2021-10-18
Prodi sibila: green pass per sempre
Il Professore giustifica la carta e si lascia sfuggire: «Resterà valida finché serve». Un modo per tastare il terreno sul lasciapassare permanente e zittire il dissenso. Silvio Berlusconi rilascia un'intervista contro i «cattivi maestri». Speriamo non ceda al pensiero unico. Fatta eccezione per il giornale che tenete tra le mani e, negli ultimi giorni, per un paio di altre testate, la maggioranza della stampa italiana si è schierata come un sol uomo a difesa del certificato verde obbligatorio per l'accesso ai luoghi di lavoro e ai locali pubblici. Tuttavia, che ancora ci sia qualcuno che canta fuori dal coro è ritenuto insopportabile da taluni, i quali non esitano a insistere, accusando chiunque si permetta di criticare il governo e di eccepire qualche obiezione davanti ai provvedimenti di Palazzo Chigi, di essere un cattivo maestro, cioè fomentatore dei peggiori istinti violenti. Opportunamente stimolato da Alessandro Sallusti, il quale pare ossessionato da quanti esprimono dissenso nei confronti del green pass, ieri perfino Silvio Berlusconi è sceso in campo contro «opinionisti e intellettuali che soffiano sul fuoco», accusandoli, anzi accusandoci perché questo era il messaggio che premeva al direttore di Libero, di essere «cattivi maestri, che facendosi scudo del loro prestigio intellettuale e invocando libertà di pensiero, di ricerca, di stampa, hanno diffuso idee che altri hanno tradotto in pratica con conseguenze criminali». Aggiungendo poi che «naturalmente la libertà di espressione è un principio assoluto che va tutelato sempre, ma fomentare la divisione del Paese su un tema che dovrebbe vedere gli italiani uniti è davvero da irresponsabili». L'utilizzo della definizione di «cattivi maestri» risale agli anni del terrorismo, quando Toni Negri scriveva libri e teneva lezioni all'università di Padova esaltando la lotta armata e la violenza di classe. E Umberto Eco, insieme a centinaia di giornalisti e scrittori, quasi tutti poi arruolati da Repubblica, firmava appelli contro il commissario Calabresi e a sostegno degli studenti arrestati a Torino, condividendone i reati. A noi non pare di aver istigato qualcuno a commettere reati, né ci pare di aver sollecitato un'insurrezione armata contro lo Stato, perché di questo si parla quando - a sproposito e, probabilmente, senza valutare né le parole né le conseguenze - si citano i «cattivi maestri». Sulla Verità ci siamo semplicemente occupati di segnalare le molte contraddizioni del lasciapassare verde, uno strumento che secondo la definizione dello stesso governo doveva essere un modo gentile per accompagnare gli italiani verso i centri vaccinali. Che il passaporto per godere dei diritti civili non fosse e non sia perfetto ne abbiamo prova quotidianamente, visto che dopo le nostre critiche l'esecutivo ha via via provveduto a modificarlo nel tentativo di renderlo accettabile dall'opinione pubblica. Che poi non si trattasse di un modo gentile per spingere le persone a vaccinarsi, lo dimostra il fatto che ogni giorno un giro di vite rende la misura sempre più stringente, al punto da somigliare a un cappio attorno al collo di chi ancora non si è convinto a offrire il braccio alla patria. Per questo, per il modo subdolo con cui è stato introdotto, per i molti errori che sono stati commessi, e per il fatto che nessun Paese democratico ha adottato misure simili alle nostre, ci siamo permessi di dire che si tratta di una decisione che non ha rispetto dei diritti delle persone, né di quelli riguardanti il lavoro sanciti dalla Costituzione, né di ciò che attiene alla libertà di cura. Osservare, come per altro hanno fatto giornali internazionali del calibro del New York Times, non il Quotidiano del Popolo, organo del regime