2024-05-30
Maxi processo alle coop gestite dai familiari del deputato Soumahoro
Aboubakar Soumahoro (Ansa)
Il Tribunale di Latina ha unificato i due procedimenti a carico di moglie e suocera del parlamentare con gli stivali. I fondi per l’accoglienza spesi pure dall’estetista.Il Tribunale di Latina ha deciso di accorpare i due procedimenti in corso a carico dei parenti acquisiti del deputato Aboubakar Soumahoro, trasformandoli di fatto in una sorta di maxiprocesso sulla cooperazione e l’accoglienza dei migranti. Il giudice monocratico Simona Sergio, titolare del procedimento che vede Liliane Murekatete e Marie Therese Mukamitsindo, rispettivamente moglie e suocera di Soumahoro, imputate per reati fiscali, insieme al cognato del parlamentare Michel Rukundo e a Ghislaine Ada Ndongo (collaboratrice di una delle cooperative), chiamati a rispondere a vario titolo di evasione fiscale (per circa 2 milioni di euro), mancati versamenti e false fatture, ha infatti accolto la richiesta della Procura e riunito il processo è stato quindi riunito con l’altro troncone, il cui inizio era previsto per giugno, sempre a carico di Mukamitsindo e Murekatete, per frode nelle pubbliche forniture, bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione e auto-riciclaggio: Anche in questo caso, a processo erano finiti altri due figli della Mukamitsindo, Michel Rukundo e Aline Mutesi. Secondo le accuse, le cooperative Karibu e Consorzio Aid, nonché la Jambo Africa (per il tramite della Karibu), riconducibili agli affini dell’ex sindacalista dei braccianti agricoli, avrebbero usufruito di consistenti fondi pubblici destinati a progetti per l’accoglienza dei migranti, offrendo in cambio un servizio decisamente scadente, a base anche di blatte e vermi nelle strutture. In questo filone, Murekatete e Mukamitsindo erano anche state arrestate (ai domiciliari) assieme a un altro parente. Secondogli accertamenti della Guardia di finanza, sarebbe stato portato alla luce un «sistema fraudolento» che tra il 2017 e il 2022 avrebbe dirottato verso acquisti personali (borse, vestiti e accessori di lusso, ma anche soggiorni in hotel da capogiro e sedute dall’estetista). Durante le indagini il gip di Latina aveva disposto anche un sequestro per quasi 2 milioni di euro. Le attività investigative avevano infatti individuato disposizioni bancarie ritenute «prive di congrua giustificazione causale e comunque per finalità diverse» da quelle previste dal bandi, mentre le carte di credito delle cooperative sarebbero state usate anche per « finalità private (ristoranti, gioiellerie, centri estetici, abbigliamento, negozi di cosmetica)». La compagna di Soumahoro nel febbraio scorso ha però presentato una querela presso le Procura di Latina lamentando che le sue firme sui fogli di presenza ai consigli di amministrazione sarebbero state falsificate e che non ci sarebbe prova della sua partecipazione alle assemblee della cooperativa di famiglia, la Karibu. Il legale della donna, Lorenzo Borre aveva spiegato così alla Verità la posizione della sua assistita: «La mia cliente è stata rinviata a giudizio sul presupposto che facesse parte del Cda, ma non e stato dato seguito alle richieste di verifica della effettiva presenza della stessa che viene avvalorata solo da firme contestate dalla Murekatete». solo da firme contestate dalla Murekatete». Il legale aveva chiesto una perizia grafica che non sarebbe stata disposta. «La responsabilità della mia assistita si fonda sulla presunta partecipazione ai Cda che hanno approvato i bilanci relativi alle spese contestate» aveva evidenziato il difensore. L’esempio più eclatante? «Una dipendente ha firmato con le proprie generalità in stampatello accanto al nome della Murekatete. Una firma che mostra in modo incontrovertibile l’assenza della mia cliente a quella assemblea». Sull’uso di fondi pubblici da parte delle coop riconducibili ai parenti di Soumahoro sta però indagando pure l’Olaf (l’Ufficio europeo per la lotta antifrode dell’Unione europea) e anche la Procura di Latina nei mesi scorsi ha avuto interlocuzioni con la magistratura belga per approfondire l’utilizzo dei finanziamenti a Bruxelles e dintorni. Città dove la Murekatete ha tre immobili di proprietà. Due si trovano a Ixelles, periferia di Bruxelles. Il primo, in una palazzina anonima di cemento e mattoni rossi in rue Hennin, composto da soggiorno, camera da letto, cucina completamente attrezzata, bagno e cantina, sarebbe stato scelto dalla Karibu, come presunta sede belga della coop. Per questo erano stati formalizzati due diversi contratti di locazione: uno da 1.000 euro al mese, firmato nell’agosto del 2014, e uno, siglato quattro anni più tardi, della durata di sei anni, per un canone di 1.300 euro mensili. Nelle carte delle inchieste di Latina compaiono anche le numerosissime spese voluttuarie effettuate con i soldi delle coop a Bruxelles. L’11 giugno prossimo, durante quella che doveva essere la prima udienza del secondo procedimento, sarà formalizzato definitivamente il provvedimento di riunificazione poi il 13 giugno inizierà il processo vero e proprio.