2025-07-13
Grillo jr, sentenza forse a settembre. Tutto si gioca sul ragionevole dubbio
Domani ultima arringa. Se il procuratore non replica arriva subito il verdetto. Altrimenti, passerà l’estate I difensori puntano sulla inattendibilità della accusatrice, smentita in un altro processo da un fotografo. Il quesito dei quesiti al collegio giudicante, presieduto da Marco Contu, lo ha posto l’avvocato Gennaro Velle: alla fine del processo di Tempio Pausania si può condannare a 9 anni di carcere quattro ragazzi poco più che ventenni con l’infamante accusa di stupro di gruppo oltre ogni ragionevole dubbio? E a questa domanda retorica il legale ha aggiunto il riferimento a una recente sentenza della Cassazione che certifica che per una condanna occorre «una forza persuasiva superiore, tale da presupporre la certezza della colpevolezza, mentre per l’assoluzione non è richiesta la sicurezza dell’innocenza, bensì la mera non certezza della colpevolezza». Insomma è sufficiente il ragionevole dubbio. Nel caso di Ciro Grillo e dei suoi tre amici (Francesco Corsiglia, Edoardo Capitta e Vittorio Lauria) questo dubbio esiste? Vi anticipiamo la risposta: assolutamente sì.Noi abbiamo seguito questo procedimento per sei anni e, di fronte agli atti, abbiamo cambiato opinione. Inizialmente abbiamo sposato, come la maggior parte dei colleghi, una linea colpevolista, poi le certezze sono state sostituite dagli interrogativi.IncongruenzeLe difese degli imputati in questi mesi hanno messo in discussione l’attendibilità della grande accusatrice. Emblematica la situazione di Corsiglia. La presunta vittima lo ha accusato di una doppia violenza: in una prima fase il venticinquenne genovese l’avrebbe aggredita da solo e poi insieme con gli amici. Ma questi ultimi nelle loro chat parlano di «3 contro 1» e ai pm hanno confermato che Francesco non aveva partecipato all’orgia perché stava dormendo in un’altra stanza. Come mai i supposti violentatori avrebbero dovuto scagionare solo lui, senza avere nulla da guadagnare?La studentessa nella prima denuncia aveva anche detto di avere urlato per salvarsi, ma la casa aveva pareti sottilissime e nessuno ha sentito quelle grida. Ecco allora che la ragazza ha smesso di far riferimento a quella reazione.Durante le indagini sono stati recuperati alcuni filmati in cui si vede che la presunta vittima era attiva e non bloccata dal branco come aveva sostenuto in un primo momento. Ecco allora che quando il magistrato le ha chiesto lumi sull’uso delle mani, a distanza di sette mesi dalle prime dichiarazioni, la giovane ha improvvisamente perso la memoria e ha raccontato di avere avuto un blackout. Ma a luglio del 2019 i suoi ricordi erano stati precisissimi e aveva descritto l’aggressione nei minimi dettagli.Per le difese dai video non emergono «manifestazioni di diniego o segni di costrizione» e la ricostruzione della presunta vittima sarebbe progressivamente cambiata: l’iniziale descrizione di uno stupro consumato con la sopraffazione fisica ha ceduto il passo alla rappresentazione di una violenza subita in uno stato di incoscienza causato dall’alcol e, contemporaneamente, nei verbali, le bevute della nottata sono passate da 9 a 12. Un numero di drink che, secondo le difese, se confermato, avrebbe condotto la ragazza alla soglia del coma etilico, rendendo impossibile la sua partecipazione al corso di kitesurf, a cui, invece, prese parte sei o sette ore dopo il presunto stupro.Significativi anche i flussi di coscienza trovati sul cellulare della giovane, audio e messaggi in cui la stessa si autoaccusava di un’eccessiva disponibilità con i ragazzi.Gli avvocati degli imputati hanno rimarcato che la presunta vittima ha scritto di sentirsi «sempre soltanto spazzatura, usata» e di «aver lasciato fare quei ragazzi». Avrebbe, dunque, ammesso di non essersi opposta alla violenza.Nell’immediatezza