2019-11-21
La leggenda della manovra «tagliatasse»
che pignora i conti correnti
Il governo insiste con la leggenda della riduzione delle imposte. Ma si tratta solo dello stop all'aumento Iva con i nostri soldi.Il testo in Aula peggiora ogni giorno. L'Ue rimanda il voto della manovra a primavera.Lo speciale contiene due articoliI numeri sono per i tecnici, al volgo è meglio dare in pasto la manovra lessicale. Perché dire la verità se si può, con un abile gioco di prestigio, trasformare una bugia in qualcosa che suona come verosimile? Un esempio. Il ministro dell'Economia, Roberto Gualtieri, ha bellamente affermato che tra Iva, accise e taglio del cuneo ci sono «26 miliardi di tasse in meno». Sui 3 miliardi di taglio del cuneo nulla da eccepire, nonostante si tratti di briciole. Il problema sono gli altri 23 miliardi. Immaginate di essere in affitto in una casa e che il proprietario dell'immobile vi scriva una lettera per annunciare che da gennaio vuole aumentare il canone mensile dagli attuali 1.000 euro a 1.100. Voi protestate. Lui vi suona al campanello, lo fate accomodare e vi chiede al posto dell'aumento di 100 euro per 12 mesi, un prestito di 1.200 euro che non restituirà mai. Dal momento che ha accesso al vostro conto in banca, diventa inutile rifiutare. Tanto effettuerebbe il prelievo in ogni caso. Poi sempre lui, il proprietario di casa, va sui social e scrive su Facebook a tutta la comunità che vi ha ridotto il prezzo dell'affitto di 100 euro per tutto il 2020. Non solo. Si vanta di essere il migliore locatore della città. A quel punto riceve pure una marea di like. E a voi non resta che farvi prendere in giro. Ecco, in sintesi Gualtieri è quel locatore. Con la differenza che tutti i suoi colleghi ripetono la strategia all'infinito nella speranza di arrivare a Natale, approvare la manovra e poi dedicarsi ad altro. L'altro ieri Conte per rafforzare la posizione ha pure aggiunto che chi sostiene che il testo contenga tasse «o è un bugiardo o è in mala fede». Addirittura il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, ha celebrato la manovra come la migliore possibile, ribadendo un messaggio che qualcuno deve avergli fatto imparare a memoria per essere recitato durante il viaggio negli Usa al cospetto dei Clinton. «Bisogna dare forza a una manovra che permette all'Italia di voltare pagina e crescere». Dove stiano gli stimoli alla crescita, resta un mistero. D'altronde non ci sentiamo nemmeno di condannare del tutto Conte, Gualtieri e Zingaretti. Poveretti non hanno alternative. Chi comanda in Italia, ad esempio il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ha scritto il canovaccio e a loro tocca attenersi. Il capo dello Stato ha auspicato che «la leale cooperazione tra le istituzioni tragga nuova spinta da una convergenza sugli indirizzi di bilancio». Tradotto: nessuno al governo o in Parlamento faccia scherzi, la manovra va approvata a ogni costo. Ne va degli impegni presi con l'Europa. Da qui la necessità di stravolgere i numeri (che sono stati regolarmente comunicati a Bruxelles) con lo storytelling. La legge finanziaria contiene, infatti, la bellezza di 12 miliardi di tasse in più rispetto al 2019, oltre a 14 miliardi di deficit che con il tempo diventeranno 14 miliardi di debito. Non solo, contiene anche 3,2 miliardi di euro (solo nel 2020) messi a bilancio come recupero da evasione fiscale. Sappiamo tutti che anche questi miliardi si trasformeranno in nuove imposte. Il Pd si è pure inventato un fondo taglia tasse. Praticamente, si alza il prelievo per recuperare 3 miliardi da inserire in un veicolo che viene accantonato per il prossimo anno. L'obiettivo dichiarato è usarlo nel 2020 per tagliare alcune voci di spesa, quasi sicuramente sarà usato invece per ottemperare alle correzioni che l'Ue ci chiederà la prossima primavera. Esattamente come ieri l'Ue ha ricordato nella lettera di promozione con riserva della manovra destinata al voto in Senato il prossimo 29 novembre. Da qui a quel giorno, purtroppo la situazione può solo che peggiorare. Da un lato Conte, come ha già annunciato darà il meglio di sé nel recitare la parte del «taglia tasse». Il testo redatto del governo è ora vittima degli emendamenti della stessa maggioranza. Un esempio su tutti, la tassazione delle auto aziendali. Il governo ha previsto l'abolizione totale della detrazione per le vetture considerate inquinati. Alla fine dell'iter il taglio verrà limato di un 20%. E a quel punto Conte si vanterà di aver tagliato le tasse sulle auto aziendali. Ma la presa in giro verbale servirà a nascondere le nuove batoste. Sparirà probabilmente la cedolare secca sugli immobili commerciali e al tempo stesso aumenterà la pressione dello stato di polizia fiscale. È infatti spuntato un emendamento che consentirebbe ai Comuni, già da gennaio, di pignorare i conti correnti dei cittadini in caso di multe o bollettini Imu non pagati. Anche senza aver spedito una cartella esattoriale. «Cose da Urss», ha commentato Salvini. Ci sentiamo di dargli ragione. Però Conte venderà l'iniziativa come contrasto all'evasione fiscale. Eppure la sinistra continua a non comprendere perché per gli italiani lui e Gualtieri non siano i migliori locatori possibili.