2022-12-28
Pure per il genero di Panzeri vacanze da sogno in Marocco
L'hotel La Mamounia di Marrakech. Nel riquadro, Manfred Forte.
Lo sloveno Manfred Forte doveva alloggiare gratis con la famiglia dell’ex parlamentare nel lussuosissimo Mamounia, 4.500 euro a notte. Poi gli arresti e ciao vacanza. I servizi: «L’uomo di Articolo 1 e Cozzolino a libro paga dal 2019».«Panzeri e Cozzolino a libro paga dal 2019 per levare il Marocco dagli Stati canaglia». I servizi belgi e olandesi: lobby sulla lista di chi non rispetta i diritti umani. L’ex europarlamentare e Nicolò Figà-Talamanca restano in cella. Neanche in Vacanze di Natale c’era un tale sfoggio di ricchezza cafona. Ma la famiglia Panzeri evidentemente non si preoccupava di essere scambiata per il cast dei cinepanettoni. E anche questa volta al suo referente marocchino, l’ambasciatore marocchino Abderrahim Atmoun, Pier Antonio aveva chiesto di non badare a spese per la trasferta di Capodanno con moglie, figlia e «genero» al seguito: nove notti, dal 27 dicembre al 5 gennaio, nell’hotel (con Spa-hammam di 2.500 metri quadrati) forse più iconico di tutta l’Africa, La Mamounia di Marrakech, una settecentesca casa principesca con giardino, trasformata in albergo nel 1923 e di cui sir Winston Churchill ebbe a dire: «Questo è il posto più incantevole del modo». Ieri non era possibile prenotare un soggiorno nello stesso periodo per poter verificare il costo della vacanza, ma dal 6 al 7 gennaio, secondo le agenzie di viaggi online, il prezzo era di circa 4.500 euro per una notte. Cioè 40.000 euro per il solo pernottamento di quattro adulti.Nelle intercettazioni depositate agli atti dell’inchiesta belga sulla corruzione all’europarlamento emerge la trattativa portata avanti dall’ex eurodeputato del Pd Panzeri per ottenere la vacanza da mille e una notte che, purtroppo per lui, è stata sostituita da un soggiorno nelle più scomode galere belghe.Ieri il quotidiano La Repubblica ha scritto che da alcune conversazioni è emerso che Panzeri avrebbe chiesto di garantire il soggiorno a spese di Atmoun «anche per la figlia e il marito». Il diplomatico avrebbe rifiutato, ma con tono scherzoso, rispondendo con «sei un rompiscatole», frase a cui sarebbe seguita una sonora risata.Ma il quotidiano romano sorvola sull’identità del presunto «marito», considerandola evidentemente poco significativa. Invece l’informazione è tutt’altro che irrilevante. Si tratta infatti con ogni probabilità dell’attuale compagno di Silvia Panzeri, il cinquantaseienne barista sloveno Manfred Forte. La donna sta scontando i domiciliari nella loro abitazione in via Castel Morrone e lui tratta i giornalisti da nemici. «Mi disturba moltissimo» ci ha fatto sapere ieri, prima di togliere la sua foto profilo su Whatsapp. Ma noi ne avevamo già salvate alcune da Internet che tradiscono la vocazione da dandy dell’uomo.La compagna Silvia, avvocato, a quanto ci risulta, veniva rifornita mensilmente di abiti firmati da una boutique di Morbegno (Sondrio), ma la donna avrebbe bloccato le forniture dopo il sequestro dei suoi conti.Anche la figlia ventottenne di Manfred, residente in provincia di Cremona, ma assistente alla poltrona di un dentista peruviano in provincia di Bergamo (il regno di Panzeri), non è stata più collaborativa e quando le abbiamo citato il nome del padre e della Panzeri, ha interrotto la telefonata piuttosto bruscamente. Ma l’argomento che sembra infastidire Forte più di tutti gli altri è il ruolo che lo stesso ha ricoperto all’interno della Equality consultacy, la società che aveva l’obiettivo di «sviluppare reti tra diversi soggetti, Ong, organizzazioni imprenditoriali e controparti nei Paesi terzi» per creare «legami economici e culturali più forti all’interno dell’Ue e nei suoi Stati membri». Il 40 per cento delle quote è stata ceduta a lui subito dopo che Panzeri ha lasciato l’europarlamento e probabilmente non c’era più bisogno di quella scatola per spuntare ricchi contratti anche da parte di clienti istituzionali.Forte non ha voluto spiegarci chi fosse a pagare le prestazioni e perché abbia accettato di accollarsi le quote di una società poco dopo messa in liquidazione e che aveva visto scendere il fatturato da 240.000 euro a 80.000, costringendo