bilancio 2020 rispetti le regole: quelli che ci preoccupano di più sono quelli con debiti alti che non sono stati ridotti abbastanza velocemente». A proposito dei quattro Paesi citati, Dombrovskis ha ribadito che «ci si attende che non rispettino la regola del debito» e, in ogni caso, fino ad ora «non hanno usato a sufficienza le condizioni economiche favorevoli per mettere in ordine i loro conti pubblici. E nel 2020 pianificano o nessun significativo aggiustamento o addirittura un'espansione; questo preoccupa perché i debiti molto alti limitano la capacità di rispondere agli shock economici e alle pressioni del mercato». Diversamente dall'anno scorso, però, quando la Commissione minacciava bocciature immediate ed esplicite, con tanto di apertura di procedure, e condiva tutto con dichiarazioni violentissime - a scadenza quotidiana, regolarmente a Borse aperte - da parte dello stesso Dombrovskis e di Pierre Moscovici, quest'anno Bruxelles si è limitata a far sapere che la Commissione Ue (la nuova, a quel punto) tornerà a valutare i conti pubblici in primavera.
In altre parole, siamo davanti a una specie di bocciatura postdatata, con l'eventuale conto che potrebbe essere presentato da Bruxelles (forse) al prossimo governo, se nel frattempo il Conte due sarà caduto sotto il peso delle sue stesse fragilità e divisioni: ma a pagare saranno gli stessi contribuenti, gli italiani.
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Il governo insiste con la leggenda della riduzione delle imposte. Ma si tratta solo dello stop all'aumento Iva con i nostri soldi.Il testo in Aula peggiora ogni giorno. L'Ue rimanda il voto della manovra a primavera.Lo speciale contiene due articoliI numeri sono per i tecnici, al volgo è meglio dare in pasto la manovra lessicale. Perché dire la verità se si può, con un abile gioco di prestigio, trasformare una bugia in qualcosa che suona come verosimile? Un esempio. Il ministro dell'Economia, Roberto Gualtieri, ha bellamente affermato che tra Iva, accise e taglio del cuneo ci sono «26 miliardi di tasse in meno». Sui 3 miliardi di taglio del cuneo nulla da eccepire, nonostante si tratti di briciole. Il problema sono gli altri 23 miliardi. Immaginate di essere in affitto in una casa e che il proprietario dell'immobile vi scriva una lettera per annunciare che da gennaio vuole aumentare il canone mensile dagli attuali 1.000 euro a 1.100. Voi protestate. Lui vi suona al campanello, lo fate accomodare e vi chiede al posto dell'aumento di 100 euro per 12 mesi, un prestito di 1.200 euro che non restituirà mai. Dal momento che ha accesso al vostro conto in banca, diventa inutile rifiutare. Tanto effettuerebbe il prelievo in ogni caso. Poi sempre lui, il proprietario di casa, va sui social e scrive su Facebook a tutta la comunità che vi ha ridotto il prezzo dell'affitto di 100 euro per tutto il 2020. Non solo. Si vanta di essere il migliore locatore della città. A quel punto riceve pure una marea di like. E a voi non resta che farvi prendere in giro. Ecco, in sintesi Gualtieri è quel locatore. Con la differenza che tutti i suoi colleghi ripetono la strategia all'infinito nella speranza di arrivare a Natale, approvare la manovra e poi dedicarsi ad altro. L'altro ieri Conte per rafforzare la posizione ha pure aggiunto che chi sostiene che il testo contenga tasse «o è un bugiardo o è in mala fede». Addirittura il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, ha celebrato la manovra come la migliore possibile, ribadendo un messaggio che qualcuno deve avergli fatto imparare a memoria per essere recitato durante il viaggio negli Usa al cospetto dei Clinton. «Bisogna dare forza a una manovra che permette all'Italia di voltare pagina e crescere». Dove stiano gli stimoli alla crescita, resta un mistero. D'altronde non ci sentiamo nemmeno di condannare del tutto Conte, Gualtieri e Zingaretti. Poveretti non hanno