2022-10-20
Altro poltronificio Inps, Inail e Istat. E Tridico le prova tutte per blindarsi
Pasquale Tridico (Imagoeconomica)
Fra gli ultimi atti di Mario Draghi, la nomina del presidente di 3-i, società non ancora operativa «doppione» di Sogei. Il 25 l’Avvocatura deciderà sulla scadenza del numero uno della previdenza, che spera di restare fino al 2024.Teoricamente il governo Draghi dovrebbe essere in carica solo per gli affari correnti, ma alcune nomine lasciano intravedere l’ombra di tentativi da parte degli esponenti del governo uscente di blindare persone di fiducia in caselle strategiche nel settore previdenziale. In un caso addirittura in un ruolo ancora in fase embrionale, come quelle di presidente della 3-i spa, società in corso di costituzione nell’ambito del Pnrr che sarà partecipata da Inps, Inail e Istat. Ai vertici della 3-i, che dovrà gestire i database degli istituti fondatori, è destinato ad approdare come presidente Roberto Lancellotti, attualmente membro del cda Inail. A nominare Lancellotti è stato Mario Draghi stesso, con un dpcm del 7 settembre (quindi in piena campagna elettorale), scelta avvenuta, secondo quanto riportato dal verbale del collegio sindacale di Inps, «su indicazione del ministro per l’Innovazione tecnologica e la transizione digitale», Vittorio Colao. Ricapitoliamo: un premier «tecnico» dimissionario, con le Camere sciolte e in piena campagna elettorale sceglie, su indicazione di un ministro senza portafoglio, il presidente di una società controllata da tre istituti pubblici, che però non è ancora operativa. E Inps avalla, ma non senza polemiche tra gli organi interni, visto che per il collegio dei sindaci «non si può non constatare come sia ormai prassi nell’andamento dei lavori delle sedute del consiglio di amministrazione anche straordinarie, assistere a una assenza di dibattito tra i componenti del consiglio di amministrazione». Ma di cosa dovrebbe occuparsi la 3-i? Per dirla con le parole del comunicato stampa del ministero del Lavoro che nell’aprile scorso ne annunciava trionfalmente la nascita, si tratta della «prima software house pubblica a servizio del welfare», che avrà il compito di occuparsi delle «attività di sviluppo, conduzione e gestione di soluzioni software e di servizi informatici in favore dell’Istituto nazionale previdenza sociale (Inps), dell’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli Infortuni sul lavoro (Inail), dell’Istituto nazionale di statistica (Istat), della presidenza del Consiglio dei ministri, dell’Agenzia per la cybersicurezza nazionale, del ministero del Lavoro e delle politiche sociali e delle altre pubbliche amministrazioni centrali». Per i sindacati, scesi sul piede di guerra per il travaso - che avverrà solo su base volontaria - di personale dai tre istituti alla nuova società, 3-i non è però qualcosa di nuovo, ma un doppione della Sogei, controllata al 100% dal ministero dell’Economia. La Cisl funzione pubblica denuncia anche che al Mef, azionista unico della Sogei, che «si configura come il principale concorrente di 3-i» sul mercato dei servizi informatici per le pubbliche amministrazioni, spetta la nomina del presidente del collegio sindacale della nuova società. Detta in soldoni, secondo il sindacato, un rappresentante del Mef avrà accesso alla documentazione societaria di una concorrente diretta di una sua controllata, «come se nel collegio sindacale della ex Fiat (oggi Fca-Stellantis) ci fosse, nel ruolo di presidente, un rappresentante del gruppo concorrente Volkswagen». Ma, a quanto pare, le nomine a 3-i sono una priorità, che sembra, però, lontana dalle disposizioni sul tema varate proprio da Draghi con la circolare che indicava i limiti dell’attività del cdm dopo le dimissioni: «Potrà procedersi soltanto a nomine, designazioni e proposte strettamente necessarie perché vincolate nei tempi da leggi o regolamenti, ovvero derivanti da esigenze funzionali, non procrastinabili oltre i termini di soluzione della crisi, per assicurare pienezza e continuità all’azione amministrativa». E in effetti proprio di continuità si può parlare in relazione a una seconda poltrona di cui il governo uscente si sta occupando, quella di Pasquale Tridico, presidente dell’Inps, scelto da Luigi Di Maio nel maggio 2019 ai tempi del governo gialloblù e confermato poi nel dicembre dello stesso anno, quando il ministero del Lavoro era affidato alla grillina Nunzia Catalfo. Sulla scadenza del mandato di Tridico (che dovrebbe durare quattro anni) si è scatenato un piccolo giallo, legato al fatto che la prima nomina è avvenuta in una fase di transizione senza che l’istituto avesse un cda, che è stato invece nominato durante il Conte 2 e che si è insediato il 15 aprile 2020. Per Tridico quindi c’è in ballo un anno in più di mandato a seconda che il calcolo del quadriennio parta dal 2019 o dal 2020. E, così, il 4 agosto, con le Camere sciolte e l’aria di disfatta per gli sponsor politici dell’economista che si tagliava con il coltello, il coordinamento legale dell’Inps mette nero su bianco un «parere legale in ordine alla durata della nomina del presidente, prof Pasquale Tridico», il base al quale il calcolo dovrebbe partire dal 2020 e lo invia al dg dell’istituto, Vincenzo Caridi, nominato nel febbraio di quest’anno dall’attuale inquilino del ministero di via Flavia, l’esponente Pd Andrea Orlando. Ed è proprio al capo di gabinetto di Orlando che Caridi invia, il giorno stesso, il parere dei legali dell’Inps. Nell’incipit della nota Caridi evidenzia che «l’istituto ha interessato il proprio coordinamento generale legale per esaminare gli effetti che la nomina del consiglio di amministrazione ha sulla decorrenza e relativa durata dell’incarico del presidente». Poche righe che, però, informano il governo di come gli uffici che dipendono da Tridico abbiano emesso un parere favorevole al loro stesso presidente. Una notizia di cui viene informato il braccio destro del ministro uscente, peraltro esponente di un partito che ha ancora più di 100 dipendenti in cassa integrazione pagata proprio dall’Inps. Sta di fatto che Caridi trasmette il parere «al fine di acquisire il definitivo orientamento sulla tematica in oggetto di codesto ministero vigilante in ragione dei fondamentali impatti che tale questione riveste per l’istituto». A dirimere, si spera definitivamente, la questione sarà il 25 ottobre prossimo il comitato consultivo dell’Avvocatura dello Stato, che dovrà stabilire se con la nomina del cda e del relativo presidente il mandato di Tridico sia ripartito da zero, o se, invece, la fase di transizione targata 5 stelle abbia creato una inedita sfasatura tra il mandato del cda e quello del suo presidente.
Francesco Nicodemo (Imagoeconomica)
(Ansa)
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