cinese, significa istigare alla violenza oppure spingere persone a «mettere in pratica idee con conseguenze criminali», come dice il leader di Forza Italia? Vuol forse dire che spingiamo le persone ad assaltare sedi sindacali o bloccare porti? Non ci sembra. A noi pare solo di esercitare il diritto-dovere di critica sancito dalla Costituzione, che riconosce alla stampa la libertà di parola e soprattutto di dissenso, segnalando ciò che in assoluta buona fede e nel rispetto della legge, cioè senza invocare azioni terroristiche, riteniamo sbagliato. Non dobbiamo o possiamo farlo? Nel qual caso, forse, senza che nessuno di noi se ne si sia accorto, il Cavaliere è direttamente passato dal pensiero liberale al pensiero unico, che non è certo quello di un sistema democratico. Ovviamente, noi ci auguriamo che così non sia, anche perché Berlusconi dovrebbe ben conoscere quali guasti abbia prodotto il pensiero dominante, conformista e di sinistra in questo Paese. Egli stesso ha pagato sulla propria pelle il condizionamento culturale dell'informazione comunista, perché per anni, a eccezione di poche voci libere, i giornali mainstream lo hanno dipinto come un corruttore, un mafioso, sospettandolo perfino di essere ispiratore di stragi, e riuscendo infine, a seguito di una sentenza davvero incredibile, a farlo decadere dal Parlamento. L'uomo che per anni ha difeso la democrazia liberale, ora vuole uniformare l'informazione in questo Paese tappando la bocca, con l'accusa di essere «cattivi maestri», ai pochi che non si adeguano ai compagni? Davvero stentiamo a crederlo. Anche perché, in questa battaglia, il Cavaliere si troverebbe in brutta compagnia. Al suo fianco avrebbe molti dei suoi storici nemici, a cominciare da Romano Prodi, il quale ieri, in un editoriale sul Messaggero, ha prefigurato un'estensione del green pass, non più di pochi mesi ma forse molto più. Un fatto che, se confermato, significherebbe una sola cosa e cioè che, in nome della salute pubblica, si potrà annullare il diritto al lavoro e anche quello a una normale vita sociale. E magari anche quello di curarsi. Ha pensato, Berlusconi, quali potrebbero essere le conseguenze di ciò che sta avvenendo? Ne cito una sola: domani si potrebbe, per ragioni di bilancio statale, negare il diritto di cura a chi ha il diabete, ritenendo che tale patologia sia frutto di un'errata alimentazione e di uno stile di vita non adeguato alle indicazioni dell'Istituto superiore di sanità. In Italia, i malati di diabete sono milioni, con una crescita del 60 per cento negli ultimi anni. Anche loro, spesso a causa del sovrappeso, intasano le corsie degli ospedali. Anche loro costano alla collettività. E se domani lo Stato «liberale» decidesse che ne ha le tasche piene, anzi le tasche vuote, che cosa potrebbe accadere? Introdurremmo un Red pass per curarli, dicendo a chi si è ingozzato di cibo, a chi ha fumato o ingurgitato alcol per una vita che d'ora in poi le cure dovrà pagarsele da solo come, rifiutando i tamponi ai non vaccinati, si sta facendo oggi? Caro Cavaliere, mi spiace contraddirla, ma chi manifesta dubbi non è un «cattivo maestro» e chi non si vaccina (tranne i pochi esagitati che comunque si trovano in ogni gruppo, anche in quello apparentemente più innocuo) non è un criminale, come sembra pensare e scrivere chi le porge il megafono: è solo una persona che ha paura o non è convinta e in uno Stato libero che non sia la Cina ha tutto il diritto di averla senza essere per questo discriminato o punito.
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La consulenza super partes parla chiaro: il profilo genetico è compatibile con la linea paterna di Andrea Sempio. Un dato che restringe il cerchio, mette sotto pressione la difesa e apre un nuovo capitolo nell’indagine sul delitto Poggi.