alternative. Chi comanda in Italia, ad esempio il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ha scritto il canovaccio e a loro tocca attenersi. Il capo dello Stato ha auspicato che «la leale cooperazione tra le istituzioni tragga nuova spinta da una convergenza sugli indirizzi di bilancio». Tradotto: nessuno al governo o in Parlamento faccia scherzi, la manovra va approvata a ogni costo. Ne va degli impegni presi con l'Europa. Da qui la necessità di stravolgere i numeri (che sono stati regolarmente comunicati a Bruxelles) con lo storytelling. La legge finanziaria contiene, infatti, la bellezza di 12 miliardi di tasse in più rispetto al 2019, oltre a 14 miliardi di deficit che con il tempo diventeranno 14 miliardi di debito. Non solo, contiene anche 3,2 miliardi di euro (solo nel 2020) messi a bilancio come recupero da evasione fiscale. Sappiamo tutti che anche questi miliardi si trasformeranno in nuove imposte. Il Pd si è pure inventato un fondo taglia tasse. Praticamente, si alza il prelievo per recuperare 3 miliardi da inserire in un veicolo che viene accantonato per il prossimo anno. L'obiettivo dichiarato è usarlo nel 2020 per tagliare alcune voci di spesa, quasi sicuramente sarà usato invece per ottemperare alle correzioni che l'Ue ci chiederà la prossima primavera. Esattamente come ieri l'Ue ha ricordato nella lettera di promozione con riserva della manovra destinata al voto in Senato il prossimo 29 novembre. Da qui a quel giorno, purtroppo la situazione può solo che peggiorare. Da un lato Conte, come ha già annunciato darà il meglio di sé nel recitare la parte del «taglia tasse». Il testo redatto del governo è ora vittima degli emendamenti della stessa maggioranza. Un esempio su tutti, la tassazione delle auto aziendali. Il governo ha previsto l'abolizione totale della detrazione per le vetture considerate inquinati. Alla fine dell'iter il taglio verrà limato di un 20%. E a quel punto Conte si vanterà di aver tagliato le tasse sulle auto aziendali. Ma la presa in giro verbale servirà a nascondere le nuove batoste. Sparirà probabilmente la cedolare secca sugli immobili commerciali e al tempo stesso aumenterà la pressione dello stato di polizia fiscale. È infatti spuntato un emendamento che consentirebbe ai Comuni, già da gennaio, di pignorare i conti correnti dei cittadini in caso di multe o bollettini Imu non pagati. Anche senza aver spedito una cartella esattoriale. «Cose da Urss», ha commentato Salvini. Ci sentiamo di dargli ragione. Però Conte venderà l'iniziativa come contrasto all'evasione fiscale. Eppure la sinistra continua a non comprendere perché per gli italiani lui e Gualtieri non siano i migliori locatori possibili.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/raddoppiano-le-tasse-poi-le-limano-un-po-per-vantarsi-dei-tagli-2641413635.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="nel-dl-fiscale-spunta-il-pignoramento-anche-per-una-sola-multa-non-pagata" data-post-id="2641413635" data-published-at="1765408300" data-use-pagination="False"> Nel dl fiscale spunta il pignoramento anche per una sola multa non pagata A ciascun giorno la sua pena: ma, nel caso della manovra giallorossa, ogni nuovo giorno porta con sé ben più di una nuova dolorosa scoperta. Ieri, per esempio, hanno destato scandalo e incredulità due questioni. La prima è solo apparentemente una questione di settore, nel senso che potrebbe mettere a rischio 17.000 posti di lavoro: si tratta di un emendamento grillino presentato a Palazzo Madama (prima firma del senatore Giovanni Endrizzi) che, secondo l'accusa dell'Ancod (Associazione nazionale dei centri odontoiatrici), restringerebbe il campo solo alle Stp (società tra professionisti), tagliando fuori tutte le compagini organizzate diversamente (spa, srl, e così via). Durissimo il presidente dell'Ancod Michel Cohen: «Siamo scioccati che passi un provvedimento incostituzionale, chiaramente