dell’evento riferì al maestro di kitesurf di meritare «cinque dita in faccia» per il suo comportamento la notte del presunto stupro, mentre, nello stesso periodo, confessò a un’amica: «La sfiga madornale è il fatto che magari mi faccio gente in diverse serate e poi me le ritrovo lì, tutti insieme allo stesso tavolo […] “Ah guarda il gruppetto che mi sono fatta a luglio o a giugno o a marzo”».Ma nonostante la complessità del profilo psicologico della presunta vittima (dalle chat sono emersi possibili disturbi alimentari antecedenti alla denunciata violenza) il procuratore Gregorio Capasso non ha avuto dubbi e ha continuato a sostenere (sebbene nei video apparissero solo tre ragazzi) che lo stupro di gruppo sarebbe stato consumato da tutti e quattro e ha chiesto 9 anni di pena per ciascuno. Inizialmente è partito da una pena base di 8 anni e, poi, dopo essersi reso conto che per quel reato nel 2019 la condanna minima era di 6 anni, anziché abbassare la richiesta, ha aumentato la parte di pena collegata alla continuazione del reato (portata da 1 a 3 anni).Il precedenteGli avvocati delle difese, a partire da Enrico Grillo, cugino di Ciro, hanno fatto notare che la ragazza aveva accusato di stupro pure un altro coetaneo. La violenza sarebbe avvenuta in Norvegia, mentre lei dormiva, ma la studentessa non avrebbe denunciato l’aggressore per non rovinargli la vita (era il suo migliore amico). In aula Enrico Grillo ha domandato: «Quante probabilità ci sono che una persona venga violentata due volte in un anno? E che questi episodi avvengano sempre in una condizione di incoscienza?». L’avvocato Ernesto Monteverde, difensore di Edoardo Capitta, ha ricordato che la mattina del 17 luglio 2019 in casa c’era anche un’altra amica, che avrebbe subito le avance dei coetanei. Le respinse senza troppa fatica e si mise a dormire sul divano: «Se erano stupratori seriali perché non hanno violentato anche l’amica?» ha chiesto retoricamente il legale.Di fronte a tali obiezioni Giulia Bongiorno, avvocato di parte civile, ha denunciato la vittimizzazione secondaria della sua assistita: «Non è una grande novità, è quello che ci aspettavamo: mettono la ragazza sul banco degli imputati».I post sui socialEnrico Grillo ha anche ricordato che la presunta vittima «nei due mesi successivi allo stupro ha postato 108 foto al giorno, 3.336 in totale», immagini «spensierate», «incompatibili con quanto ha denunciato». La parte civile ha sempre descritto una giovane traumatizzata dall’evento e quasi indotta dal trauma a vivere una vita claustrale. Una versione che fa a pugni sia con le immagini sui social che con le foto scollacciate dei servizi di moda amatoriali, come quelle pubblicate sulla copertina di un rotocalco online nei mesi successivi al presunto stupro.A proposito di questa vicenda, nel gennaio del 2024, la presunta vittima ha dichiarato: «Ho conosciuto un fotografo che aveva lavorato per un’altra ragazza della scuola e con lui ho fatto questo photo shoot, abbiamo parlato e poi successivamente era uscito il fatto che lui lavorava per questo magazine e voleva pubblicare le foto, però io avevo espressamente e ripetutamente chiesto che il mio nome non venisse pubblicato».Il reportageIncalzata dall’avvocato Grillo ha aggiunto: «Non sapevo proprio venisse pubblicata questa roba».A questo punto il legale ha domandato perché la copertina con la ragazza sia stata successivamente rimossa dal Web. Risposta: «Dopo che era stata pubblicata, (il fotografo, ndr) mi ha mandato una scansione, cioè il link del magazine e da lì ho iniziato a chiedere di togliere il mio nome e di togliere tutto […] perché io non volevo apparire su una rivista. E poi finalmente ha capito… però ci ha messo anni».Ma l’autore degli scatti, in Tribunale a Milano, in un procedimento avviato contro chi scrive, ha dato una versione completamente diversa e