2019-10-30
Quando firmò il parere legale, per i giornali l’avvocato Conte era sull’uscio di Palazzo Chigi
La difesa «non immaginavo di governare» crolla. Il 14 maggio era in lizza con Giulio Sapelli. E la fattura per la consulenza (15.000 euro) riporta in luce lo studio condiviso con Guido Alpa.«Il silenzio è d'oro, avvaletevi». Anni fa un penalista celebre a Milano aveva un biglietto da visita e sul fronte riportava l'articolo 64 del codice di procedura con l'aggiunta della personalizzazione. Una chicca tale da trasformare un codice freddo in un motto valido per tutte le situazioni. Il premier Giuseppe Conte evidentemente non ha mai incontrato quel celebre avvocato. Infatti dopo l'uscita dell'articolo del Financial Times che lo collegava ai fatti vaticani e alle scalate di Raffaele Mincione ha diffuso ben due note di precisazione nelle quale ha infilato così tanti particolari da ritrovarsi ora a dover dare molte più risposte di prima. Domenica sera a poche ore dal rilancio dell'Ft, il premier avrebbe potuto semplicemente replicare che quanto contenuto nell'articolo era già stato scritto dai quotidiani italiani e che Palazzo Chigi aveva già smentito. Invece, il portavoce di Conte ha tenuto a precisare che quando è stato firmato il parere pro veritate non si sarebbe potuto immaginare che da lì a poco ci sarebbe stata la nomina a presidente del Consiglio. La firma del documento risale invece al 14 maggio del 2018. Solo due settimane prima dell'ascesa di Conte a Palazzo Chigi. Soprattutto, la mattina del 14 uno dei principali quotidiani italiani, La Repubblica, pubblicava un lungo articolo sul toto nomi e dopo aver citato il professor Giulio Sapelli, aggiungeva: «Un altro il nome circolato in queste ore è quello del giurista Giuseppe Conte, area 5 stelle (era nel totoministri del Movimento). Un nome che sarebbe stato fatto anche dalla delegazione grillina al Colle. Fonti del Movimento assicurano che la candidatura è sul tavolo», si può leggere nel medesimo articolo ancora online, «ma per ora la carta resta coperta e sarà svelata solo dopo la chiusura del contratto di governo». Possibile immaginare che il giorno prima i giornalisti del quotidiano fondato da Eugenio Scalfari ne sapessero più del diretto interessato? Il quale sempre il 14 deve aver omesso anche la lettura dell'Huffington Post. Nel pomeriggio il sito titolava: «Inizia il gran falò. Prima Sapelli, poi Conte: bruciano i premier tecnici. L'economista in quota Lega bocciato da M5s. Il secondo ha un profilo debole che prelude a un governo debole». Diciamo che la direzione del sito non ci aveva molto azzeccato. Le cose vanno diversamente. Ma difficile sostenere che il nome dell'avvocato non fosse circolato. Tanto più che dalla fattura pubblicata ieri dal settimanale L'Espresso si evince chiaramente che il parare è datato il 14 maggio e che il saldo viene emesso in data 29. Praticamente due giorni prima della nomina a premier e nove giorni prima che il Consiglio dei ministri alla sua prima riunione si occupi proprio della materia su cui Conte da avvocato ha deliberato poco prima. Di fatto invocando l'intervento del governo. Dalla fattura emerge anche un altro dettaglio fondamentale. L'indirizzo è il medesimo dello studio di Guido Alpa. E quindi bisogna ricollegarsi alla seconda nota diffusa dal premier lunedì sera, sempre in risposta all'articolo dell'Ft. Nel testo diffuso dal portavoce si tiene a precisare che Conte non ha mai incontrato i vertici di Fiber 4.0, la società impegnata nella scalata a Retelit. E soprattutto non ha mai incontrato Mincione. Diamo per scontato che la dichiarazione sia al 100% vera. Il che apre ai seguenti interrogativi? Chi ha chiesto all'avvocato Conte di redigere un parere così delicato? Una società per tali richiesta di solito si affida a famosi studi specializzati o a legali di fiducia. In questo caso Fiber 4.0 come è arrivata a Conte? Non vorremmo che sia stato lo stesso Alpa a girare la richiesta a Conte. Alpa già conosceva il finanziere italo londinese, ma non avrebbe potuto fargli da consulente. Alpa era all'epoca il legale di banca Carige e Mincione attraverso il fondo Athena stava avviando una sorta di scalata alla banca genovese. Sarebbe stato un conflitto d'interessi insostenibile. Se però fosse così si aprirebbe un altro tema piccante. Perché mettere lo stesso indirizzo dello studio del maestro Alpa? Se saltasse fuori che Conte da avvocato lavorava per il suo maestro, il premier si troverebbe ora dover dare altre spiegazioni. Lo scorso anno aveva infatti negato un rapporto di lavoro e lo aveva fatto per difendersi da un altro potenziale conflitto di interessi. Alpa è infatti colui che lo giudicò idoneo all'insegnamento. Se non bastasse ieri si è tenuta la tanto attesa audizione a Gennaro Vecchione, capo del Dis, da parte del Copasir. Tra i tanti argomenti affrontati a quanto risulta alla Verità c'è proprio quello del 5G e nello specifico delle scelte presa dal cdm del 7 giugno 2018 in merito a Retelit. Visto i poteri del Copasir, Vecchione ha il dover di fornire informazioni dettagliate per spiegare se fosse proprio necessario applicare lo scudo del golden power su quella società contesa. Le risposte sono coperte da segreto. Ma concorrono a formare la grande montagna di interrogativi che anche il Parlamento rivolgerà al premier. E a quel punto ogni dettaglio in più potrebbe essere una spina. Non è consentito contraddirsi davanti al Comitato parlamentare che deve garantire la sicurezza nazionale.
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