contrario alla libertà d'impresa, alla libera concorrenza, ma soprattutto senza alcun senso perché sono proprio i gruppi organizzati dell'odontoiatria a offrire soluzioni di qualità alle fasce più deboli, oggi non coperte dai livelli essenziali di assistenza». Ma, tecnicalità a parte, non si capisce che senso abbia per la maggioranza - in termini di opportunità e ragionevolezza - innescare un'altra potenziale crisi occupazionale. La seconda polemica - ancora più fragorosa - riguarda la norma, infilata in manovra, che consente una drammatica velocizzazione della riscossione di multe e tributi locali, consentendo ai Comuni e agli altri enti locali di fare cassa selvaggiamente. L'aspetto più scandaloso è che, già dopo la mancata risposta all'intimazione di pagamento e all'avviso di accertamento, trascorsi 60 giorni, il Comune potrà chiedere di pignorare i conti correnti dei cittadini. In termini di gradimento da parte dell'opinione pubblica, si tratta di un clamoroso autogol per governo e maggioranza, una Caporetto comunicativa: ma, se la misura non verrà modificata, intanto il danno per i contribuenti sarà grave e certo. Nel frattempo, da parte di Bruxelles, è arrivato un primo warning, una sorta di cartellino giallo verso la manovra, che - scrive la Commissione Ue - «pone rischi di non rispetto del Patto di stabilità» o potrebbe innescare «una deviazione significativa dal cammino verso il rispetto dell'obiettivo di medio termine». Bruxelles aggiunge che sussiste il rischio di «non rispetto del benchmark di riduzione del debito» non solo per l'Italia, ma anche per Belgio, Spagna e Francia. Non ha fatto mancare la sua opinione il commissario uscente (e rientrante), il lettone Valdis Dombrovskis: «Invitiamo tutti gli Stati a rischio di non rispetto del patto a prendere le misure necessarie all'interno del processo nazionale di bilancio per assicurare che il bilancio 2020 rispetti le regole: quelli che ci preoccupano di più sono quelli con debiti alti che non sono stati ridotti abbastanza velocemente». A proposito dei quattro Paesi citati, Dombrovskis ha ribadito che «ci si attende che non rispettino la regola del debito» e, in ogni caso, fino ad ora «non hanno usato a sufficienza le condizioni economiche favorevoli per mettere in ordine i loro conti pubblici. E nel 2020 pianificano o nessun significativo aggiustamento o addirittura un'espansione; questo preoccupa perché i debiti molto alti limitano la capacità di rispondere agli shock economici e alle pressioni del mercato». Diversamente dall'anno scorso, però, quando la Commissione minacciava bocciature immediate ed esplicite, con tanto di apertura di procedure, e condiva tutto con dichiarazioni violentissime - a scadenza quotidiana, regolarmente a Borse aperte - da parte dello stesso Dombrovskis e di Pierre Moscovici, quest'anno Bruxelles si è limitata a far sapere che la Commissione Ue (la nuova, a quel punto) tornerà a valutare i conti pubblici in primavera. In altre parole, siamo davanti a una specie di bocciatura postdatata, con l'eventuale conto che potrebbe essere presentato da Bruxelles (forse) al prossimo governo, se nel frattempo il Conte due sarà caduto sotto il peso delle sue stesse fragilità e divisioni: ma a pagare saranno gli stessi contribuenti, gli italiani.
Da sinistra: Bruno Migale, Ezio Simonelli, Vittorio Pisani, Luigi De Siervo, Diego Parente e Maurizio Improta
Questa mattina la Lega Serie A ha ricevuto il capo della Polizia, prefetto Vittorio Pisani, insieme ad altri vertici della Polizia, per un incontro dedicato alla sicurezza negli stadi e alla gestione dell’ordine pubblico. Obiettivo comune: sviluppare strumenti e iniziative per un calcio più sicuro, inclusivo e rispettoso.
Oggi, negli uffici milanesi della Lega Calcio Serie A, il mondo del calcio professionistico ha ospitato le istituzioni di pubblica sicurezza per un confronto diretto e costruttivo.
