2021-04-14
Quella poltrona ingolosisce i dem. Perciò la sinistra non lo difende
Pier Luigi Bersani (Getty Images)
Il Pd tace sulle voci di dimissioni. I dissidenti grillini lanciano una mozione di sfiducia.A Roberto Speranza sta capitando quel che succedeva ai dirigenti sovietici in rotta con il Politburo: il primo passo per liquidarli era costruire il vuoto intorno a loro. Così, se ieri, formalmente, la presidenza del Consiglio ha smentito il retroscena del Messaggero su un'imminente uscita di scena del ministro, a fare notizia è stata forse più l'algidità istituzionale del comunicato, che il comunicato stesso: «Fonti di Palazzo Chigi, interpellate al riguardo, ricordando quanto detto dal premier Mario Draghi la scorsa settimana in conferenza stampa: “Ho voluto Speranza nel governo e ne ho molta stima"». Roberto, stai sereno.A questo punto, a spaventare l'ex assessore potentino non sono tanto le entrate a gamba tesa di Matteo Salvini: «È giusto ricordare agli italiani che pagano il ministro non per scrivere libri», ha attaccato il leader leghista, che ieri mattina era a Palazzo Madama, insieme a Nicola Porro, per la presentazione del libro del filosofo Corrado Ocone. «Penso che scrivere che la pandemia è un'occasione storica per la sinistra sia di una grande volgarità e arroganza», ha aggiunto, riferendosi alla frase choc contenuta nel best seller mancato di Speranza. Al quale, tuttavia, fanno meno male le sberle del Capitano che il fragoroso silenzio del Pd. Una strategia, quella dem, molto sovietica, appunto.Proprio così: a parte le apologie degli amici di Leu, Nico Stumpo e Loredana De Petris, non si sono registrate, a sinistra, altre decise prese di posizione in difesa del ministro della Salute. Non dai vertici piddini, non dai parlamentari, nemmeno da Dario Franceschini, che quasi sempre viene citato, in coppia con Speranza, come sostenitore della linea «rigorista». Eppure, al Pd era tornato utile fare quadrato sul compagno lucano, quando si trattava di formare la squadra del governo Draghi ed era necessario bilanciare l'imbarazzante e dirompente presenza del Carroccio, mantenendo un ministro chiusurista e tirando dentro la maggioranza gli sparuti deputati e senatori di Leu (anche se Nicola Fratoianni, poi, si era sfilato: come si suol dire, la scissione dell'atomo). Cosa è cambiato, allora?Una possibilità è che i dem intravedano, nel siluramento di Speranza, l'opportunità di occupare un'altra casella di peso all'interno dell'esecutivo. Ieri, in una ricostruzione pubblicata da Tpi, fonti di Leu sottolineavano che la posizione dell'ex assessore sarebbe stata blindata in occasione del recente incontro tra il premier e Pier Luigi Bersani, nume tutelare del partito insieme a Massimo D'Alema. Ma se, in quel vertice, lo smacchiatore di giaguari avesse invece offerto la testa del comunista lucano? In fondo, dall'uscita di scena di Speranza (promoveatur ut amoveatur, magari spedito all'Oms, la sua «consapevole foglia di fico»), se ne potrebbero avvantaggiare tutte le parti in commedia. Anzitutto il Pd, che di sicuro non mollerebbe l'osso, pretenderebbe e probabilmente otterrebbe, visto che il «rigorismo» gode del favore del Colle, di piazzare un suo esponente, o almeno un tecnico d'area, in Lungotevere di Ripa. Ma anche i maggiorenti di Leu potrebbero approfittarne per un colpaccio politico: abbandonare il loro uomo più sacrificabile e, in cambio, essere riaccolti in un Partito democratico purgato dalle pattuglie del senatore semplice e pronto, al limite, pure a riassorbire le scorie grilline. In fondo, l'Ulivo 2.0 è da anni la terra promessa della sinistra, spacchettata dalla diaspora post Matteo Renzi. E stavolta, sullo sfondo, c'è anche la corsa al Quirinale, cui il «cinese» D'Alema guarda sempre con un certo interesse. L'operazione Enrico Letta, effettivamente, è stata da subito interpretata come una riapertura del Pd al ritorno dei figlioli prodighi. Intanto, i dissidenti grillini - quelli che hanno negato la fiducia a Draghi - riuniti nel gruppo parlamentare Alternativa c'è, annunciano «al più presto» una mozione di sfiducia contro Speranza. Lo stesso ministro, peraltro, che avevano sostenuto ai tempi del Conte bis. La poltrona del compagno potentino, dunque, è tutt'altro che inespugnabile. E per quanto egli resista, per una volta, in lockdown rischia di finirci lui.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)