2019-08-18
Questionare sulla tempistica è sterile. Rompere era l’unica cosa sensata
C'è da ridere. Quelli che prima spiegavano a Salvini che doveva fare la crisi di governo per mandare a casa i grillini, adesso spiegano a Salvini che ha sbagliato a fare la crisi di governo, perché così consegna il Paese a un esecutivo 5 stelle-Pd. Il che dimostra che la politica è come il calcio e tutti, in particolare i giornalisti, si sentono allenatori o, per lo meno, segretari di partito.Noi, che non abbiamo mai tifato per la crisi di governo, consapevoli che la rottura dell'alleanza gialloblù sarebbe stata sostituita da una ben peggiore intesa giallo-rossa, pensiamo al contrario che non sia stato sbagliato dichiarare la crisi, perché la crisi, anche se non ufficializzata, era ormai nei fatti e rischiava di logorare i leghisti più che i grillini, i quali - come dimostra Toninelli - sanno logorarsi da soli.Chi ora si precipita a dare addosso a Salvini per sostenere che non ha azzeccato la mossa di aprire la crisi, dimentica di dire che da mesi il governo Conte è paralizzato. L'azione dell'esecutivo è limitata all'ordinaria amministrazione e, a essere onesti, anche quella appare circoscritta a poche misure. L'autonomia che tanto interessava ai leghisti è finita su un binario morto. E la stessa fine ha fatto la Flat tax. A esclusione della Tav, anche le grandi opere sono state messe nel congelatore. Del resto, basta sfogliare le pagine dei quotidiani degli ultimi mesi, ossia dall'inizio della campagna elettorale per le europee, per rendersi conto che ogni decisione è stata rinviata a data da destinarsi. Le cronache, nelle passate settimane, hanno registrato puntualmente le critiche degli imprenditori, in particolare di quelli del Nord, che lamentavano la totale indecisione di Palazzo Chigi. E agli industriali, più volte si sono aggiunte altre categorie, da quelle del commercio a quelle dei lavoratori autonomi. Insomma, tutta l'Italia che produce e che lavora voleva una svolta. Anzi, si lamentava perché il leader leghista sembrava traccheggiare. E i giornali ovviamente soffiavano sul fuoco, alimentando un'attesa impaziente.Come dicevamo, gli stessi che sollecitavano la rottura, adesso sostengono che Salvini abbia sbagliato i tempi. Doveva farlo prima, magari subito dopo le europee, quando aveva il vento in poppa. Premesso che gli ultimi dati disponibili danno la Lega al suo massimo storico (prima della svolta i sondaggi le attribuivano il 38 per cento), dunque con un vento a favore come non si era mai registrato nel passato, ciò che non si capisce è che cosa sarebbe accaduto di diverso se la crisi fosse stata annunciata la prima settimana di giugno o in un'altra data a caso del mese di luglio. Pensano davvero, i commentatori da bar sport, che i grillini si sarebbero fatti macellare senza fiatare? Credono che Matteo Renzi fosse così fesso da non preparare da tempo il dietrofront sull'alleanza con i grillini? Che cosa sarebbe cambiato se la crisi fosse stata un mese prima o un mese dopo? Ve lo diciamo noi: niente, perché i pentastellati e i renziani avrebbero reagito allo stesso modo. Gli esponenti di entrambi i partiti hanno una paura fottuta del voto e tutti sono animati dal medesimo disegno di prolungare la legislatura, consci che con nuove elezioni la maggioranza di loro non tornerà in Parlamento.Peraltro Renzi, che ha idee talmente forti da essere pronto a cambiarle a seconda delle convenienze, come ha più volte dimostrato, ha sempre fatto un'opposizione di convenienza ai 5 stelle. Lui non era e non è, come si è visto, contrario a un'intesa con i grillini. Semplicemente non vuole che la faccia qualcun altro al posto suo. Se l'accordo lo propone lui va bene, se lo tiene a battesimo Nicola Zingaretti no. E poi, a parte la sua storica predisposizione a dire una cosa e a farne un'altra, per immaginare che l'ex segretario del Pd potesse fare un patto con il diavolo non serviva il mago Otelma: bastava ricordarsi che cinque anni prima ne aveva siglato uno con Silvio Berlusconi, che per la sinistra era peggio del diavolo. Che volete che sia dunque un «contratto» con Di Maio? Gli fosse tornato utile, Renzi avrebbe stretto un'intesa pure con Salvini, ma il leader leghista in questo momento è per lui troppo forte e rischierebbe di essere stritolato. Meglio dunque uno debole come il vicepremier e ministro del Lavoro, uno che viene via a poco, per disperazione.Tornando a Salvini, non aveva alternativa. Rimanere in silenzio di fronte al congelamento della Flat tax, dell'autonomia e delle grandi opere, significava essere cotto a fuoco lento e il capo leghista, piuttosto che stare finire bollito, ha preferito rovesciare il pentolone. Finirà male, con la Lega all'opposizione e le Procure in azione per smontare il successo di Salvini come qualcuno immagina e forse si augura? Non lo sappiamo, perché a differenza di altri non solo non abbiamo la palla di vetro e neppure godiamo di informazioni riservate dai tribunali. Comunque vada, cioè che si arrivi in fretta al voto o che la guida del Paese finisca con un'ammucchiata dalla quale la Lega sarà esclusa, Salvini ha fatto bene a uscire dal pantano. Meglio un'opposizione con dignità, che un governo senza vergogna.Ps. Ieri abbiamo titolato «Arriva il governo dell'invasione». Non ci sbagliavamo, come dimostrano le decisioni di Giuseppe Conte, senza Salvini in Italia «porti aperti per tutti». È questo il nuovo contratto di governo? E Berlusconi che fa, passa da meno tasse per tutti a più immigrati per tutti?
Ecco #EdicolaVerità, la rassegna stampa podcast del 16 settembre con Carlo Cambi
Il killer di Charlie Kirk, Tyler Robinson (Ansa)