
Mentre il sindaco faceva campagna per Stefano Bonaccini, il fratello di una senatrice grillina è stato rapinato: «Circondato da 30 immigrati».Queste vacanze natalizie non saranno sicuramente ricordate con piacere da Massimo Nocerino, il designer di moda italiano famoso a Los Angeles, dove vive da 20 anni, rientrato in Italia per passare le feste nella sua città d'origine, Milano. Qui, nella notte del 29 dicembre, è stato derubato da un gruppo di nordafricani. Come ha riportato il Corriere della sera, l'uomo si trovava verso le 4 insieme a un'amica in Corso Como, per raggiungere uno dei numerosi locali della famosa zona della movida notturna, quando i due si sono trovati accerchiati da una trentina di persone: «La mia amica è riuscita a divincolarsi, mentre io sono stato accerchiato da sette od otto giovani di età compresa tra i 20 e i 28 anni. Non mi hanno minacciato, né picchiato. Usano un'altra tecnica, ti si stringono intorno, in modo che tu non abbia via di fuga, ti vengono addosso, ti parlano, ti distraggono, ti toccano, ti prendono le mani e infilano le loro nelle tasche del tuo giubbotto per derubarti» ha raccontato Nocerino che, nonostante il pericolo, è rimasto calmo. «Appena si sono dileguati, mi sono accorto che mi mancava il telefonino. Per riaverlo, ho offerto del denaro agli altri del gruppo, amici di quelli che mi avevano appena derubato. Hanno provato a portarmi in una via buia per contrattare: sono scappato, perché intuivo che mi avrebbero fregato il portafogli e tutto il resto».Nocerino ha subito sporto denuncia dell'accaduto, facendosi accompagnare dalla sorella, di cui è ospite, la senatrice Simona Nocerino, portavoce del Movimento 5 stelle a Palazzo Madama. Il designer non ha nascosto la sua delusione: «Ci sono rimasto malissimo per questo fatto. Ho l'aereo di ritorno per Los Angeles il 10 gennaio. In California non mi sono mai trovato in pericolo, sarebbe impensabile una cosa del genere». Comprensibilmente, infatti, le due vittime sono rimaste molto turbate da quanto accaduto, un'aggressione avvenuta in maniera indisturbata nel pieno centro di Milano, che dovrebbe quantomeno riportare al centro del dibattito pubblico la questione della sicurezza nel capoluogo meneghino. Se, infatti, la città della Madonnina risulta essere, secondo la classifica del Sole 24 ore, la città italiana dove si vive meglio, la metropoli è anche la meno sicura del Paese, con 7.017 denunce ogni 100.000 abitanti nel 2018, in testa alla classifica dei furti, ma negli ultimi mesi sono stati numerosi anche i casi di stupri, il più noto quello compiuto dal giovane italiano originario del Gabon, che aveva violentato una coetanea davanti alla famosa discoteca Old Fashion, a ottobre.Ma la maglia nera conquistata da Milano in tema sicurezza è notizia passata abbastanza in sordina. Il dato, infatti, non è stato commentato dal sindaco, Beppe Sala, che proprio il 29 dicembre, giorno dell'aggressione in Corso Como, si trovava a Imola, per sostenere Stefano Bonaccini, in corsa per il centrosinistra nelle elezioni regionali in Emilia Romagna del prossimo 26 gennaio, e mettere in guardia i romagnoli dal rischio di una vittoria della Lega: «Questo è un passaggio delicatissimo nella nostra storia, non mettetevi nelle mani di questi qua, questi ci portano alla rovina. Dobbiamo essere coscienti del rischio che questi portano al nostro Paese, questi non hanno la più pallida idea di cosa vuol dire gestire i rapporti internazionali del nostro Paese, e qua si vive di dimensione internazionale» ha detto Sala, rincarando poi la dose contro la candidata leghista, Lucia Borgonzoni: «La Borgonzoni? Per dirla alla milanese, non sa neanche da che parte è girata». A rispondere alla provocazione di Sala, forse preoccupato dell'esito per nulla scontato delle elezioni, ci ha pensato il presidente della Regione Lombardia: «Mi auguro che il sindaco, svestendo solo per un attimo le vesti del ganassa, ci conceda che la dimensione internazionale della Lombardia, cui fa cenno, forse è un po', ma solo un pochino, merito anche nostro» ha detto Attilio Fontana. «Faccio sommessamente presente a Beppe Sala, che io, presidente della Regione Lombardia, sono e mi vanto di essere uno storico appartenente della Lega. Gli ricordo altresì che buona parte della squadra di governo della Regione Lombardia è composta da assessori, competenti e capaci, della Lega. Un quadro politico che, sempre per la cronaca, ci vede assoluti protagonisti in Lombardia da decenni».
