
Il reo confesso alloggiava dalla Caritas: ha ucciso un vigilante guineano fuori dal supermercato dove lavorava. Agli inquirenti ha dichiarato: «Volevo che ammettesse di avere una relazione con la mia ex». L’arma ritrovata dagli investigatori in un’aiuola.Ha 28 anni, è del Togo, e mentre viene scortato dagli investigatori della Squadra mobile verso l’ingresso della Questura di Bergamo ha ancora lo sguardo fiero. Djima Sadate, incensurato, di professione studente in una scuola serale, alloggiava in un dormitorio della Caritas, la sua prima richiesta di permesso di soggiorno era stata negata a Palermo nel 2019 e a settembre l’aveva reiterata a Bergamo, dove si era trasferito dopo aver vissuto in Germania, e dove ha confessato l’omicidio di Mamadi Tunkara, il vigilante ucciso in pieno centro a Bergamo che tutti chiamavano «Lookman» per le treccine che lo rendevano somigliante al calciatore dell’Atalanta. Originario della Guinea, Mamadi lavorava come vigilante da anni ed era ormai una presenza familiare per i clienti del supermercato. La polizia era sulle sue tracce dell’assassino già dalla sera del 3 gennaio, quindi poche ore dopo il delitto. La cattura, tramite la collaborazione delle autorità elvetiche, avviene però ieri mattina, a Ponte Chiasso, dove è stato fermato perché non era in possesso di documenti validi per entrare in Svizzera. Poche ore dopo il sospettato era già sotto interrogatorio. Si è prima avvalso della facoltà di non rispondere, ma poco dopo ha vuotato il sacco. E con il pubblico ministero Silvia Marchina ha verbalizzato quella che per gli inquirenti sarebbe un’ampia confessione. Il movente è passionale. Sembra che Mamadi e il togolese non si conoscessero ma tra i due c’era tensione per una donna. «Ho ucciso per gelosia», sarebbero state le prime parole di Sadate. Poi avrebbe spiegato che la sua intenzione era solo quella di chiedere una conferma al contendente: pretendeva di sapere se era vero che avesse una relazione con la sua ex fidanzata, una ragazza italiana che, sentita poche ore dopo il delitto, ha subito messo gli investigatori sulle sue tracce. E allora ha aspettato Mamadi fuori dal Carrefour, dove lavorava come vigilante. Ma nell’attesa Sadate deve aver maturato altri propositi (al momento non è stata contestata la premeditazione, anche se Sedate aveva con sé un coltello). E invece di fermare Mamadi per il chiarimento l’ha spintonato e fatto cadere dalla bicicletta. Nel corso dell’interrogatorio, però, forse per cercare di attenuare la sua posizione, Sedate ha affermato che la lite era degenerata e che ha reagito perché aggredito. «Volevo che ammettesse di avere una relazione con la mia ex, ma è stato lui il primo a colpirmi», avrebbe cercato di sostenere con gli inquirenti (che ora dovranno ricostruire con precisione la dinamica). Poi sono volati i fendenti: tra le quattro e le cinque coltellate con una lama in ceramica da 14 centimetri. Le immagini di videosorveglianza mostrano un uomo che fugge mentre si libera di uno zainetto. Ovvero il primo oggetto che ha spinto gli investigatori a ritenere Sedate un sospettato, perché al suo interno c’erano i suoi documenti. A quel punto viene diramato un alert di ricerca. E poi c’era gente per strada. Via Tiraboschi era animata, nonostante il freddo. Il barista di una caffetteria ha raccontato di aver visto tutto: «Secondo me lo aspettava. Gli è saltato addosso, lo ha buttato a terra. Tunkara gridava «aiuto, aiuto». Poi quei colpi rapidi, violenti. Un coltello da cucina, grande. Sembrava un’esecuzione». L’assassino fugge a piedi verso via Ghislanzoni e poi via Paleocapa. Alcuni testimoni cercano di inseguirlo, uno lo filma dalla finestra. La Scientifica setaccia ogni angolo della via di fuga. Poi, ieri mattina, gli esperti in ricerca tracce trovano un coltello in un’aiuola di via Paglia, poco lontano dal luogo del delitto. Proprio su quella che viene considerata la via di fuga dell’assassino. L’arma è sporca di sangue e potrebbero esserci ancora sopra le impronte digitali dell’assassino. Il cerchio a quel punto si era già stretto abbastanza. E poi c’era l’identikit fornito dai testimoni: africano, alto circa 1 metro e 80, snello, sui 40 anni. Intanto Bergamo è scossa. È il secondo episodio di violenza grave in pochi mesi e riaccende il dibattito sulla sicurezza. Il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, si complimenta con le forze dell’ordine: «La rapidità nell’identificazione e nella cattura conferma l’efficienza delle nostre forze di polizia». Ma le risposte non arrivano subito. Sadate fino alla confessione era solo un sospettato. «Non abbiamo elementi per fermarlo», si giustifica nel primo pomeriggio il procuratore aggiunto Maria Cristina Rota. Ma quando Sadate arriva in Questura la musica cambia. Capisce che finirà comunque in carcere. E dopo i silenzi ostinati e le frasi spezzate ha cominciato a raccontare dei suoi studi in una scuola serale, delle notti al dormitorio dopo la fine della relazione con la compagna italiana, della rabbia covata a lungo e della gelosia che lo avrebbe divorato. Gli investigatori procedono con cautela. Ogni tassello deve combaciare. «Ora rimangono altri atti da compiere», precisa il procuratore aggiunto Rota: «L’autopsia è stata fissata per martedì e verranno cercati riscontri di natura scientifica sul coltello e sugli indumenti che il fermato indossava quando è stato trovato su un treno diretto a Lugano dalla polizia svizzera per i controlli di frontiera». Dettagli investigativi a parte, però, un aspetto pare ormai già chiaro: questa vicenda, che intreccia violenza e vite ai margini, è lo specchio di una realtà ben più complessa, legata all’accoglienza e all’integrazione. Una realtà che rivela il suo lato più oscuro, quello che ancora si fa finta di non vedere.