sorprendente.L’uomo, 62 anni, ha spiegato di non essere un vero fotografo, ma un «consulente di marketing e comunicazione» e che il giornale era un «progettino» «nato con l'idea» di fargli «fare formazione come fotografo che ambiva a essere pubblicato poi su una vera rivista».L’aspirante Helmut Newton, nel maggio del 2021, mette un annuncio su un sito per modelle. Risultato? «Mi sono arrivate una ventina di candidature» e «il 31 maggio, fuori tempo massimo, mi arriva la candidatura della signorina, la signorina in copertina».Proprio in quel periodo i quotidiani hanno iniziato a pubblicare i verbali con le accuse della ragazza e altre testimonianze. La storia occupa le prime pagine di tutti i giornali e fa il giro delle trasmissioni tv. Ma il fotografo non si sarebbe accorto di nulla, anche perché di fronte aveva una fanciulla che non dava segnali di sofferenza: «Lei si proponeva come modella, non come personaggio. Le ho proposto, come sempre faccio, un certo cambio di abiti. Era un servizio di moda. Ho letto successivamente alcuni articoli che contestavano un po' l'abbigliamento, ma era un abbigliamento abbastanza tradizionale, si usa normalmente. […] lei mi manda delle foto di possibili abbigliamenti, li scegliamo insieme, tutto tramite WhatsApp e […] due giorni dopo, ci troviamo per fotografarla». Il testimone precisa che è stato organizzato tutto «in tempi velocissimi» e aggiunge che per lui «è un caso unico».Lo shooting si sarebbe svolto «normalissimamente»: «Il 2 giugno abbiamo scattato, il 3 giugno le ho mandato tutte le foto. Le sono piaciute: “Belle, belle”. Da lì è iniziato un processo di selezione». Entro l’8 luglio il testimone avrebbe inviato alla studentessa «14 foto già sistemate per la pubblicazione», subito «approvate da lei». Una ricostruzione che smentisce quella offerta in aula dalla presunta vittima: «Il 13 luglio le ho mandato l'impaginato, il pdf ufficiale che avrei messo online. Lei le ha viste (le foto, ndr) due volte e la seconda volta si è vista in copertina». Infine il servizio «è stato pubblicato il 14 luglio, dopo la sua approvazione». La ragazza ha firmato anche una sorta di liberatoria che non prevedeva penali. Il fotografo spiega anche che cosa sia successo dopo: «È nata anche una sorta di collaborazione tra me e la signorina, nel senso che lei aspirava a crescere come modella e io le ho detto che, avendo la mia esperienza, potevo darle dei consigli professionali e lei era assolutamente contenta e, invece di essere pagato, perché lo facevo in una maniera così, informale, in cambio le avevo chiesto di essere aiutato a gestire e se possibile sviluppare il profilo Instagram della rivista». Lei sarebbe stata «contentissima» e i due si sarebbero «sentiti più volte». Il 27 settembre del 2021 la presunta vittima avrebbe chiesto di «togliere il suo nome dalla didascalia che appariva sul sito», ma non le foto e il nome di battesimo in copertina. Per un anno e mezzo non sarebbe più successo niente, sino al 15 gennaio del 2023: «Quel giorno lei mi chiese di togliere il nome dal magazine. E io ho detto: “Come faccio a togliere il nome?”, cioè, “se tolgo il nome”, ho proposto io, “tolgo tutto”. È stata una mia scelta. Lei non mi ha mai chiesto di ritirare le foto. […] L’ho fatto come favore».Di fronte a tutti questi argomenti si possono condannare i quattro imputati oltre ogni ragionevole dubbio? Noi pensiamo di no, anche perché non si può essere garantisti a seconda dell’occasione e del cognome degli imputati.Dopo oltre tre anni di udienze, lunedì è in programma l’ultima arringa, quella dell’avvocato Mariano Mameli. Se il procuratore non replicherà, la sentenza arriverà in giornata, altrimenti riprenderanno la parola anche tutti i legali degli imputati e delle parti civili e la decisione slitterà a settembre.
Volodymyr Zelensky (Ansa)
Friedrich Merz e Giorgia Meloni (Ansa)