Cristiano d'Arena (foto da Facebook)
È Cristiano D’Arena l’ultimo nome finito nell’inchiesta di Brescia: avrebbe venduto a Venditti e Mazza vetture a prezzi bassi in cambio di accordi per favorire un’altra sua società monopolista nel settore delle intercettazioni.
Il supporto tecnico per le intercettazioni, le auto in leasing per la Procura e il ristorante che era diventato il punto di ritrovo della «Squadretta» di investigatori che lavoravano a stretto contatto con l’ex procuratore aggiunto di Pavia, Mario Venditti, e con il sostituto Paolo Pietro Mazza (ora in servizio a Milano). Nell’inchiesta bresciana sulla presunta corruzione dei due magistrati ricorrono i nomi delle società del gruppo imprenditoriale riconducibile a Cristiano D’Arena, titolare della Esitel, monopolista, per molti anni, delle intercettazioni per la Procura di Pavia (comprese quelle del fascicolo del 2017 su Andrea Sempio per il delitto di Garlasco), alla guida della Cr Service che aveva fornito le vetture per le indagini e ospitale gestore del ristorante.
Luca Palamara (Ansa)
La nostra intervista ad Amara mette sotto i riflettori le azioni dei pm. Che così si mobilitavano per pilotare i giornali.
L’intervista rilasciata a questo giornale da Piero Amara ha fatto rumore. Le parole dell’ex legale sulla conduzione delle indagini nell’inchiesta per corruzione (che corruzione non era) nei confronti di Luca Palamara hanno innescato un comunicato dei legali dell’ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati. Gli avvocati, Benedetto Buratti e Roberto Rampioni, dopo avere letto La Verità, hanno annunciato un esposto «per accertare la correttezza dell’operato del pubblico ministero sulla vicenda Palamara».
Ansa
Volkswagen taglia 30.000 posti in Germania e sposta la produzione e lo sviluppo tecnologico più avanzato delle elettriche in Asia. Intanto Rheinmetall smobilita dai siti italiani (Toscana e Abruzzo) che realizzano componenti per vari tipi di veicoli.
Mentre a Belém inizia lo stanco rito della COP (la numero 30), con il consueto corollario di allarmi sulla fine del mondo, in Europa la transizione green prosegue la sua opera di deindustrializzazione e di annientamento del lavoro. Le grandi case automobilistiche, in difficoltà, tagliano l’occupazione e delocalizzano, mentre il governo tedesco, con i consueti magheggi contabili, corregge le politiche climatiche che aveva sbandierato come irreversibili.
Ursula von der Leyen (Ansa)
S&D: «Modifiche di facciata». Carlo Fidanza: «Inaccettabile». Coldiretti: «Fuori dalla realtà».
Dopo la lettera con richiesta di retromarcia, firmata dai capigruppo dei 4-5 partiti che sostengono la sua maggioranza, Ursula von der Leyen tenta di ricomporre l’equilibrio politico attorno al nuovo Quadro finanziario pluriennale dell’Unione europea, ma la mossa sembra aver prodotto l’effetto opposto: le modifiche introdotte per andare incontro alle richieste dei gruppi parlamentari hanno finito per irritare quasi tutti.






