2022-10-12
Agente immobilizza un africano armato. Il giudice lo condanna per lesioni personali
Il clandestino impugnava un coltello e riportò leggere ferite mentre veniva ammanettato. Il poliziotto sconterà 19 mesi.Il 10 gennaio 2020, un giovedì, nel primo pomeriggio, per ammanettare un clandestino ubriaco e armato di coltello un poliziotto lo atterrò nel sottopassaggio di via Morosini a Varese, facendolo sbattere con la faccia sul pavimento e provocandogli ferite giudicate guaribili in cinque giorni. Per la Procura, che aveva chiesto 2 anni e 4 mesi di carcere, il poliziotto avrebbe agito con troppa violenza; per la difesa quello era invece l’unico modo possibile per fermare l’uomo che con l’arma bianca intimoriva i passanti. Ieri la clamorosa decisione del tribunale: 1 anno e 7 mesi di reclusione per le accuse di lesioni personali, falso ideologico e calunnia. L’agente è stato assolto, invece, per l’accusa di abuso di autorità. Dai sindacati di polizia all’epoca sottolinearono che se avesse avuto in dotazione il taser il processo non si sarebbe tenuto. Per comprendere meglio la vicenda è necessaria una ricostruzione dei fatti. Lo straniero che, stando a quanto riportò il quotidiano locale La Prealpina, sarebbe stato «giá destinatario di provvedimento di espulsione non rispettato», venne ammanettato a un polso, ma nell’altra mano brandiva un coltello (aveva anche, si è poi scoperto, un secondo coltello in una calza). L’agente della polfer, arrivato sul posto con un collega mentre le chiamate affollavano i telefoni della centrale operativa della questura, ha subito cercato di fermare lo straniero. E per portarlo alla resa praticò quella che la difesa ha definito in aula «una manovra di atterramento secondo le procedure». Lo stesso imputato nella fase dibattimentale di esame e controesame spiegò che «in queste circostanze la priorità è immobilizzare il soggetto e portarlo via dalla folla». Un aspetto, questo, confermato in aula dai colleghi delle pattuglie che arrivarono sul posto come rinforzo, ribadendo la regolarità dell’intervento. Le immagini delle telecamere di sicurezza, che pure hanno ripreso l’intervento, si sono rivelate inutili «a causa», riporta Malpensa24, «della presenza di un curioso che fermandosi per assistere all’intervento ha di fatto impallato l’inquadratura». Il sottopasso, inoltre, era già stato teatro di aggressioni, in particolare tra giovanissimi. E a Varese, dove la Lega da tempo chiede più sicurezza, casi di aggressione tra stranieri non sono rari. L’ultimo si è verificato due giorni fa, con un giovane tunisino accoltellato da un algerino e poi scaraventato giù da una balaustra in pieno centro. Le testimonianze dei colleghi hanno comunque avuto un peso nell’assoluzione. Soprattutto quella del collega che era con l’imputato e che ha confermato che l’extracomunitario non fu picchiato. Sono quindi rimaste in piedi le accuse di lesioni personali, falso ideologico e calunnia. Le ultime due sono state contestate dal pm perché l’imputato avrebbe scritto nella sua annotazione di servizio che fu la reazione del marocchino a provocargli le lesioni al rachide e alla spalla da lui denunciate (e refertate in ospedale con 20 giorni di prognosi). L’accusa di lesioni per il marocchino, però, in un procedimento parallelo, è subito caduta (mentre per il porto abusivo lo straniero, che non fu arrestato ma denunciato a piede libero, scelse di patteggiare). Il falso ideologico, invece, sarebbe legato a una ricostruzione della vicenda che per la Procura non sarebbe aderente a come si svolsero effettivamente i fatti. Le lesioni: il medico del pronto soccorso che visitò il clandestino, è riportato sulle cronache locali, lo descrisse in udienza come una persona aggressiva (negli atti dell’inchiesta viene definito «eteroviolento», ovvero sia verbalmente sia nei gesti), con tumefazioni e lievi ferite al volto ma nessuna frattura. Il marocchino, inoltre, non sporse denuncia. L’inchiesta è partita dopo l’acquisizione dei video delle telecamere di sorveglianza che, peraltro, non sono state utili a chiarire in modo pieno la vicenda. I difensori del poliziotto, gli avvocati Monica Alberti e Laura Cerri, preannunciano ricorso in appello. Ma bisognerà attendere le motivazioni del giudice Luciano Luccarelli. Il leader del Siulp, il principale sindacato di polizia, Paolo Macchi, ieri era presente in tribunale al momento della lettura del dispositivo. E ha espresso non poche perplessità: «Da una parte abbiamo un poliziotto, tra i più premiati e operativi che abbiamo, e dall’altra un pregiudicato clandestino completamente ubriaco, che aveva deciso di girare per Varese con due coltelli. Per l’agente significa spese legali e carriera compromessa. Per i suoi colleghi una domanda che mette a rischio la sicurezza di tutti, chi ce lo fa fare?».
Jose Mourinho (Getty Images)