Il capo della Polizia, prefetto Vittorio Pisani, accompagnato da alcune delle figure chiave del dipartimento - il questore di Milano Bruno Migale, il dirigente generale di P.S. prefetto Diego Parente e il presidente dell’Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive Maurizio Improta - ha incontrato i vertici della Lega, guidati dal presidente Ezio Simonelli, dall’amministratore delegato Luigi De Siervo e dall’head of competitions Andrea Butti.
Al centro dell’incontro, durato circa un’ora, temi di grande rilevanza per il calcio italiano: la sicurezza negli stadi e la gestione dell’ordine pubblico durante le partite di Serie A. Secondo quanto emerso, si è trattato di un momento di dialogo concreto, volto a rafforzare la collaborazione tra istituzioni e club, con l’obiettivo di rendere le competizioni sportive sempre più sicure per tifosi, giocatori e operatori.
Il confronto ha permesso di condividere esperienze, criticità e prospettive future, aprendo la strada a un percorso comune per sviluppare strumenti e iniziative capaci di garantire un ambiente rispettoso e inclusivo. La volontà di entrambe le parti è chiara: non solo prevenire episodi di violenza o disordine, ma anche favorire la cultura del rispetto, elemento indispensabile per la crescita del calcio italiano e per la tutela dei tifosi.
«L’incontro di oggi rappresenta un passo importante nella collaborazione tra Lega e Forze dell’Ordine», si sottolinea nella nota ufficiale diffusa al termine della visita dalla Lega Serie A. L’intenzione condivisa è quella di creare un dialogo costante, capace di tradursi in azioni concrete, procedure aggiornate e interventi mirati negli stadi di tutta Italia.
In un contesto sportivo sempre più complesso, dove la passione dei tifosi può trasformarsi rapidamente in tensione, il dialogo tra Lega e Polizia appare strategico. La sfida, spiegano i partecipanti, è costruire una rete di sicurezza che sia preventiva, reattiva e sostenibile, tutelando chi partecipa agli eventi senza compromettere l’atmosfera che caratterizza il calcio italiano.
L’appuntamento di Milano conferma come la sicurezza negli stadi non sia solo un tema operativo, ma un valore condiviso: la Serie A e le forze dell’ordine intendono camminare insieme, passo dopo passo, verso un calcio sempre più sicuro, inclusivo e rispettoso.
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Due bambini svaniti nel nulla. Mamma e papà non hanno potuto fargli neppure gli auguri di compleanno, qualche giorno fa, quando i due fratellini hanno compiuto 5 e 9 anni in comunità. Eppure una telefonata non si nega neanche al peggior delinquente. Dunque perché a questi genitori viene negato il diritto di vedere e sentire i loro figli? Qual è la grave colpa che avrebbero commesso visto che i bimbi stavano bene?
Un allontanamento che oggi mostra troppi lati oscuri. A partire dal modo in cui quel 16 ottobre i bimbi sono stati portati via con la forza, tra le urla strazianti. Alle ore 11.10, come denunciano le telecamere di sorveglianza della casa, i genitori vengono attirati fuori al cancello da due carabinieri. Alle 11.29 spuntano dal bosco una decina di agenti, armati di tutto punto e col giubbotto antiproiettile. E mentre gridano «Pigliali, pigliali tutti!» fanno irruzione nella casa, dove si trovano, da soli, i bambini. I due fratellini vengono portati fuori dagli agenti, il più piccolo messo a sedere, sulle scale, col pigiamino e senza scarpe. E solo quindici minuti dopo, alle 11,43, come registrano le telecamere, arrivano le assistenti sociali che portano via i bambini tra le urla disperate.
Una procedura al di fuori di ogni regola. Che però ottiene l’appoggio della giudice Nadia Todeschini, del Tribunale dei minori di Firenze. Come riferisce un ispettore ripreso dalle telecamere di sorveglianza della casa: «Ho telefonato alla giudice e le ho detto: “Dottoressa, l’operazione è andata bene. I bambini sono con i carabinieri. E adesso sono arrivati gli assistenti sociali”. E la giudice ha risposto: “Non so come ringraziarvi!”».