lui e altri due soci a ripianare un disavanzo di 50.000 euro. Tutte decisioni prese probabilmente nel segreto delle ristrette riunioni famigliari. Fatto sta che la trentottenne giuslavorista Silvia si è vista sequestrare 200.000 euro sul conto corrente. Una cifra considerevole, se confrontata alle dichiarazioni della legale e di Manfred che non sembrano giustificare risparmi tanto cospicui. Per esempio Forte ha denunciato un reddito imponibile intorno ai 14.000 euro.Magri emolumenti che rendono la vita dorata al fianco dei Panzeri la sua vincita al superenalotto. Da salvaguardare con la grinta che l’uomo sta mostrando con i cronisti. Oppure con pubbliche dichiarazioni d’amore come questa: «Pensieri che sono fatti di desideri che affondano nei sogni che esprimo a parole che nascono dal cuore… ti amo».Sino a pochi giorni fa, ovvero fino a quando La Verità non ha pubblicato la sua foto mentre serve gli spritz ai tavoli, il suo lavoro di barista gli permetteva di condurre la sua (doppia) vita in modo del tutto insospettabile.Quella di un uomo con il 5 per cento delle quote di un bar milanese con i conti in rosso, con intestata una Fiat Tipo e poco altro.Certo non era facile immaginare che potesse essere coinvolto nelle attività del suocero aspirante James Bond. Al punto da essere ingaggiato come rottamatore di una delle società riconducibili alla associazione per delinquere accusata di corruzione e riciclaggio e da essere messo in lizza per andare in vacanza a spese dei servizi segreti marocchini.Manfred, originario della località montana di Maribor, con quell’aspetto da maestro di sci piacione e con un matrimonio alle spalle, deve aver pensato di avere fatto bingo con quella nuova compagna di quasi vent’anni più giovane. E sino al mese scorso tutto sembrava filare liscio.A settembre, però, ha avuto un problema con i suoi conti correnti. Un sms apparentemente inviato da un circuito bancario lo ha invitato a collegarsi a un link per accedere alla propria area personale poiché risultava in corso un accesso abusivo da Lugano su una delle sue carte di debito. Da quel momento, contattato da un presunto operatore, è stato invitato a compiere operazioni sulle app di due diverse banche e a fornire i codici che hanno consentito all’ignoto interlocutore di operare sui suoi conti. Per questo Manfred è andato a sporgere denuncia. Ma, in questa spy story internazionale in cui i servizi segreti di diversi Paesi si fanno la guerra, anche quella che a prima vista potrebbe sembrare una normale truffa telefonica forse merita di essere approfondita con grande attenzione. Ha collaborato Giorgia Chiodo<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="True" data-href="https://www.laverita.info/pure-per-il-genero-di-panzeri-vacanze-da-sogno-in-marocco-2659016608.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="panzeri-e-cozzolino-a-libro-paga-dal-2019-per-levare-il-marocco-dagli-stati-canaglia" data-post-id="2659016608" data-published-at="1672186494" data-use-pagination="False"> «Panzeri e Cozzolino a libro paga dal 2019 per levare il Marocco dagli Stati canaglia» La Repubblica Emergono nuovi retroscena sull’attività di lobbing portata avanti dai servizi segreti marocchini che ha fatto esplodere il cosidetto Qatargate. Siamo alla fine del 2021, e a Bruxelles si lavora a un documento, una sorta di black list dei Paesi che non rispettano i diritti umani. Le autorità di Rabat si attivano per evitare che il Marocco finisca nell’elenco. Dalla loro, secondo le informazioni raccolte dai servizi segreti belgi e olandesi e confluite nell’inchiesta, almeno due figure di spicco che sarebbero state a libro paga dell’intelligence marocchina già dal 2019. Si tratta dell’ex eurodeputato Pier Antonio Panzeri e del suo collega (tutt’ora in carica) Andrea Cozzolino, che si è sempre dichiarato estraneo alla vicenda. Per gli 007 di Bruxelles e Amsterdam i due sarebbero stati dei veri e propri «agenti» che curavano gli interessi del Dged (il servizio segreto marocchino). La posta in gioco però è alta e le barbe finte di Rabat cercano una ulteriore sponda in Olanda, dove vanno in trasferta per avvicinare fisicamente alcuni europarlamentari. Il tentativo viene però denunciato alle autorità, dando