La Casina delle Civette nel parco di Villa Torlonia a Roma. Nel riquadro, il principe Giovanni Torlonia (IStock)
Dalle sue finestre vedeva il Duce e la sua famiglia, il principe Giovanni Torlonia. Dal 1925 fu lui ad affittare il casino nobile (la villa padronale della nobile casata) per la cifra simbolica di una lira all’anno al capo del Governo, che ne fece la sua residenza romana. Il proprietario, uomo schivo e riservato ma amante delle arti, della cultura e dell’esoterismo, si era trasferito a poca distanza nel parco della villa, nella «Casina delle Civette». Nata nel 1840 come «capanna svizzera» sui modelli del Trianon e Rambouillet con tanto di stalla, fu trasformata in un capolavoro Art Nouveau dal principe Giovanni a partire dal 1908, su progetto dell’architetto Enrico Gennari. Pensata inizialmente come riproduzione di un villaggio medievale (tipico dell’eclettismo liberty di quegli anni) fu trasformata dal 1916 nella sua veste definitiva di «Casina delle civette». Il nome derivò dal tema ricorrente dell’animale notturno nelle splendide vetrate a piombo disegnate da uno dei maestri del liberty italiano, Duilio Cambellotti. Gli interni e gli arredi riprendevano il tema, includendo molti simboli esoterici. Una torretta nascondeva una minuscola stanza, detta «dei satiri», dove Torlonia amava ritirarsi in meditazione.
Mussolini e Giovanni Torlonia vissero fianco a fianco fino al 1938, alla morte di quest’ultimo all’età di 65 anni. Dopo la sua scomparsa, per la casina delle Civette, luogo magico appoggiato alla via Nomentana, finì la pace. E due anni dopo fu la guerra, con villa Torlonia nel mirino dei bombardieri (il Duce aveva fatto costruire rifugi antiaerei nei sotterranei della casa padronale) fino al 1943, quando l’illustre inquilino la lasciò per sempre. Ma l’arrivo degli Alleati a Roma nel giugno del 1944 non significò la salvezza per la Casina delle Civette, anzi fu il contrario. Villa Torlonia fu occupata dal comando americano, che utilizzò gli spazi verdi del parco come parcheggio e per il transito di mezzi pesanti, anche carri armati, di fatto devastandoli. La Casina di Giovanni Torlonia fu saccheggiata di molti dei preziosi arredi artistici e in seguito abbandonata. Gli americani lasceranno villa Torlonia soltanto nel 1947 ma per il parco e le strutture al suo interno iniziarono trent’anni di abbandono. Per Roma e per i suoi cittadini vedere crollare un capolavoro come la casina liberty generò scandalo e rabbia. Solo nel 1977 il Comune di Roma acquisì il parco e le strutture in esso contenute. Iniziò un lungo iter burocratico che avrebbe dovuto dare nuova vita alle magioni dei Torlonia, mentre la casina andava incontro rapidamente alla rovina. Il 12 maggio 1989 una bimba di 11 anni morì mentre giocava tra le rovine della Serra Moresca, altra struttura Liberty coeva della casina delle Civette all’interno del parco. Due anni più tardi, proprio quando sembrava che i fondi per fare della casina il museo del Liberty fossero sbloccati, la maledizione toccò la residenza di Giovanni Torlonia. Per cause non accertate, il 22 luglio 1991 un incendio, alimentato dalle sterpaglie cresciute per l’incuria, mandò definitivamente in fumo i progetti di restauro.
Ma la civetta seppe trasformarsi in fenice, rinascendo dalle ceneri che l’incendio aveva generato. Dopo 8 miliardi di finanziamenti, sotto la guida della Soprintendenza capitolina per i Beni culturali, iniziò la lunga e complessa opera di restauro, durata dal 1992 al 1997. Per la seconda vita della Casina delle Civette, oggi aperta al pubblico come parte dei Musei di Villa Torlonia.
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Oltre quaranta parlamentari, tra cui i deputati di Forza Italia Paolo Formentini e Antonio Giordano, sostengono l’iniziativa per rafforzare la diplomazia parlamentare sul corridoio India-Middle East-Europe. Trieste indicata come hub europeo, focus su commercio e cooperazione internazionale.
