2023-10-26
Quando la ’ndrangheta si finse Agnelli e minacciò Sgarbi: «Lasciaci stare»
Nel 1994 una finta segretaria dell’Avvocato fissò un incontro a Torino per discutere della collezione di quadri «Ma non c’era nessuno. Poi mi chiamò uno sconosciuto, dicendomi: “Possiamo tutto, pensa alla cultura”»Vittorio Sgarbi con alcune domande - che egli ha definito «da capra» - è stato tirato in ballo sulla vicenda della mancata notifica alle Belle Arti di moltissime opere d’arte della collezione privata di Gianni e Marella Agnelli. Il sottosegretario alla Cultura e critico d’arte ha mai avuto a che fare con gli Agnelli per motivi legati alla loro collezione? C’è un episodio curioso e sotto molti aspetti misterioso che gli a distanza d’anni ricorda.«Conoscevo molto bene donna Marella», ricorda Sgarbi, «Una volta sono andato a trovarla a Roma in un palazzo bellissimo, dove c’era addirittura un capolavoro di Bellini. Le opere d’arte che lei aveva erano molto ben selezionate. Avevo chiesto in prestito un Nudo davanti al camino di Balthus ma non era stato possibile concludere. Un sua qualità? Come dicono i saggi cinesi, un essere umano raggiunge la perfezione quando riesce a fare il proprio giardino...».Sgarbi racconta il misterioso e inquietante episodio che gli era capitato ai tempi del suo secondo mandato parlamentare dopo essere stato eletto deputato in Calabria nel 1994: «Un giorno ricevetti una telefonata da una voce femminile che disse di parlare dalla segreteria personale di Gianni Agnelli. Chiedeva la mia disponibilità per un invito a cena a Villa Frescot poiché il presidente della Fiat e Marella volevano parlarmi di questioni legate alla loro collezione artistica e volevano un mio parere. La voce al telefono aggiunse, in particolare, che donna Marella aveva tanto insistito per organizzare quell’incontro, cui teneva molto. Fissata la data, la segreteria di Agnelli mi mandò un fax su carta intestata con le indicazioni per il viaggio su un aereo privato della flotta Fiat. Poi telefonò il giorno prima per le ultime conferme. Un’auto venne a prendermi alla Camera, mi imbarcai a Ciampino. Sbarcato a Torino-Caselle, c’era ad attendermi una vettura che mi accompagnò alla villa in collina scortata da un’altra macchina. Stranamente l’auto non varcò il cancello di Villa Frescot: l’autista mi fece scendere davanti alla postazione dei guardiani, io mi avvicinai all’ingresso mentre le due vetture andarono via. Le guardie mi riconobbero subito, ma dissero che il mio arrivo non era previsto. Chiamarono in villa. Ci fu un certo trambusto: “La preghiamo di aspettare qui. Verrà subito qualcuno”. Dopo una ventina di minuti arrivò una assistente trafelata e molto imbarazzata: “Sono desolata, ma ci dev’essere stato un equivoco. Oggi non era in programma un incontro e tantomeno una cena con lei. Tra l’altro i signori non sono in casa e nemmeno in Italia, sono partiti da un paio di giorni. Ho rintracciato al telefono donna Marella, non sa spiegarsi l’accaduto, è molto dispiaciuta, la chiamerà al più presto».L’assistente - prosegue Sgarbi - «mi fece attendere in un salone mentre telefonava al capo della sicurezza Fiat. Poco dopo arrivò un signore che si presentò come responsabile della loro security interna e volle conoscere i dettagli della vicenda. Raccontai del fax, dell’aereo, delle auto. Richiamò la centrale che nel frattempo aveva già effettuato dei controlli, e mi disse: “Onorevole Sgarbi, quanto è accaduto è un autentico mistero. Lei ha viaggiato a bordo di un aereo che non era il nostro e l’auto di Roma così come le due di Torino non appartengono alla nostra flotta. Immagino che lei non avrà annotato né ricorderà il numero di immatricolazione segnato sulla carlinga dell’aereo. Comunque stiamo abbiamo già chiesto notizie sui voli a Ciampino e a Caselle negli orari da lei indicati. Tra poco ci diranno chi ha noleggiato quel velivolo”».«L’assistente fu molto gentile e mi chiese con quale mezzo preferissi ripartire e dove volessi essere portato», prosegue Sgarbi nel suo racconto, «mi feci accompagnare in auto a Milano. Non riuscivo a spiegarmi ciò che era accaduto. Pensai anche a uno scherzo ma sembrava impossibile: era molto costoso e complicato riuscire a mettere in piedi una organizzazione del genere. A quell’epoca possedevo uno dei primi modelli di cellulari, ma aveva solo 50 minuti di autonomia e ci volevano quattro ore per ricaricarlo. Solo la mattina dopo riprese a funzionare. La prima telefonata che ricevetti mi fece capire tutto. Era la voce di uno sconosciuto che mi dava del tu: “Professore caro, hai visto come siamo potenti, organizzati, efficienti? Per noi non ci sono limiti. Possiamo fare tutto, possiamo arrivare dappertutto. Pensa bene a quello che ti è accaduto e mettiti in testa che possiamo fare di te quello che vogliamo. Mi raccomando: lascia perdere certi discorsi che vai facendo in giro, non ti scaldare troppo, pensa alla cultura, all’arte, alle ragazze ma non ti occupare di altro. Hai capito bene?”».«All’improvviso riuscii a comprendere che cosa era accaduto», conclude Sgarbi, «da alcune settimane avevo fatto molti interventi pubblici in giro per la Calabria, sia durante la campagna elettorale sia dopo essere diventato deputato, puntando il dito contro la piaga peggiore che mi impegnavo a combattere e che schiacciava quella regione e l’intero Sud: la criminalità organizzata, la ‘ndrangheta, la mafia. Evidentemente avevo dato fastidio a qualcuno e mi avevano mandato quell’avvertimento. Come dire: “Guarda che cosa siamo in grado di fare e che cosa possiamo organizzare. Ti facciamo salire su un aereo, ti facciamo girare di qua e di là. È meglio se la smetti, altrimenti possiamo andare anche oltre”. Ne parlai con un alto magistrato il quale mi rispose: “È una storia interessante e istruttiva. Ma sono stati talmente abili da non commettere alcun reato, tantomeno il sequestro di persona. Al massimo si tratta di sostituzione di persona o millantato credito. Questo dimostra quanto siamo temibili e quanto alto sia il loro livello”. E tutto è finito lì», conclude Sgarbi.
(Totaleu)
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