il via alla prima fase dell’inchiesta. Per l’intelligence belga e per quella olandese il coinvolgimento con il Dged di Cozzolino e Panzeri sarebbe provato anche da un episodio legato ad Abderrahim Atmoun, diplomatico di Rabat di cui La Verità ha raccontato i rapporti con Panzeri e la sua famiglia. Quando Atmoun viene trasferito a Varsavia (dove è attualmente ambasciatore del Marocco) gli 007 avrebbero proposto a Cozzolino e Panzeri un nuovo interlocutore. Sentendosi, però, rispondere dai due politici che il loro riferimento doveva continuare a essere Atmoun, che quindi avrebbe continuato a fare la spola tra Varsavia a Bruxelles. Intanto, i nuovi atti depositati dagli inquirenti belgi offrono ulteriori elementi sulll’incontro tra Panzeri e Ali Ben Samikh al-Marri, ministro del Lavoro del Quatar svelato dalla Verità il 17 dicembre. L’ordine europeo di indagine (Oie) trasmesso dal giudice istruttore belga Michel Claise ai colleghi della Procura di Milano che La Verità ha avuto modo di visionare, aveva infatti reso noto l’incontro. Che veniva associato alla successiva consegna da parte di Panzeri di tre buste contenenti circa 50.000 euro in contanti a Luca Visentini segretario generale (sospeso) della Confederazione internazionale dei sindacati. Ma dalla ricostruzione completa fatta dagli investigatori e dagli 007 della Sûreté nationale emergono nuovi dettagli. Ad esempio quello che al meeting con il ministro ha partecipato anche Francesco Giorgi, già assistente di Panzeri e compagno dell’ex vice presidente del Parlamento Europeo Eva Kaili. Nel tardo pomeriggio del 10 ottobre scorso, i due si recano all’hotel Steigenberger Wiltcher’s, un lussuoso 5 stelle situato nel centro della capitale belga. Poco dopo le 17 davanti all’albergo si è fermato un piccolo corteo formato da tre Mercedes nere, con targa diplomatica del Qatar. Secondo la ricostruzione degli investigatori di Bruxelles Ben Samikh al-Marri prende alloggio in una suite ubicata al quarto piano. Ed è lì che intorno alle 18 Panzeri e Giorgi lo raggiungono. Nei fermo immagine estratti dalle telecamere si vede Panzeri con in mano una borsa. Morbida, il che permette agli inquirenti di valutare e annotare che sembra vuota. Giorgi arriva nella hall con un passeggino con dentro la figlia di venti mesi avuta con la Kaili. Due membri dello staff della delegazione diplomatica di Doha li accompagnano nella suite del ministro. Dietro ai due italiani, un terzo uomo del Qatar, che ha con sé un trolley. Dopo mezz’ora Giorgi scende brevemente nella hall, dove lo aspetta una persona non identificata a cui affida la bambina, poi risale e lui e Panzeri restano nell’hotel per un’altra ora. Quando l’ex eurodeputato lascia l’albergo per gli investigatori però qualcosa è cambiato. La borsa «sembra più piena», annotano, dopo aver evidenziato il dettaglio del fermo immagine con un cerchio rosso. L’ipotesi è che in quella circostanza ci sia stato una consegna di denaro, con il trolley dell’uomo di Doha che in realtà sarebbe stato una sorta di cassaforte. L’Oie trasmesso alle autorità italiana evidenziava che quello stesso giorno gli investigatori di Bruxelles avevano pizzicato Visentini (che è l’unico tra gli arrestati ad essere stato rilasciato) mentre riceveva tre buste a loro avviso piene di euro nell’ appartamento di Bruxelles di Panzeri. Gli inquirenti collegano però l’incontro con il ministro qatarino anche al viaggio in Qatar di Panzeri e Visentini del 22 ottobre. I due viaggiano sullo stesso aereo, un volo Parigi-Doha della Qatar Airways. I biglietti dei due, annotano gli investigatori belgi, sono stati emessi in Qatar. Una circostanza che li porta a ipotizzare che i due siano stai ospiti del governo qatarino. Il viaggio avrebbe avuto lo scopo di illustrare a Visentini alla vigilia dei mondiali di calcio i presunti progressi del Qatar in materia di diritti dei lavoratori. Sul fronte processuale ieri la Corte d’appello di Bruxelles ha deciso di annullare la decisione di prima istanza (sospesa in attesa del giudizio di ieri) sulla concessione del braccialetto elettronico per Nicolò Figà-Talamanca e prolungare la custodia cautelare. Per Panzeri, invece, su richiesta dello stesso imputato l’udienza è stata spostata al 17 gennaio.