Dunque, chi ha dato l’ordine di agire in questo modo? E che trauma è stato inferto a questi bambini? Giriamo la domanda a Marina Terragni, Garante per l’infanzia e l’adolescenza. «Per la nostra Costituzione un bambino non può essere prelevato con la forza», conferma, «per di più se non è in borghese. Ci sono delle sentenze della Cassazione. Queste modalità non sono conformi allo Stato di diritto. Se il bambino non vuole andare, i servizi sociali si debbono fermare. Purtroppo ci stiamo abituando a qualcosa che è fuori legge».
Proviamo a chiedere spiegazioni ai servizi sociali dell’unione Montana dei comuni Valtiberina, ma l’accoglienza non è delle migliori. Prima minacciano di chiamare i carabinieri. Poi, la più giovane ci chiude la porta in faccia con un calcio. È Veronica Savignani, che quella mattina, come mostrano le telecamere, afferra il bimbo come un pacco. E mentre lui scalcia e grida disperato - «Aiuto! Lasciatemi andare» - lei lo rimprovera: «Ma perché urli?». Dopo un po’ i toni cambiano. Esce a parlarci Sara Spaterna. C’era anche lei quel giorno, con la collega Roberta Agostini, per portare via i bambini. Ma l’unica cosa di cui si preoccupa è che «è stata rovinata la sua immagine». E alle nostre domande ripete come una cantilena: «Non posso rispondere». Anche la responsabile dei servizi, Francesca Meazzini, contattata al telefono, si trincera dietro un «non posso dirle nulla».
Al Tribunale dei Minoridi Firenze, invece, parte lo scarica barile. La presidente, Silvia Chiarantini, dice che «l’allontanamento è avvenuto secondo le regole di legge». E ci conferma che i genitori possono vedere i figli in incontri protetti. E allora perché da due mesi a mamma e papà non è stata concessa neppure una telefonata? E chi pagherà per il trauma fatto a questi bambini?
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Il premier: «Il governo ci ha creduto fin dall’inizio, impulso decisivo per nuovi traguardi».
«Il governo ha creduto fin dall’inizio in questa sfida e ha fatto la sua parte per raggiungere questo traguardo. Ringrazio i ministri Lollobrigida e Giuli che hanno seguito il dossier, ma è stata una partita che non abbiamo giocato da soli: abbiamo vinto questa sfida insieme al popolo italiano. Questo riconoscimento imprimerà al sistema Italia un impulso decisivo per raggiungere nuovi traguardi».
Lo ha detto la premier Giorgia Meloni in un videomessaggio celebrando l’entrata della cucina italiana nei patrimoni culturali immateriali dell’umanità. È la prima cucina al mondo a essere riconosciuta nella sua interezza. A deliberarlo, all’unanimità, è stato il Comitato intergovernativo dell’Unesco, riunito a New Delhi, in India.
Ansa
I vaccini a Rna messaggero contro il Covid favoriscono e velocizzano, se a dosi ripetute, la crescita di piccoli tumori già presenti nell’organismo e velocizzano la crescita di metastasi. È quanto emerge dalla letteratura scientifica e, in particolare, dagli esperimenti fatti in vitro sulle cellule e quelli sui topi, così come viene esposto nello studio pubblicato lo scorso 2 dicembre sulla rivista Mdpi da Ciro Isidoro, biologo, medico, patologo e oncologo sperimentale, nonché professore ordinario di patologia generale all’Università del Piemonte orientale di Novara. Lo studio è una review, ovvero una sintesi critica dei lavori scientifici pubblicati finora sull’argomento, e le conclusioni a cui arriva sono assai preoccupanti. Dai dati scientifici emerge che sia il vaccino a mRna contro il Covid sia lo stesso virus possono favorire la crescita di tumori e metastasi già esistenti. Inoltre, alla luce dei dati clinici a disposizione, emerge sempre più chiaramente che a questo rischio di tumori e metastasi «accelerati» appaiono più esposti i vaccinati con più dosi. Fa notare Isidoro: «Proprio a causa delle ripetute vaccinazioni i vaccinati sono più soggetti a contagiarsi e dunque - sebbene sia vero che il vaccino li protegge, ma temporaneamente, dal Covid grave - queste persone si ritrovano nella condizione di poter subire contemporaneamente i rischi oncologici provocati da vaccino e virus naturale messi insieme».
