2022-08-23
Polverini, Iwobi, Taverna e Pizzarotti. Ogni sigla ha il suo deluso di successo
Fratelli d’Italia lascia fuori Guido Crosetto, che potrebbe rientrare nel governo. Andrea Ruggeri, nipote di Bruno Vespa, escluso da Fi. Nel Carroccio non trova posto l’ex Copasir Raffaele Volpi. Mentre per gli ex renziani del Pd nessun ripescaggio.Candidature definitive e liste elettorali consegnate. Chi c’è c’è, chi non c’è è fuori o, per dirlo in politichese, fa parte ormai della squadra dei «trombati». Considerato il taglio di un terzo dei parlamentari, ne restano «soltanto» 400 alla Camera e 200 al Senato, in una corsa più a escludere che a includere, era inevitabile l’esclusione di nomi eccellenti e amici del leader. Tutti i partiti hanno pressoché confermano i propri big e vertici, ma hanno anche premiato la propria classe dirigente che lavora nei territori. Cominciando dalla Lega fanno rumore le esclusioni del senatore di origine nigeriana Toni Iwobi, che piuttosto deluso ha incassato male la mancata riconferma; più savoir faire da Daniele Belotti e Alberto Ribolla che hanno accolto la notizia con spirito di servizio. Stessa linea per Mario Pittoni, il senatore esperto del mondo scolastico, e infine il bresciano Raffaele Volpi, già presidente del Copasir. Tranquilli e riconfermati nel Carroccio ministri, il viceministro e i sottosegretari uscenti. Oltre a big come Giulia Bongiorno, Alessandro Morelli, Alberto Bagnai, Claudio Borghi e Simone Pillon.Dopo i vertici ad Arcore, in Sardegna ma anche in qualche hotel romano, la lista di Forza Italia è stata partorita insieme a un montante malcontento. Sono rimasti fuori nomi eccellenti, soprattutto «quelli più vicini a Gianni Letta». Un big storico fuori è Simone Baldelli, l’«imitatore» più famoso della politica e stakanovista dei lavori parlamentari, che ha rifiutato una candidatura ritenuta impossibile, come hanno fatto Giuseppe Moles (spodestato da Maria Elisabetta Alberti Casellati nella sua Basilicata, decisione che ha portato, in Veneto, all’addio di Dario Bond, vicecoordinatore regionale azzurro) e Renata Polverini che su Facebook ha scritto: «Ho declinato la proposta di una candidatura al Senato che sarebbe stata di pura testimonianza». Molto deluso Andrea Ruggeri, nipote di Bruno Vespa, già provato dalla fine della storia d’amore, durata 11 anni, con Anna Falchi: «Sia chiaro che io non ho rifiutato nessuna proposta. Ma pur essendo io un deputato uscente, che a Forza Italia ha fatto sempre fare una bella figura, mi sono stati preferiti esordienti anonimi e senza titolo, o che si sono loro offerti a destra e manca senza nemmeno essere stati accettati. Ora mi prendo un paio di giorni di riposo e di silenzio. Poi ci rivedremo». Non compare nelle liste azzurre Fabrizio Gallera, l’ex assessore regionale alla sanità al tempo del Covid, che era dato per sicuro. Mentre tra i forzisti possono essere soddisfatti i ricandidati Alessandro Cattaneo, ex sindaco di Pavia, Marta Fascina, compagna di Silvio Berlusconi, e tutte le figure più vicine al Cav. Tra gli esclusi delle liste di Fdi spicca il nome del fondatore del partito, Guido Crosetto, che aveva lasciato il Parlamento nel 2019, ma non la politica, anche se tra i candidati c’è suo nipote Giovanni Crosetto. La sua mancata candidatura, però, dovrebbe nascondere un possibile ruolo di governo in caso di vittoria del centrodestra. Proteste, poi, in Campania, dove Fratelli d’Italia ha tenuto fuori il consigliere regionale Marco Nonno e i quattro sindaci della provincia: Giovanni Corrado (Cicciano), Antonio Del Giudice (Striano), Nello Donnarumma (Palma Campania), Pietro Sagristani (Sant’Agnello). Nonno ha parlato di scelte «vergognose» che lo hanno lasciato «allibito». In Molise, invece, il coordinatore locale di Fdi non si candida in polemica con la scelta dei forzisti di «paracadutare» Cesa e Lotito. Mentre per il gruppo dirigente meloniano nessun problema, visto che il partito con la fiamma punta ad aumentare e a non diminuire la sua truppa. Nel Pd, era già noto, non ci saranno gli ex ministri Luca Lotti e Valeria Fedeli, Dario Stefàno, Giuditta Pini, insieme a Luigi Zanda e Barbara Pollastrini che però hanno volontariamente fatto un passo indietro. Il ripescaggio scattato per Stefano Ceccanti, Enzo Amendola e Tommaso Nannicini non è andato in porto per i renziani. Mentre i lettiani ortodossi sono tranquillamente in lista. Nel M5s, come deciso dal garante Beppe Grillo, non è passata la deroga al terzo mandato e così bloccati dalle regole sono stati cinque big, cinque pentastellati della prima ora: Roberto Fico, Paola Taverna, Alfonso Bonafede, Danilo Toninelli e Virginia Raggi.Nel Terzo polo ha fatto un passo indietro, perché gli era stata proposta una candidatura lontana dal suo territorio, Gaetano Quagliariello, mentre ha fatto rumore l’esclusione di Federico Pizzarotti, l’ex sindaco di Parma che dopo aver abbandonato la mini-coalizione di centrosinistra trainata dal Pd in favore del polo centrista, ha ricevuto una porta in faccia dalla coppia Renzi-Calenda e ha lamentato «la scelta conservativa e poco coraggiosa» di Azione e Italia viva di «salvare l’attuale dirigenza senza aprirsi a rappresentanti dei territori e di persone che potessero far crescere questo nuovo soggetto». Scintille finali tra Calenda e Gabriele Albertini, che è rimasto fuori: «Gli ho scritto, ma non mi ha neanche risposto», la protesta dell’ex sindaco di Milano. Nel frattempo Calenda a Taranto ha candidato un «gilet giallo», Massimiliano Stellato, che organizzò un corteo contro il caro benzina. È stato imbarcato in seguito all’accordo con Massimo Cassano, attualmente direttore generale dell’Arpal - nominato da Michele Emiliano - e già transitato da Forza Italia e Ncd di Angelino Alfano. Un’intesa che ha mandato in subbuglio la base di Azione e che Calenda, sorpreso dalla rivolta interna, ha provato maldestramente a giustificare come una mossa per indebolire e sconfiggere Emiliano.