2020-05-08
Pure gli agricoltori lo confermano: inutile la sanatoria degli immigrati
Confagricoltura boccia la ricetta tutta ideologica del governo: «Solo pochi dei regolarizzati verrebbero al lavoro nei campi».«Temo che pochi dei 600.000 immigrati che si intendono regolarizzare verranno impiegati in agricoltura». Indovina indovinello: chi l'ha detto secondo voi? Il solito Matteo Salvini? Un deputato leghista in vena di strumentalizzazione (ah quanto piace la parola strumentalizzazione)? Un lumbard razzista con il cuore di pietra? Macché. L'ha detto Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura, il leader dell'associazione che per prima ha lanciato l'allarme della mancanza di manodopera per raccogliere nei campi. Giansanti dice che, per sopperire alla mancanza di quella manodopera, la maxi sanatoria sarà inutile. La domanda semplice semplice è: allora perché la si vuol fare lo stesso?Il presidente di Confagricoltura non è l'unico a considerare la regolarizzazione dei clandestini la risposta sbagliata al problema della raccolta. Anche gli assessori all'agricoltura di ben sette regioni (Lombardia, Veneto, Liguria, Trentino, Friuli Venezia Giulia, Abruzzo e Basilicata) hanno scritto al ministro Teresa Bellanova, convinta sostenitrice della sanatoria, sostenendo che quest'ultima «non risponde alle esigenze del mondo agricolo» e finirà soltanto «per aumentare l'area grigia e illegale del caporalato». Ora gli assessori, a differenza del presidente di Confagricoltura, sono dei politici. Ma sono anche quelli che, tutti i giorni, hanno a che fare con gli operatori del settore. Se dicessero il contrario di quello che è nella realtà, finirebbero inseguiti dai forconi. Dunque, nella grande confusione generale, possiamo trarne due elementi di assoluta certezza. Primo: il problema della raccolta esiste? Certo che sì. Secondo: il problema della raccolta può essere risolto dalla sanatoria degli immigrati? Certo che no. Secondo la Coldiretti, il 40% della frutta e della verdura rischia di rimanere a marcire nei campi. Asparagi, fragole, albicocche, meloni: i frutti sono maturi per essere staccati dalle piante e portati sui mercati di tutto il mondo. Ma mancano almeno 250.000 persone che lo facciano. Un po' strano, no? In un Paese in cui all'inizio dell'emergenza c'erano due milioni e mezzo di disoccupati e alla fine rischieranno di essercene forse un milione in più; in un momento in cui ci sono undici milioni di persone che chiedono la cassa integrazione; in una fase in cui non si parla altro che di aziende chiuse e posti di lavoro bruciati; ebbene: possibile che si debba ricorrere alla sanatoria dei clandestini per raccogliere barbabietole e patate?La frase ritornello in questi casi è «gli italiani non fanno più certi lavori». Davvero? Ammesso che sia stato vero in passato, oggi non può più esserlo. Pensateci: stiamo ripetendo da settimane che è cambiato il mondo, abbiamo scritto mille volte che nulla sarà più come prima. Possiamo poi accettare che l'unica cosa che non cambia sia questa? Cioè il fatto che un ragazzo italiano non vuole andare a raccogliere ciliegie o asparagi? E perché? Non è un lavoro come gli altri? Nobile forse più di altri? Non è quello che abbiamo fatto più o meno tutti quando eravamo ragazzi, per mettere via due soldi per vacanze o motorino? E adesso i nostri figli o i nostri nipoti non possono farlo? E perché mai? Sicuri che non vogliano farlo? E se non volessero davvero farlo, siamo sicuri di non poterceli mandare a calci nel sedere? Certo: bisogna trovare in fretta gli strumenti per rendere tutto più agevole. Meno burocratico. Magari introducendo i famosi voucher, che permetterebbero pagamenti ai lavoratori saltuari in modo più rapido e più snello. Magari trovando, nei 55 miliardi del prossimo decreto aprile-che-è-già-diventato-maggio-sperando-che-non-diventi-giugno, un po' di soldi per sostenere il settore, in modo da offrire paghe non da fame. Magari abolendo le norme assurde che oggi impediscono a chi è in cassa integrazione di lavorare temporaneamente nei campi. Magari reintroducendo l'obbligo per chi prende il reddito di cittadinanza di accettare un lavoro, quando c'è (obbligo incredibilmente sospeso dal Cura Italia). Magari spingendo i centri di lavoro a chiamare i 2 milioni e mezzo di persone che prendono il reddito di cittadinanza dicendo loro: vai a raccogliere le fragole? No? Allora addio sussidio. Magari cercando di rendere il lavoro nei campi, per quanto possibile, attraente e trasparente. Magari. Ma se il mondo deve cambiare, possibile che non si possa cominciare di qui? No, si preferisce dire che l'unica soluzione al problema è la sanatoria degli immigrati. Perché? Perché sono in malafede. Perché dicono bugie per nascondere ciò che non saprebbero come spiegare. Se vogliono la sanatoria, abbiano il coraggio di sostenerla fino in fondo, per quello che è. Una scelta ideologica. Senza nascondersi dietro le cassette di frutta e di verdura. Prima di tutto perché, come è assodato, la sanatoria non risolverà il problema della raccolta nei campi (ripetiamo: «Pochi degli immigrati che si vogliono regolarizzare verranno impiegati nei campi», Confagricoltura dixit). In secondo luogo perché è assurdo che non si pensi prima a far lavorare i milioni di italiani che sono rimasti e rimarranno senza occupazione, creando le condizioni perché lo possano fare in modo dignitoso. Sarebbe una beffa vedere milioni di ex lavoratori italiani, dopo anni di versamenti Irpef, costretti a mettersi in fila alla Caritas per non morire di fame, mentre 600.000 ex clandestini, che non hanno mai versato un euro di tasse, beneficiano degli aiuti di questo disgraziato Paese. Un Paese che i nostri padri e nonni hanno costruito con mille sacrifici. E che quei 600.000, grazie a Bellanova & C, contribuiranno a distruggere.