2022-02-16
«Quattro consegne di coca a casa». Nelle carte spunta il senatore Cerno
Svelato il nome del politico citato dagli spacciatori. Il dem: la droga era del mio ex.È quello di Tommaso Cerno il nome del parlamentare misterioso a cui l’organizzazione di spacciatori di droga (tra cui il Gbl, noto anche come «droga dello stupro») sgominata a Roma faceva riferimento nelle intercettazioni svelate a ottobre scorso. Allora la Procura di Roma aveva decapitato quella che negli atti viene definita la «famiglia romana», spedendo in carcere 11 persone e altre 28 ai domiciliari. Ma intorno alla notizia che tra i clienti ci fosse anche un senatore, era rimasto un alone di mistero. I pm capitolini infatti non avevano individuato il nome, annotando che «tra i vari episodi di vendita emerge, in particolare, quello riguardante un personaggio dai sodali definito “il politico”, verosimilmente Senatore della Repubblica». E sul tema riportavano i «frammenti delle comunicazioni di interesse, intrattenute con un intermediario». Seguivano gli stralci di una conversazione telefonica tra Clarissa Capone e Danny Beccaria, che secondo la Procura di Roma gestiva il giro della «famiglia» nella Capitale. È il 17 ottobre del 2019 e Beccaria chiama la Capone: «Ce stava er senatore che je servivi». «Il senatore?» domanda la donna al suo interlocutore che risponde: «Quello lì di lungotevere». La Capone commenta: «Ah, il politico». Poco più di un’ora dopo Beccaria è al telefono con un’altra arrestata, Rosa Trunfio, medico odontotecnico con precedenti che secondo l’accusa riforniva lo spacciatore, per dirle che sta andando dal cliente Vip: «Io amore sto andando... dal politico, quello lì che abita davanti alla Cassazione». Nei giorni scorsi la Procura di Roma ha ottenuto il giudizio immediato per una trentina di persone coinvolte nell’inchiesta. E dalle ultime carte è emerso il nome del «politico», indicato proprio in Cerno, giornalista approdato al Senato nelle fila del Pd, che non risulta indagato. A differenza di Beccaria e Capone che vedono i loro guai giudiziari causati anche dalle consegne a casa di Cerno. Consegne che, secondo gli atti, non sarebbero state commissionate direttamente dal senatore, ma da un certo S.M. che «le ordinava anche per conto di Cerno Tommaso». E che non riguardano la «droga dello stupro», ma la più «comune» cocaina. Gli inquirenti annotano quattro consegne che vengono collegate all’abitazione del parlamentare, tutte per un «quantitativo imprecisato». La prima il 9 settembre 2019 «corrispondente alla somma di 930 euro», la seconda tre giorni dopo, la terza il 17 ottobre, in corrispondenza con le intercettazioni, e l’ultima il 25 ottobre. Contattato dalla Verità Cerno ha dato la sua versione, precisando di aver collaborato con gli inquirenti e che «la droga dello stupro non c’entra nulla» e raccontando di aver avuto «un fidanzato, tra l’altro molto intelligente e molto bello, che ha fatto degli errori nella vita», ma ha negato qualsiasi rapporto con gli spacciatori. Ipotizzando che il suo ex «probabilmente avrà avuto qualche incontro per i fatti suoi a casa mia e magari ha fatto uso di cocaina». Aggiungendo: «Questo ragazzo è finito in questa roba di cui non ero a conoscenza». «Uno nella vita può incontrare la persona sbagliata».