2018-10-29
Jean-Paul Fitoussi: «Questa Europa farebbe bene a tacere»
L'economista francese: «La Commissione ha fatto per anni politiche sbagliate e ora si lamenta se la gente le vota contro. Il governo di Roma continui a fare ciò che ha promesso: l'austerità produce solo danni, lo capirebbe anche uno studentello».Jean-Paul Fitoussi è uno dei più celebri economisti europei. Insegna all'Istituto di studi politici di Parigi (Sciences Po) e presiede l'Osservatorio francese sulle congiunture economiche. Critico verso le rigidità di bilancio, riflette da anni sul legame tra sviluppo economico e democrazia. In un pomeriggio domenicale ha accettato di conversare a tutto campo con La Verità, ribadendo le sue teorie economiche anti austerity, insieme a una considerazione politica di assoluto buon senso: l'Europa non ripeta sempre gli stessi errori, e prenda atto dei risultati elettorali. Professore, che succede a un certo establishment, alle élite europee? Hanno perso contatto con il popolo?«Possiamo metterla in due modi. Il primo è - appunto - dire che hanno perso contatto con il popolo: ma questo vorrebbe dire che prima questo contatto ce l'avevano… Mi convince di più una seconda spiegazione: le élite tendono a ragionare tra di loro su un'entità astratta. Si dedicano a questa loro riflessione, ma l'entità astratta a cui vogliono così bene non esiste. E da un'entità inesistente non può uscir fuori una buona politica, ovviamente».Insomma, parlano spesso di democrazia, ma hanno dimenticato il «demos»…«Hanno dimenticato che il problema originario dell'Europa (riconosciuto da tutti: anche dagli europeisti) era e continua a essere il deficit democratico dell'Europa stessa. Badi bene: non deficit democratico dei Paesi membri, ma proprio dell'Ue. E questo deficit democratico si vede ancora di più oggi, quando l'Ue ha a propria disposizione strumenti potentissimi come la politica monetaria e la politica della concorrenza». Lei ne parla e ne scrive da tempo, non solo ora…«Ne scrivo da ben prima delle ultime elezioni italiane. È come se l'Ue dicesse ai popoli: “Voi siete in diritto di cambiare alle elezioni i vostri governi, ma non siete in diritto di cambiare politiche, perché non avete gli strumenti per fare questa seconda cosa"». E allora gli elettori si arrabbiano e reagiscono…«Alla fine il deficit democratico è tale che la gente rifiuta la situazione. Vede, se almeno le politiche europee avessero successo, allora forse sarebbe diverso. Ma qui, oltre al deficit democratico che ho descritto, c'è un fatto più grave: le istituzioni Ue vanno di sbaglio in sbaglio. Sbagliano continuamente». Veniamo al caso italiano. Non le sembra che la Commissione europea stia alimentando lo scontro con il governo di Roma? Dichiarazioni continue, ogni giorno, a Borse aperte: vogliono un incidente sui mercati?«Mi fa una domanda difficile. Rispondo così: per me la Commissione farebbe meglio a stare zitta. Se rimpiange o se non le piace il risultato elettorale in Italia, dovrebbe riflettere sul fatto che quel risultato è stato anche dovuto al fatto che le politiche europee di austerità e di sacrificio sono state sbagliate. Tu fai politiche sbagliate per anni? E allora il risultato elettorale va in direzione opposta. Per questo adesso farebbero meglio a tacere». In Europa, rispetto all'Italia, ce l'hanno con qualcuno in particolare secondo lei?«Prendono come pretesto il fatto che non è chiaro che tipo di ideologia sia quella di Salvini. È fascista? Non lo sappiamo. È illiberale? Non lo sappiamo. Per il momento non possiamo saperlo. Forse potrebbe non essere né l'una né l'altra cosa, ma solo un uomo di destra dura. Ma per ora non si può dire con certezza nessuna di queste cose». Però da Bruxelles già sparano…«Pensano di mettere pressione per evitare che le cose vadano in una certa direzione, ma più fanno pressione in questo modo e più producono un risultato opposto ai loro desideri. La gente si arrabbia quando sente la Commissione parlare così». Quindi è più una questione politica che economica. Cosa pensa delle contestazioni su deficit e debito italiano?«Qual è il problema? Dicono che l'Italia ha un debito pubblico pari al 130% del Pil? Vero, ma la media del debito in Europa è del 100% del Pil. È una differenza così enorme? Non credo. Ancora: dicono che l'Italia ha deciso un disavanzo del 2,4%? Ma la Francia ce l'ha al 2,8! E allora… Ma stiamo scherzando?».Ma allora che spiegazione dà di questa volontà di scontro?«Non posso spiegarlo. Intanto direi che non è solo la Commissione, ma complessivamente le istituzioni Ue: se dietro non ci fosse anche il Consiglio Ue, la Commissione non agirebbe così. Ma non si sono accorti che, dalla crisi in Grecia in poi, hanno fatto errori su errori…».Ricapitoliamoli.«Da allora, gli esiti sono: crescita stentata, disoccupazione alta (specie giovanile), e poi hanno perso elezioni su elezioni in giro per l'Europa, con partiti estremi in crescita ovunque, e già diverse democrazie illiberali… Perché continuare così? Davanti a tutto questo, le istituzioni Ue non possono dire che è sempre colpa di qualcun altro». Domanda economica. Usciamo da una crisi, ma la crescita è debole in Europa, e molti indicatori segnalano un possibile ulteriore rallentamento dell'economia. Ha senso, in questo contesto, adottare misure restrittive e punitive?«Questa è una domanda facile. Non ha senso adottare misure di austerità dopo una crisi. Dovrebbero capirlo: è roba da primo capitolo di un libro di testo per studenti del primo anno. Semmai è il momento di rilanciare».Davvero a Bruxelles non lo capiscono?«Ma come? Esci da dieci anni di crisi, e appena arriva una debolissima crescita che spunta e mette fuori il nasino, tu ricominci con altre politiche di austerità? È un errore denunciato da tutti gli economisti: o almeno da quelli che conoscono l'economia. Perché lei sa che ci sono anche economisti che non conoscono l'economia…». Professore, su Bruxelles è stato chiarissimo. Lei cosa suggerirebbe al governo di Roma?«Fare quello che hanno detto, rassicurando i mercati che non ci saranno “derive" ulteriori sul debito. Rassicurando cioè che continueranno a fare quello che hanno annunciato, non altro». Per i prossimi mesi in Europa consiglia un ragionevole riconoscimento delle diversità o l'imposizione di una rigida uniformità?«Non credo sia questa l'alternativa. Ciò che conta per me, a livello europeo, sarebbe avere regole di funzionamento corrette. Se un Paese ha uno choc, consentirgli di affrontare quello choc. Se il problema è lo spread, dargli i mezzi per affrontarlo e trattarlo. Quindi non servono regole rigide: molto meglio scelte più flessibili e discrezionali».
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