È stato ufficialmente lanciato al Parlamento italiano il gruppo di amicizia dedicato all’India-Middle East-Europe Economic Corridor (IMEC), sotto la guida di Paolo Formentini, vicepresidente della Commissione Affari esteri, e di Antonio Giordano. Oltre quaranta parlamentari hanno già aderito all’iniziativa, volta a rafforzare la diplomazia parlamentare in un progetto considerato strategico per consolidare i rapporti commerciali e politici tra India, Paesi del Golfo ed Europa. L’Italia figura tra i firmatari originari dell’IMEC, presentato ufficialmente al G20 ospitato dall’India nel settembre 2023 sotto la presidenza del Consiglio Giorgia Meloni.
Formentini e Giordano sono sostenitori di lunga data del corridoio IMEC. Sotto la presidenza di Formentini, la Commissione Esteri ha istituito una struttura permanente dedicata all’Indo-Pacifico, che ha prodotto raccomandazioni per l’orientamento della politica italiana nella regione, sottolineando la necessità di legami più stretti con l’India.
«La nascita di questo intergruppo IMEC dimostra l’efficacia della diplomazia parlamentare. È un terreno di incontro e coesione e, con una iniziativa internazionale come IMEC, assume un ruolo di primissimo piano. Da Presidente del gruppo interparlamentare di amicizia Italia-India non posso che confermare l’importanza di rafforzare i rapporti Roma-Nuova Delhi», ha dichiarato il senatore Giulio Terzi di Sant’Agata, presidente della Commissione Politiche dell’Unione europea.
Il senatore ha spiegato che il corridoio parte dall’India e attraversa il Golfo fino a entrare nel Mediterraneo attraverso Israele, potenziando le connessioni tra i Paesi coinvolti e favorendo economia, cooperazione scientifica e tecnologica e scambi culturali. Terzi ha richiamato la visione di Shinzo Abe sulla «confluenza dei due mari», oggi ampliata dalle interconnessioni della Global Gateway europea e dal Piano Mattei.
«Come parlamentari italiani sentiamo la responsabilità di sostenere questo percorso attraverso una diplomazia forte e credibile. L’attività del ministro degli Esteri Antonio Tajani, impegnato a Riad sul dossier IMEC e pronto a guidare una missione in India il 10 e 11 dicembre, conferma l’impegno dell’Italia, che intende accompagnare lo sviluppo del progetto con iniziative concrete, tra cui un grande evento a Trieste previsto per la primavera 2026», ha aggiunto Deborah Bergamini, responsabile relazioni internazionali di Forza Italia.
All’iniziativa hanno partecipato ambasciatori di India, Israele, Egitto e Cipro, insieme ai rappresentanti diplomatici di Germania, Francia, Stati Uniti e Giordania. L’ambasciatore cipriota ha confermato che durante la presidenza semestrale del suo Paese sarà dedicata particolare attenzione all’IMEC, considerato strategico per il rapporto con l’India e il Medio Oriente e fondamentale per l’Unione europea.
La presenza trasversale dei parlamentari testimonia un sostegno bipartisan al rapporto Italia-India. Tra i partecipanti anche la senatrice Tiziana Rojc del Partito democratico e il senatore Marco Dreosto della Lega. Trieste, grazie alla sua rete ferroviaria merci che collega dodici Paesi europei, è indicata come principale hub europeo del corridoio.
Il lancio del gruppo parlamentare segue l’incontro tra il presidente Meloni e il primo ministro Modi al G20 in Sudafrica, che ha consolidato il partenariato strategico, rilanciato gli investimenti bilaterali e discusso la cooperazione per la stabilità in Indo-Pacifico e Africa. A breve è prevista una nuova missione economica guidata dal vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri Tajani.
«L’IMEC rappresenta un passaggio strategico per rafforzare il ruolo del Mediterraneo nelle grandi rotte globali, proponendosi come alternativa competitiva alla Belt and Road e alle rotte artiche. Attraverso la rete di connessioni, potrà garantire la centralità economica del nostro mare», hanno dichiarato Formentini e Giordano, auspicando che altri parlamenti possano costituire gruppi analoghi per sostenere il progetto.
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