2019-10-27
Presidente, se tiene alle aziende non firmi
Sergio Mattarella davanti alla platea di artigiani e piccoli imprenditori dice cose sacrosante: «Il fisco deve essere più equo e semplice». Ma è esattamente il contrario di questa manovra, che promette più imposte e burocrazia. Per coerenza, il Quirinale la respinga.Caro presidente Sergio Mattarella, stavolta ha proprio ragione: «Il fisco deve essere equo, con regole semplici», ha detto parlando alla Confederazione nazionale dell'artigianato e della piccola e media impresa, associazione con un nome troppo lungo per rappresentare fatturati troppo piccoli. Gli artigiani e i piccoli imprenditori non chiedono altro, da tempo: non è che non vogliono pagare le tasse, come spesso si insinua. Semplicemente vorrebbero riuscire a farlo, cosa che in Italia è al limite dell'impossibile. È al limite dell'impossibile perché, prima di tutto, è difficile districarsi in mezzo a norme che sembrano fatte apposta per indurre all'errore. E poi perché il fisco è talmente poco equo che se lo segui fino in fondo ti strangola e ti uccide. Proprio così: accisa dopo accisa, gabella dopo gabella in Italia siamo arrivati all'assurdo. Vivere e pagare le tasse, per chi fa impresa, sono diventati due azioni quasi inconciliabili fra loro. Praticamente un ossimoro.Per cui, caro Mattarella, ci si è allargato il cuore quando ieri l'abbiamo sentita pronunciare quelle parole che sono musica per le nostre orecchie, oltre che per le orecchie di milioni di artigiani, piccoli imprenditori e partite Iva. Com'è che ha detto ancora? Ah sì: «Ci vuole un ambiente che favorisca l'imprenditorialità». Meraviglioso, presidente. Non poteva enunciarlo meglio: un ambiente che favorisca l'imprenditorialità. Ma sì: basta con questo clima di avversione nei confronti delle imprese, basta con le partite Iva tartassate, gli artigiani messi in croce, basta con le misure che considerano ogni bottega un potenziale evasore, basta con queste norme complicate che cambiano spesso e solo per chiedere nuovi salassi. Siamo d'accordo con lei. Ci viene solo un dubbio: ora chi glielo dice alla maggioranza di governo? O, per meglio dire, alla maggioranza del «suo» governo?Vede, presidente, lei ha contribuito in modo determinante alla nascita del Conte II. Eppure quella che il Conte II sta preparando nelle segrete e confuse stanze, come lei sa benissimo, è una manovra che va esattamente nel segno contrario di quello che lei ha così brillantemente chiesto. Fisco equo? Regole semplici? Ambiente favorevole all'imprenditorialità? Non scherziamo. Stanno varando una serie di misure non eque, complicate e contrare all'impresa: plastic tax, sugar tax, diesel tax, stangate per gli autotrasportatori, bastonate per gli agricoltori, strette feroci per le partite Iva. Ogni giorno ne spunta una. Più che testi economici sono dei labirinti fiscali, disseminati di trappoloni, ovviamente tutti tesi a far cassa, complicando ulteriormente la vita a chi ha già l'ingrato compito di reggere la sfida con i mercati. Ti giri da una parte e c'è il lanciatore di balzelli, ti giri dall'altra c'è la donna canone (con una n sola), poi l'imposta nana e il tributo pagliaccio: una specie di circo barnum dell'erario. Che, purtroppo, non diverte nessuno. Nemmeno un po'.Prenda per esempio questo pasticcio del carburante di cui abbiamo raccontato ieri sulla Verità. Sotto il titolo traditore di «contrasto elusione accise» si nasconde una complicazione solenne per gli autotrasportatori: finora, infatti, potevano avere le agevolazioni semplicemente in base ai chilometri percorsi. D'ora in avanti, invece, dovranno affidarsi a una media ponderata, per cui per guidare il camion sarà richiesta ancor prima che la patente una laurea in statistica economica. Il tutto, naturalmente, per apportare nuovi soldi nelle casse pubbliche: 40 milioni il primo anno, 80 milioni al secondo, in base a meccanismi, caro Mattarella, che stanno al suo invito alla semplicità, più o meno come Giuda Iscariota stava a Gesù.Equità? Semplicità? Ambiente favorevole? Lei dice bene, presidente. Ma non può non accorgersi di quanto il «suo» governo la stia tradendo su questi principi, varando una manovra che anziché il grande balzo in avanti, di maoista memoria, ci farà fate il grande balzello in avanti. Lei ha mai sentito parlare di Isa? No, non è una bella ragazza. Sono gli Indici sintetici di affidabilità fiscale, criteri così complicati che persino ai commercialisti più esperti viene il mal di testa quando devono applicarli. Ma perché in Italia si rende sempre tutto più complicato? Prenda anche la questione delle partite Iva. Se c'era una cosa che funzionava era la flat tax per chi guadagna fino a 65.000 euro. Funzionava non solo per l'aliquota fissa e bassa (15 per cento) ma anche per la semplicità di applicazione. Ecco: l'aliquota è stata mantenuta, per fortuna. Ma si è fermato il previsto ampliamento fino ai 100.000 euro di fatturato. E per di più si sono aggiunti una serie di lacci e lacciuoli, tetti, vincoli e requisiti che rendono la medesima, da semplice che era, una specie di enigma dell'antico Egitto. Roba da farci un film: Tutankhamon e il mistero della partita Iva.Caro presidente, ci permetta di scherzare. Ma in realtà il problema è serio. Anche perché ci stiamo chiedendo come farà, dopo queste belle parole che ha appena detto, a firmare il pastrocchio che le sottoporrà il «suo» governo. Come farà a mettere la sua sigla sotto un testo che contraddice le sue (sacrosante) affermazioni. Ci ha pensato? Ha pensato a che cosa fare nell'eventualità (assai probabile a questo punto) che sul suo tavolo arrivi un provvedimento che è la negazione più evidente del suo pensiero? Chiederà correzioni? Lo firmerà con osservazioni (come fece con il decreto sicurezza)? Si spingerà a considerare l'ipotesi di rimandarlo al mittente? O chiuderà non uno ma tutti e due gli occhi e farà finta di nulla? Nel caso, la prossima volta, si risparmi le belle parole. Per «creare un ambiente che favorisca le imprese», infatti, le belle parole non servono a nulla. Ci vogliono i fatti.