Ansa
Dimenticata la «sensibilità istituzionale» che mise al riparo l’Expo dalle inchieste: ora non c’è Renzi ma Meloni e il gip vuole mettere sotto accusa Milano-Cortina. Mentre i colleghi danno l’assalto finale al progetto Albania.
Non siamo più nel 2015, quando Matteo Renzi poteva ringraziare la Procura di Milano per «aver gestito la vicenda dell’Expo con sensibilità istituzionale», ovvero per aver evitato che le indagini sull’esposizione lombarda creassero problemi o ritardi alla manifestazione. All’epoca, con una mossa a sorpresa dall’effetto immediato, in Procura fu creata l’Area omogenea Expo 2015, un’avocazione che tagliò fuori tutti i pm, riservando al titolare dell’ufficio ogni decisione in materia.
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Dopo il Ponte tocca ai Giochi. Per il gip sarebbe «incostituzionale» il decreto con cui il governo ha reso «ente di diritto privato» la Fondazione Milano-Cortina. Palla alla Consulta. Si rifà viva la Corte dei Conti: la legge sugli affitti brevi favorirà il sommerso.
Da luglio la decisione sembrava bloccata nei cassetti del tribunale. Poi, due giorni dopo l’articolo della Verità che segnalava la paralisi, qualcosa si è sbloccato. E così il giudice delle indagini preliminari Patrizia Nobile ha accolto la richiesta della Procura di Milano e ha deciso di rimettere alla Corte Costituzionale il decreto legge del governo Meloni che, nell’estate 2024, aveva qualificato la Fondazione Milano-Cortina 2026 come «ente di diritto privato». La norma era stata pensata per mettere la macchina olimpica al riparo da inchieste e blocchi amministrativi, ma ora finisce sotto la lente della Consulta per possibile incostituzionalità.
Il ministro della giustizia libico Halima Abdel Rahman (Getty Images)
Il ministro della giustizia libico, Halima Abdel Rahman, alla «Verità»: «L’arresto del generale dimostra che il tempo dei gruppi armati fuori controllo è finito e che anche la Rada deve sottostare al governo di Tripoli». Pd e M5s attaccano ancora l’esecutivo. Conte: «Italia umiliata».
Il caso di Osama Almasri Anjim, arrestato e rinviato a giudizio delle autorità libiche ha scatenato una dura polemica politica fra governo e opposizione. L’ex capo di una delle più potenti milizie di Tripoli a gennaio scorso era stato rimpatriato con un volo di Stato dopo essere stato arrestato in esecuzione di un mandato d’arresto internazionale emesso dalla Corte penale internazionale per crimini di guerra e contro l’umanità. Il governo aveva motivato il suo allontanamento con la pericolosità del soggetto, che era stato accolto a Tripoli da centinaia dei suoi fedelissimi con bandiere e scariche di kalashnikov.
Ansa
Raid Idf contro Hezbollah. Witkoff: «Il Kazakistan aderirà agli Accordi di Abramo».
Uno dei principali esponenti di Hamas, Moussa Abu Marzouk, ha rivelato che la sua organizzazione e l’Autorità nazionale palestinese (Anp) hanno raggiunto un’intesa preliminare per la creazione di un comitato provvisorio incaricato di gestire la Striscia di Gaza in nome dell’Anp. La notizia, riportata dal Times of Israel, segna un possibile punto di svolta nella complessa governance dell’enclave palestinese, sebbene permangano numerose incognite. Secondo quanto dichiarato da Abu Marzouk all’emittente amica Al Jazeera, il nuovo organismo avrebbe la responsabilità di sovrintendere ai valichi di frontiera e di coordinare le forze di sicurezza locali, sotto la presidenza di un ministro dell’Anp.






