2020-03-27
Prima la malattia, adesso il freddo. Stiamo per restare senza verdura
Le gelate degli ultimi giorni hanno messo in ginocchio l'agricoltura: i raccolti di primavera possono calare anche dell'80%, l'ipotesi di problemi per l'approvvigionamento è concreta. E manca pure la manodopera. Finora la grande distribuzione e il settore agroalimentare hanno retto, evitando di aggiungere timori a timori anche se nei supermercati scarseggiano farina, cibi in scatola e il lievito di birra è diventato introvabile, ma da qui a una decina di giorni potrebbe diventare drammatica la mancanza di frutta e verdura fresca. Le aziende agricole sono allo stremo: non trovano manodopera, non hanno liquidità e ora rischiano di non avere neppure prodotto. Né è sperabile di ricorrere a forniture dall'estero, di fatto impedite dai blocchi alle frontiere e dalla scarsa disponibilità dei trasportatori a venire in Italia. Questo significa tensione sui prezzi con una fiammata inflattiva e una pesante ipoteca sulla ripresa. Il maltempo degli ultimi quattro giorni ha determinato la perdita di gran parte delle coltivazioni nell'ortofrutta con gravi ripercussioni anche sulle coltivazioni viticole, probabilmente sul grano, quasi certamente sul mais e sugli ulivi. Una prima stima dei danni si aggira attorno a 1 miliardo e mezzo, ma non si può sapere quale sarà l'incidenza sul futuro di comparti fondamentali: dal vino, ai cerali, all'olio d'oliva, alla frutta estiva. Da Nord a Sud le perturbazioni hanno colto le piante già in fiore, dopo un inverno particolarmente mite che ha anticipato il ciclo agricolo. In alcune zone d'Italia gli agricoltori hanno inondato le piante di acqua per far gelare gemme e infiorescenze nella speranza di ibernarle. Ma è una tecnica che si adotta solo quando le condizioni sono di estremo pericolo. La Cia - Confederazione italiana agricoltori - ha fatto un monitoraggio su scala nazionale e stima una perdita di raccolti attorno al 50% per le primizie e la frutta primaverile, la Coldiretti parla della distruzione fino al 70% dei raccolti attesi nel Nord Italia per quanto riguarda la frutta, mentre la Confagricoltura ha stimato che anche per vino, olio e seminativi ci saranno drastiche riduzioni di quantità di raccolto. Facendo una mappa dei danni in Lombardia e Veneto sono quasi del tutto azzerate le coltivazioni di fragole, meloni, bietole a pieno campo. Durissimo il colpo per il più importante distretto ortofrutticolo d'Europa, quello che va da Ferrara a Cesena. Qui si temono crolli della produzione di susine, pesche, pere che vanno intorno al 70%, totalmente persa la produzione di albicocche, ci sono forti preoccupazioni per il mais. A Vignola e nel Modenese - dove c'è il più importante polo di produzione di ciliegie e susine - le piante sono ormai spogliate dei fiori. Durissima la situazione anche nelle Marche, dove hanno sofferto le nevicate anche in pianura tutte le coltivazioni cerealicole. Lo stesso vale per l'Abruzzo, dove si segnala anche la perdita di uva da tavola precoce e ci sono preoccupazioni per i vigneti e gli ulivi. Nella Maremma - sia toscana sia laziale - sono a rischio tutte le primizie: carciofi, piselli, asparagi, le piante sono state colte nel momento della primissima produzione. Gravi i danni anche al Sud, soprattutto in Puglia, dove è persa gran parte della produzione di uva da tavola, quasi azzerate le orticole e si teme per l'olivicoltura (già da anni stremata dalla xilella), mentre in Sardegna trema il comparto dei carciofi. Un allarme viene anche per le api: svegliate dalle temperature miti di gennaio e febbraio, oggi non trovano nutrimento aggravando una crisi del miele italiano durissima (lo scorso anno la produzione è crollata dell'80%), col rischio della moria degli alveari e l'azzeramento dell'impollinazione, che sarebbe la fine per le produzioni estive e gli agrumeti. Sono attesi rincari di alcuni prodotti - piselli, asparagi e carciofi in particolare, kiwi, pere, susine - che oscillano tra il 15 e il 20%. I danni da maltempo si sommano a una situazione già grave derivante dal coronavirus. La mancanza di lavoratori stagionali aveva già creato un forte allarme. Alleanza Cooperative - raggruppa 5.000 imprese e detiene circa il 25% del fatturato agricolo - aveva fatto sapere con il presidente Giorgio Mercuri che senza l'arrivo dei lavoratori dall'est Europa, bloccati dal coronavirus, tutte le coltivazioni primaverili erano a rischio. Coldiretti, con il presidente Ettore Prandini, ha chiesto la semplificazione dei voucher, peraltro rilanciati anche dal ministro dell'agricoltura Teresa Bellanova, che sta facendo pressioni sul Mef per sbloccare più fondi per l'agricoltura. Ma l'allarme più pressante lo dà la Cia (Confederazione italiana agricoltori). Il presidente Dino Scanavino mette insieme tre aspetti: il primo è che «gli agricoltori che con senso di responsabilità stano cercando di operare per approvvigionare il Paese, sono però privi di qualsiasi protezione. Ci servono oltre 1 milione di mascherine al giorno per lavorare e non le abbiamo. Ci serve manodopera e se non arrivano i lavoratori dall'Est bisogna assolutamente rilanciare i voucher, ma è necessario che il Cura Italia semplifichi le procedure». Non c'è nulla per l'agricoltura in quel decreto. E così Scanavino aggiunge: «I danni che abbiamo subito in questi giorni si sommano ad una situazione già molto grave: le imprese ormai non hanno più liquidità. È indispensabile che a livello europeo si sblocchino altri fondi per l'agricoltura». Insomma, nella guerra del Covid si rischia che sotto i colpi del maltempo e del fuoco amico - burocrazia e mancanza di finanziamenti - la prima a cedere sia la trincea alimentare. E se così fosse, la situazione sociale diventerebbe davvero difficile da reggere.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)
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