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Palazzo Chigi, abbiamo un problema: la gente

Palazzo Chigi, abbiamo un problema: la gente

Il governo usa le forbici. Sarebbe una buona notizia se le impiegasse per tagliare la spesa pubblica, ma più astutamente le utilizza per azzerare i suoi imbarazzi, per ritagliare i contorni alla realtà come su un fondale di Cinecittà, eliminando i difetti e facendo risaltare pregi di cartone. Infantile ma vero, roba da Corea del Nord, come dimostra la vicenda dello striscione censurato domenica a Prato.

Il premier Renzi, in visita al museo Pecci di arte contemporanea, avrà certamente notato per strada l'enorme scritta «Hai fallito». Impressionista, dadaista, così appesa al nulla da evocare fallimenti metafisici come quelli dell'Uomo moderno, del Divino per il nichilista o più prosaicamente del centravanti del Prato Ciccio Tavano per la sconfitta nel derby con il Siena. E invece quella sentenza era rivolta a lui, al premier. L'originale preparato dai giovani di Forza Italia era «Renzi hai fallito», così l'avevano appeso. Ma nella notte sono comparse le forbici dello Stato. Uomini della polizia mandati dal questore e una non meglio identificata «pattuglia presidenziale» hanno fatto sparire il nome del presidente del Consiglio depotenziando l'invettiva per non turbare la domenica del nostro Kim Yong-un a dieta.

L'eccesso di zelo non è passato inosservato, i militanti di Forza Italia hanno rivelato il taglio chirurgico: «Pensavamo che fosse uno scherzo dei giovani del Pd». E invece no, si trattava di ipocrisia di Stato in doppiopetto. Il questore Paolo Rossi è stato costretto a improvvisare una motivazione passepartout: «Era una questione di sicurezza pubblica, noi abbiamo il compito di stemperare gli animi». Quando l'istituzione è debole e non si fida della propria autorevolezza, ecco che nei secoli compare il «troncare, sopire» di manzoniana memoria, triste quanto inutile se trasferito nell'era della comunicazione di massa.

Il problema è che il governo si serve senza pudore delle forze dell'ordine a scopi politici. È un condizionamento soft, a volte impercettibile, ma esiste e suscita perplessità. Se è comprensibile blindare Catania per la festa nazionale dell'Unità con gli autonomi nascosti nel corteo, è molto meno tollerabile farsi scudo della polizia per anestetizzare il dissenso della gente comune. Com'è avvenuto sempre domenica nella dolce Valdarno aretina, dove è andata in scena la protesta dei risparmiatori mandati sul lastrico dal fallimento di Banca Etruria.

Un dispiegamento di forze che non s'era visto neppure per i black bloc a Milano il primo maggio del 2015 ha sbarrato il passo sul ponte di Ponticino a un piccolo esercito di mamme e pensionati che stava per raggiungere Laterina armato di cartelli, fischietti e campanacci per ricordare alla famiglia Boschi (che lì abita) i recenti disastri bancari. Neanche fosse il ponte sul fiume Kway, il passaggio era inaccessibile. Motivazione ufficiale: «È pericolante». Il corteo ha aggirato l'ostacolo passando da Montalto, ma una volta a Laterina si è visto di nuovo circondato dalle forze dell'ordine. La strada per casa Boschi è stata chiusa al traffico e le orecchie della famiglia del ministro per le Riforme sono state risparmiate da legittimi inviti tipo «Onestà» e «Ridateci i soldi».

Nel febbraio scorso le vittime del decreto Salvabanche erano riuscite ad arrivare sotto le finestre della Boschi family e avevano ottenuto la benedizione in piazza dal parroco don Mario Ghinassi. Questa volta i vertici aretini delle istituzioni (prefetto, questore) hanno cloroformizzato ogni enfasi, piallato ogni spigolo anche per salvarsi la poltrona. La manifestazione di febbraio aveva dato molto fastidio a palazzo Chigi, che in seguito - aveva agevolato la partenza per altri lidi del prefetto di allora Alessandra Guidi (in carica da meno di un anno) e del questore Enrico Moja. Come al pittoresco dittatore coreano, anche a Matteo Renzi stranezze come il dissenso, la protesta, l'obiezione non piacciono neanche un po'. Lo infastidiscono fisicamente mentre guida la Lamborghini o si fa fotografare con l'aria da stilista emergente per Vogue America. Così usa la sordina. E quando non può, le forbici.