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/raddoppiano-le-tasse-poi-le-limano-un-po-per-vantarsi-dei-tagli-2641413635.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="particle-1" data-post-id="2641413635" data-published-at="1757849648" data-use-pagination="False"> Nel dl fiscale spunta il pignoramento anche per una sola multa non pagata A ciascun giorno la sua pena: ma, nel caso della manovra giallorossa, ogni nuovo giorno porta con sé ben più di una nuova dolorosa scoperta. Ieri, per esempio, hanno destato scandalo e incredulità due questioni. La prima è solo apparentemente una questione di settore, nel senso che potrebbe mettere a rischio 17.000 posti di lavoro: si tratta di un emendamento grillino presentato a Palazzo Madama (prima firma del senatore Giovanni Endrizzi) che, secondo l'accusa dell'Ancod (Associazione nazionale dei centri odontoiatrici), restringerebbe il campo solo alle Stp (società tra professionisti), tagliando fuori tutte le compagini organizzate diversamente (spa, srl, e così via). Durissimo il presidente dell'Ancod Michel Cohen: «Siamo scioccati che passi un provvedimento incostituzionale, chiaramente contrario alla libertà d'impresa, alla libera concorrenza, ma soprattutto senza alcun senso perché sono proprio i gruppi organizzati dell'odontoiatria a offrire soluzioni di qualità alle fasce più deboli, oggi non coperte dai livelli essenziali di assistenza». Ma, tecnicalità a parte, non si capisce che senso abbia per la maggioranza - in termini di opportunità e ragionevolezza - innescare un'altra potenziale crisi occupazionale. La seconda polemica - ancora più fragorosa - riguarda la norma, infilata in manovra, che consente una drammatica velocizzazione della riscossione di multe e tributi locali, consentendo ai Comuni e agli altri enti locali di fare cassa selvaggiamente. L'aspetto più scandaloso è che, già dopo la mancata risposta all'intimazione di pagamento e all'avviso di accertamento, trascorsi 60 giorni, il Comune potrà chiedere di pignorare i conti correnti dei cittadini. In termini di gradimento da parte dell'opinione pubblica, si tratta di un clamoroso autogol per governo e maggioranza, una Caporetto comunicativa: ma, se la misura non verrà modificata, intanto il danno per i contribuenti sarà grave e certo. Nel frattempo, da parte di Bruxelles, è arrivato un primo warning, una sorta di cartellino giallo verso la manovra, che - scrive la Commissione Ue - «pone rischi di non rispetto del Patto di stabilità» o potrebbe innescare «una deviazione significativa dal cammino verso il rispetto dell'obiettivo di medio termine». Bruxelles aggiunge che sussiste il rischio di «non rispetto del benchmark di riduzione del debito» non solo per l'Italia, ma anche per Belgio, Spagna e Francia. Non ha fatto mancare la sua opinione il commissario uscente (e rientrante), il lettone Valdis Dombrovskis: «Invitiamo tutti gli Stati a rischio di non rispetto del patto a prendere le misure necessarie all'interno del processo nazionale di bilancio per assicurare che il bilancio 2020 rispetti le regole: quelli che ci preoccupano di più sono quelli con debiti alti che non sono stati ridotti abbastanza velocemente». A proposito dei quattro Paesi citati, Dombrovskis ha ribadito che «ci si attende che non rispettino la regola del debito» e, in ogni caso, fino ad ora «non hanno usato a sufficienza le condizioni economiche favorevoli per mettere in ordine i loro conti pubblici. E nel 2020 pianificano o nessun significativo aggiustamento o addirittura un'espansione; questo preoccupa perché i debiti molto alti limitano la capacità di rispondere agli shock economici e alle pressioni del mercato». Diversamente dall'anno scorso, però, quando la Commissione minacciava bocciature immediate ed esplicite, con tanto di apertura di procedure, e condiva tutto con dichiarazioni violentissime - a scadenza quotidiana, regolarmente a Borse aperte - da parte dello stesso Dombrovskis e di Pierre Moscovici, quest'anno Bruxelles si è limitata a far sapere che la Commissione Ue (la nuova, a quel punto) tornerà a valutare i conti pubblici in primavera. In altre parole, siamo davanti a una specie di bocciatura postdatata, con l'eventuale conto che potrebbe essere presentato da Bruxelles (forse) al prossimo governo, se nel frattempo il Conte due sarà caduto sotto il peso delle sue stesse fragilità e divisioni: ma a pagare saranno gli stessi contribuenti, gli italiani.