Sono diversi i meccanismi cellulari attraverso cui il vaccino può velocizzare l’andamento del cancro analizzati negli studi citati nella review di Isidoro, intitolata «Sars-Cov2 e vaccini anti-Covid-19 a mRna: Esiste un plausibile legame meccanicistico con il cancro?». Tra questi studi, alcuni rilevano che, in conseguenza della vaccinazione anti-Covid a mRna - e anche in conseguenza del Covid -, «si riduce Ace 2», enzima convertitore di una molecola chiamata angiotensina II, favorendo il permanere di questa molecola che favorisce a sua volta la proliferazione dei tumori. Altri dati analizzati nella review dimostrano inoltre che sia il virus che i vaccini di nuova generazione portano ad attivazione di geni e dunque all’attivazione di cellule tumorali. Altri dati ancora mostrano come sia il virus che il vaccino inibiscano l’espressione di proteine che proteggono dalle mutazioni del Dna.
Insomma, il vaccino anti-Covid, così come il virus, interferisce nei meccanismi cellulari di protezione dal cancro esponendo a maggiori rischi chi ha già una predisposizione genetica alla formazione di cellule tumorali e i malati oncologici con tumori dormienti, spiega Isidoro, facendo notare come i vaccinati con tre o più dosi si sono rivelati più esposti al contagio «perché il sistema immunitario in qualche modo viene ingannato e si adatta alla spike e dunque rende queste persone più suscettibili ad infettarsi».
Nella review anche alcune conferme agli esperimenti in vitro che arrivano dal mondo reale, come uno studio retrospettivo basato su un’ampia coorte di individui non vaccinati (595.007) e vaccinati (2.380.028) a Seul, che ha rilevato un’associazione tra vaccinazione e aumento del rischio di cancro alla tiroide, allo stomaco, al colon-retto, al polmone, al seno e alla prostata. «Questi dati se considerati nel loro insieme», spiega Isidoro, «convergono alla stessa conclusione: dovrebbero suscitare sospetti e stimolare una discussione nella comunità scientifica».
D’altra parte, anche Katalin Karikó, la biochimica vincitrice nel 2023 del Nobel per la Medicina proprio in virtù dei suoi studi sull’Rna applicati ai vaccini anti Covid, aveva parlato di questi possibili effetti collaterali di «acceleratore di tumori già esistenti». In particolare, in un’intervista rilasciata a Die Welt lo scorso gennaio, la ricercatrice ungherese aveva riferito della conversazione con una donna sulla quale, due giorni dopo l’inoculazione, era comparso «un grosso nodulo al seno». La signora aveva attribuito l’insorgenza del cancro al vaccino, mentre la scienziata lo escludeva ma tuttavia forniva una spiegazione del fenomeno: «Il cancro c’era già», spiegava Karikó, «e la vaccinazione ha dato una spinta in più al sistema immunitario, così che le cellule di difesa immunitaria si sono precipitate in gran numero sul nemico», sostenendo, infine, che il vaccino avrebbe consentito alla malcapitata di «scoprire più velocemente il cancro», affermazione che ha lasciato e ancor di più oggi lascia - alla luce di questo studio di Isidoro - irrisolti tanti interrogativi, soprattutto di fronte all’incremento in numero dei cosiddetti turbo-cancri e alla riattivazione di metastasi in malati oncologici, tutti eventi che si sono manifestati post vaccinazione anti- Covid e non hanno trovato altro tipo di plausibilità biologica diversa da una possibile correlazione con i preparati a mRna.