Sull’oro ci mancava il kamikaze Ue Cottarelli
Carlo Cottarelli (Ansa)
L’ex funzionario dem del Fondo monetario sente la necessità di schierarsi nello scontro tra Palazzo Chigi e i grand commis. E tifa affinché il nostro capitale da 280 miliardi possa essere dedicato alle «emergenze», decise però nei Palazzi dell’Unione.

Carlo Cottarelli ha aspettato un po’ a intervenire sulla questione della proprietà dell’oro di Banca d’Italia. Ma credo che se avesse atteso ancora un altro po’, prima di scrivere l’editoriale sul Corriere della Sera, sarebbe stato meglio per tutti, soprattutto per il rispetto della logica. Che dice l’ex funzionario del Fondo monetario ed ex senatore del Pd a proposito della questione che vede opporsi il governo italiano alla Bce? Faccio una breve sintesi del pensiero del professore. Punto primo. Le riserve auree sono di proprietà della Banca d’Italia perché lo dice la Banca d’Italia. Del resto, annota Cottarelli, i lingotti sono iscritti nell’attivo del bilancio dell’istituto di emissione e se non fossero di proprietà non potrebbero starci, a meno di una legge ad hoc che stabilisse diversamente.

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Partita la macchina del fango per coprire le trame sul Colle
Francesco Saverio Garofani (Imagoeconomica)
Lo scandalo Garofani è passato senza sortire effetti, almeno al Quirinale. In compenso, ieri si rincorrevano voci (smentite, per ora) su un passo indietro dall’ufficio stampa della Fabi di uno dei partecipanti alla cena.

Non c’è solo il mondo al contrario raccontato dal generale Roberto Vannacci, c’è anche quello delle nostre istituzioni. La storia che stiamo per raccontarvi lo dimostra. Ieri Lettera43, sito di informazione finanziaria fondato da Paolo Madron, ha annunciato che Francesco De Dominicis, responsabile della comunicazione del più importante sindacato dei bancari, la Fabi, è stato costretto al passo indietro. La sua colpa? Essere sospettato di aver passato a questo giornale la chiacchierata senza freni, in un ristorante romano, del consigliere per la Difesa di Sergio Mattarella. Ricordate la vicenda? Francesco Saverio Garofani, segretario del Consiglio supremo di Difesa, in una cena di romanisti s’era lasciato andare, parlando del governo e dell’opposizione, di provvidenziali scossoni che cambiassero gli scenari politici e di quanto fossero inconsistenti gli attuali vertici dell’opposizione.

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Il Papa battezza l’unica vera Europa: quella delle radici giudaico-cristiane
Leone XIV (Ansa)
Appello di Leone agli eurodeputati conservatori: «Si promuova la nostra identità riferendosi alla religione, che ha generato tesori culturali e principi etici essenziali per tutelare la vita dal concepimento alla morte».
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Bollette per famiglie e Pmi: 1 miliardo di tagli
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La bozza del nuovo decreto energia prevede che 4,5 milioni di nuclei riceveranno un contributo straordinario di 55 euro. Circa 750 milioni verranno destinati alle piccole aziende con la riduzione degli oneri di sistema per finanziare le rinnovabili.

Aiuti alle famiglie più bisognose e alle piccole e medie imprese per fronteggiare il pagamento delle bollette della corrente elettrica: lo prevede la bozza del nuovo Dl Bollette, atteso in Consiglio dei ministri entro la fine dell’anno. Il governo stanzia per questi provvedimenti un miliardo di euro. Vediamo il dettaglio: per quel che riguarda le famiglie, il contributo straordinario annuo di 55 euro si somma a quello ordinario per gli aventi diritto, e andrà quindi alle famiglie con Isee non superiore a 15.000 euro e a quelle numerose, con almeno 4 figli, con Isee non superiore a 20.000 euro. Sulla base dei dati relativi agli attuali percettori dei bonus energetici e di quelli relativi ai soggetti che hanno beneficiato nel 2023 di simili misure straordinarie, si stima una platea di beneficiari pari a circa 4,5 milioni di nuclei familiari. Il costo della misura ammonta a circa 250 milioni di euro per il 2026.

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