
Il sindaco di Milano è imputato per la retrodatazione di un verbale. Il pg Massimo Gaballo: «Non è credibile».Nell'ultimo numero del 2018 dell'Espresso, nel corso di un'intervista più che natalizia, Giuseppe Sala aveva fatto il vago su un suo futuro dal leader del centrosinistra, un'ipotesi da non escludere quando dopo tre matrimoni diventi il «genero» di Giovanni Bazoli. «Non so se sarò il leader dell'opposizione. Nella mia agenda c'è scritto soltanto “Fai bene il sindaco". Le altre pagine sono bianche», si era schermito il sindaco di Milano. Ieri, la Procura generale del capoluogo lombardo ha provato a scrivergliene una, con la richiesta di una condanna a 13 mesi per falso sull'appalto della famosa Piastra, il cuore dei servizi per l'Expo del 2015 che ha proiettato l'ex manager in politica come «uomo del fare». Uomo del fare, ma anche del «retrodatare», secondo il sostituto pg di Milano, Massimo Gaballo. Quando Sala era amministratore delegato di Expo, secondo la ricostruzione dell'accusa, avrebbe anticipato falsamente di 13 giorni la firma di due verbali con cui, nel maggio del 2012, vennero cambiati due membri della commissione di gara per l'assegnazione del super appalto, che fu poi vinto dalla Mantovani. Se i verbali fossero stati «lasciati» con la data giusta, quella del 31 maggio, si sarebbe dovuta annullare tutta la complessa procedura. A marzo dell'anno scorso, il gup di Milano Giovanna Campanile aveva prosciolto Sala dall'accusa di abuso di ufficio, lasciando in piedi soltanto l'accusa di falso. Il sindaco aveva commentato soddisfatto: «Sono contento, perché ora si è ristabilita la verità». In realtà, almeno secondo la Procura generale, in questo caso la verità avrebbe due nodi, e il secondo viene al pettine adesso. Il pg Gaballo ha spiegato in aula che, anche dalle intercettazioni, risultava che in quei giorni di maggio di sette anni fa ci fosse una grande preoccupazione ai vertici di Expo per quella commissione invalida, che se fosse saltata avrebbe finito per «rallentare ulteriormente un'opera in già drammatico ritardo, con un annullamento che avrebbe potuto mettere in forse l'evento». Il pg ha quindi concluso che «dobbiamo ritenere provata al di là di ogni ragionevole dubbio, anche documentale», che Sala, Angelo Paris e Carlo Chiesa abbiano retrodatato i verbali per mettersi al riparo dai ricorsi. E la «penna» che avrebbe materialmente eseguito il falso sarebbe stata quella di Pier Paolo Perez, allora capo ufficio gare di Infrastrutture Lombarde. E ancora su Sala, l'accusa lo ha bollato come «non credibile», quando «tenta di minimizzare il problema, che in realtà era molto grave perché rischiava di far perdere tempo prezioso». Nella medesima udienza, sono stati chiesti due anni di carcere per turbativa d'asta contro Antonio Rognoni, ex direttore generale di Infrastrutture lombarde, e otto mesi di reclusione per Piergiorgio Baita, ex ad della Mantovani, e per Paris, di Expo, accusati entrambi di un tentato abuso d'ufficio. Lo stesso Baita ha già patteggiato due anni per corruzione a Venezia, nell'inchiesta sul Mose, nel corso della quale è poi diventato uno dei grandi accusatori. Adesso la prossima udienza è in calendario per il 22 maggio. Da ricordare che il processo che si sta svolgendo a Milano, con grande fatica e a sette anni da gran parte dei fatti contestati, è frutto di un'avocazione della Procura generale, che lo ha sfilato alla procura retta prima da Edmondo Bruti Liberati e poi da Francesco Greco. Sembrava una piccola faccenda, ma rischia di avere un peso determinante sui tentativi di riorganizzarsi del centrosinistra.
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