2021-02-07
Cominciano i processi ai dpcm: ora l’avvocato ha paura dei tribunali
Sono migliaia gli esposti (in sede civile e penale) contro i decreti sul Covid: il fascicolo più pesante ce l'ha la Procura della Capitale. Il premier uscente, senza incarichi, perderebbe l'immunità.Bastava dare un occhio alla malinconica conferenza stampa approntata di fronte a Montecitorio. Il povero Giuseppi era lì, annaspante. Di quel tavolino di vetro s'è detto tutto: caldarroste, frutta, verdura… In effetti l'ex premier sembrava un ambulante in abito sartoriale. Ma c'era anche quel tic: il conti-nuo sfruculio del mignolo destro con la mano sinistra. Era nervoso, ovvio. Non se l'aspettava. Era sicuro che lui, «il più amato dagli italiani», sarebbe rimasto dove meritava: a Palazzo Chigi. Invece rischia di tornare a una vita che ora gli appare insignificante: studio legale e aule universitarie. Ma non è solo questo. Dalle scombinate file pentastellate sale un sussurro: «Ha paura». C'è una variabile che rovina già tormentate notti: le ricadute giudiziarie del suo ruvido operato in stato d'emergenza. L'ormai nota «dittatura dei dpcm», quella che ha esautorato maggioranza e opposizione. Aver accentrato ogni decisione, insomma. E in spregio alla Costituzione, assicurano esimi giuristi. Biasimi che Giuseppe Conte, fin quando era a Palazzo Chigi, ha derubricato con supponenza. Ma che ora avrebbero cominciato a impensierirlo. E non per improvviso pentimento, ma perché quelle inappellabili opinioni sono diventate il fondamento di migliaia di esposti.C'è poco da minimizzare, adesso. Conte non siede a Palazzo Madama e neppure a Montecitorio. Nessuno scudo penale e niente particolari riguardi. Diversi fascicoli sono aperti, ma il più corposo e insidioso resta quello della Procura di Roma. E poi ci sono tutte le cause civili destinate ad affiorare. Lo scorso dicembre un giudice della Capitale, chiamato a esprimersi sullo sfratto di un commerciale per morosità, ha già concluso che i dpcm sono «viziati da violazioni per difetto di motivazione» e «da molteplici profili di illegittimità». Pertanto risultano essere «caducabili». Proprio come quella «caducazione della concessione» annunciata dal fu primo ministro per Autostrade e finita in burletta. Insomma, il giudice sostiene che i decreti presidenziali andavano annullati: non hanno «natura normativa» ma «amministrativa». E visto che «hanno imposto una rinnovazione della limitazione dei diritti di libertà» serviva «un ulteriore passaggio in parlamento». Esattamente quello che sostengono dal centrodestra. Matteo Salvini ne ha perfino riparlato ieri con il presidente incaricato, Mario Draghi, durante le consultazioni. «Una riflessione condivisa dal professore», riferisce il leader della Lega. «La necessità di tornare a vivere. Questi mesi di chiusure, dpcm, paure e distanze portano all'alienazione, alla depressione, all'abuso di psico-farmaci, all'uso di droghe. Il governo che nascerà, se nascerà, vogliamo che sia il governo della rinascita e della riapertura». Di sicuro, i tempi dell'ordalia di decreti sembrano terminati. Al di là dell'emergenza, Conte li ha usati avere potere e visibilità. E Draghi non ne ha certamente bisogno. Il dirigismo normativo è stato criticato da autorevolissimi giuristi. Il presidente emerito della Corte costituzionale, Antonio Baldassarre, paragonava l'ex premier italiano all'omologo ungherese, Viktor Orbán: «Tutto questo è contro la Costituzione». Anche Sabino Cassese, giudice emerito della Consulta, andava subito all'assalto: «Il primo decreto era fuori legge». E un nutrito gruppo di giuristi inviava al collega pugliese un'accorata lettera: «Non può sfuggirci che le restrizioni delle libertà fondamentali messe in campo dal governo centrale e da enti lo-cali per fronteggiare l'emergenza Covid-19 generano gravi dubbi di costituzionalità e rappresentano un pericoloso precedente per lo stato di diritto». Seguivano oltre 200 firme. Come quella di Franzo Grande Stevens, uno dei più grandi avvocati d'affari in Italia e storico legale di Gianni Agnelli. E Nerina Boschiero, che guida la facoltà di giurisprudenza dell'Università di Milano. Perfino l'allora presidente della Corte costituzionale, Marta Cartabia, sottolineava che la Carta «non contempla un diritto speciale per i tempi eccezionali», ma implica la «leale collaborazione» tra le istituzioni. Si riferiva a Conte? Lei smentì seccamente. Ma i dubbi rimasero intonsi. Proprio Cartabia ora potrebbe diventare ministro della Giustizia. E che fine farà il nostro funambolo dei dpcm? Dal «predellino» di Piazza Colonna ha esplicitato le sue mire. Guidare alla riscossa la colazione giallorossa già ribattezzata, trattenete lo sbadiglio, «alleanza per lo sviluppo sostenibile». Ma potrebbe accontentarsi della guida dei 5 stelle. Peccato che Luigi Di Maio abbia mire speculari. Sembrano ormai due gemelli diversi, Giuseppi e Giggino. Sospirano all'unisono pure per diventare ministro degli Esteri. Occorre però mettersi una mano sul cuore. L'ex premier adesso può ritrovarsi in balia di intemperie, anche giudiziarie. Nessuno deve di-menticarsi dell'avvocato di Volturara Appula. Niente Farnesina? Si pensi in fretta a qualcos'altro. Senza nemmeno un misero scranno, che vita è? Fuori da Palazzo Chigi fa freddo. E Giuseppi potrebbe buscarsi una brutta influenza stagionale.
La sede della Corta penale internazionale dell’Aia (Ansa)
Volodymyr Zelensky (Getty Images)