«Marginale il gabinetto di Speranza»
Mentre eravamo chiusi in casa durante il lockdown, il più lungo di tutti i Paesi occidentali, ognuno di noi era certo in cuor suo che i decisori che apparecchiavano ogni giorno alle 18 il tragico rito della lettura dei contagi e dei decessi sapessero ciò che stavano facendo. In realtà, al netto di un accettabile margine di impreparazione vista l’emergenza del tutto nuova, nelle tante stanze dei bottoni che il governo Pd-M5S di allora, guidato da Giuseppe Conte, aveva istituito, andavano tutti in ordine sparso. E l’audizione in commissione Covid del proctologo del San Raffaele Pierpaolo Sileri, allora viceministro alla Salute in quota 5 stelle, ha reso ancor più tangibile il livello d’improvvisazione e sciatteria di chi allora prese le decisioni e oggi è impegnato in tripli salti carpiati pur di rinnegarne la paternità. È il caso, ad esempio, del senatore Francesco Boccia del Pd, che ieri è intervenuto con zelante sollecitudine rivolgendo a Sileri alcune domande che son suonate più come ingannevoli asseverazioni. Una per tutte: «Io penso che il gabinetto del ministero della salute (guidato da Roberto Speranza, ndr) fosse assolutamente marginale, decidevano Protezione civile e coordinamento dei ministri». Il senso dell’intervento di Boccia non è difficile da cogliere: minimizzare le responsabilità del primo imputato della malagestione pandemica, Speranza, collega di partito di Boccia, e rovesciare gli oneri ora sul Cts, ora sulla Protezione civile, eventualmente sul governo ma in senso collegiale. «Puoi chiarire questi aspetti così li mettiamo a verbale?», ha chiesto Boccia a Sileri. L’ex sottosegretario alla salute, però, non ha dato la risposta desiderata: «Il mio ruolo era marginale», ha dichiarato Sileri, impegnato a sua volta a liberarsi del peso degli errori e delle omissioni in nome di un malcelato «io non c’ero, e se c’ero dormivo», «il Cts faceva la valutazione scientifica e la dava alla politica. Era il governo che poi decideva». Quello stesso governo dove Speranza, per forza di cose, allora era il componente più rilevante. Sileri ha dichiarato di essere stato isolato dai funzionari del ministero: «Alle riunioni non credo aver preso parte se non una volta» e «i Dpcm li ricevevo direttamente in aula, non ne avevo nemmeno una copia». Che questo racconto sia funzionale all’obiettivo di scaricare le responsabilità su altri, è un dato di fatto, ma l’immagine che ne esce è quella di decisori «inadeguati e tragicomici», come ebbe già ad ammettere l’altro sottosegretario Sandra Zampa (Pd).Anche sull’adozione dell’antiscientifica «terapia» a base di paracetamolo (Tachipirina) e vigile attesa, Sileri ha dichiarato di essere totalmente estraneo alla decisione: «Non so chi ha redatto la circolare del 30 novembre 2020 che dava agli antinfiammatori un ruolo marginale, ne ho scoperto l’esistenza soltanto dopo che era già uscita». Certo, ha ammesso, a novembre poteva essere dato maggiore spazio ai Fans perché «da marzo avevamo capito che non erano poi così malvagi». Bontà sua. Per Alice Buonguerrieri (Fdi) «è la conferma che la gestione del Covid affogasse nella confusione più assoluta». Boccia è tornato all’attacco anche sul piano pandemico: «Alcuni virologi hanno ribadito che era scientificamente impossibile averlo su Sars Cov-2, confermi?». «L'impatto era inatteso, ma ovviamente avere un piano pandemico aggiornato avrebbe fatto grosse differenze», ha replicato Sileri, che nel corso dell’audizione ha anche preso le distanze dalle misure suggerite dall’Oms che «aveva un grosso peso politico da parte dalla Cina». «I burocrati nominati da Speranza sono stati lasciati spadroneggiare per coprire le scelte errate dei vertici politici», è il commento di Antonella Zedda, vicepresidente dei senatori di Fratelli d’Italia, alla «chicca» emersa in commissione: un messaggio di fuoco che l’allora capo di gabinetto del ministero Goffredo Zaccardi indirizzò a Sileri («Stai buono o tiro fuori i dossier che ho nel cassetto», avrebbe scritto).In che mani siamo stati.
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