2022-09-16
Psicosi a sinistra sul battito del feto
Emma Bonino (Imagoeconomica)
Emma Bonino semina zizzania: «Meloni se vince copierà l’Ungheria di Orban». In Umbria ci sarebbero donne «già costrette a sentirlo» per Verdi e progressisti. Ma non è vero.Il dibattito sull’aborto, in Italia, resta dominato da un paradosso: quello per cui vengono tacciati d’essere nemici delle donne quanti non fanno altro che chiedere l’applicazione della legge 194. Se n’è avuta prova anche ieri, con Giorgia Meloni che, impegnata in un comizio a Genova, ha scandito parole subito diventate oggetto di discussione. «Vogliamo dare il diritto alle donne che pensano che l’aborto sia l’unica scelta che hanno», ha sottolineato la leader di Fratelli d’Italia, «di fare una scelta diversa. Non stiamo togliendo un diritto ma aggiungendolo».«Non voglio abolire la 194, non voglio modificarla», ha altresì precisato Meloni, «ma applicarla integralmente anche nella parte che riguarda la prevenzione». Una precisazione prudenziale quest’ultima, forse volta a scongiurare polemiche come quelle di fine agosto tra Chiara Ferragni e Fdi proprio su questo tema,, che però non è bastata a prevenire critiche puntualmente piovute sull’esponente conservatrice più accreditata dai sondaggi all’ascesa a Palazzo Chigi. Emma Bonino, parlando alla stampa estera in Italia, ha per esempio escluso che da noi si vada verso il divieto della pratica abortiva («non credo che il diritto all’aborto in Italia sia a rischio a livello legislativo»), ma ciò non le ha impedito di sollevare un sospetto, e cioè che come «in Ungheria a Orban è venuta fuori l’idea di far sentire il battito cardiaco del feto, magari Meloni lo copierà. Ma non credo che Meloni metterà in discussione la 194: penso che lo farà in modo più subdolo e quindi più difficile da contrastare».Anche per Laura Garavini di Italia Viva, Meloni continuerebbe «a essere ambigua sul diritto all’aborto». Il fatto che sia la stessa legge 194, all’articolo 5, a prescrivere che «il consultorio e la struttura socio-sanitaria, oltre a dover garantire i necessari accertamenti medici», debbano, dinnanzi alla gestante che pensasse di abortire, offrirle «possibili soluzioni dei problemi proposti» aiutandola a «rimuovere le cause che la porterebbero alla interruzione della gravidanza» - e che tale disposizione di rado sia applicata -, a quanto pare, non è un problema né per Garavini né per Bonino. Ciò che conta pare essere solo la polemica, possibilmente facendo passare l’idea che l’Italia, come lasciato intendere dalla storica leader radicale, sia vicina al seguire l’Ungheria di Orban.A tal proposito, Elisabetta Piccolotti ed Eleonora Evi di Verdi-Sinistra Italiana sono, nelle scorse ore, intervenute dicendosi in possesso di «segnalazioni che in Umbria stia già accadendo quanto accade nell’Ungheria di Orban, e cioè che le donne che chiedono l’interruzione di gravidanza siano costrette ad ascoltare il battito del feto. Una gravissima forma di pressione psicologica». «Dal 15 settembre», ha precisato Piccolotti, «ci sono donne costrette ad ascoltare il battito del feto, vengono addirittura fatte tornare in ospedale più volte perché all’inizio non si riesce ad ascoltarlo».Affermazioni alle quali ieri, nel giro di poco, ha replicato direttamente l’assessorato regionale alla Salute, ribattendo che «in nessuna Azienda sanitaria o ospedaliera della Regione Umbria, risulta che le donne che chiedono l’interruzione di gravidanza siano costrette ad ascoltare il battito del feto». Non solo. Le istituzioni umbre hanno chiesto a chiunque sostenga il contrario di circostanziare «in modo da permettere alle autorità sanitarie di procedere con le opportune verifiche», dato che si parla di «un fatto che lede fortemente i diritti delle donne».In effetti, pare strano che in Umbria l’aborto sia ostacolato: l’ultima relazione sull’applicazione della 194 - firmata da Roberto Speranza, non da Meloni - dice come nella Regione si contino 824 aborti annui, oltre 2,2 al giorno domeniche incluse. Certo, sono dati 2020, ma sono pure gli ultimi disponibili e di più, ora, è difficile dire. Sulle «segnalazioni che in Umbria» starebbe «accadendo quanto accade nell’Ungheria di Orban» è infatti al momento impossibile ogni verifica. Anche non si può tacere come le precedenti polemiche siano risultate infondate. Si pensi al caso Marche dove, si è detto, sarebbe «impossibile abortire» ma dove, sempre secondo la relazione Speranza, si praticano 1.351 interventi, 3,7 al giorno festivi compresi. Invece, non per Umbria o Marche, ma per l’Italia intera il numero di donne aiutate a «rimuovere le cause che la porterebbero alla interruzione della gravidanza», come prescrive la 194, resta - questo sì - sconosciuto. Sempre che superi lo zero.