2025-01-08
«Polizia inglese rieducata dai progressisti»
Un ex super agente, Dominic Adler, spiega i motivi per cui le forze dell’ordine non hanno stroncato la spirale di stupri in Uk. «Corpo politicizzato e devastato dai tagli. Deve supportare il multiculturalismo imposto dai governi, ha paura del razzismo».La domanda che è inevitabile porsi, a questo punto, è: come è stato possibile? Come è potuto accadere che le autorità britanniche abbiano evitato e ancora evitino di indagare sulle gang di stupratori che hanno infierito su migliaia di vittime per lo più minorenni, bianche e povere? Per più di 25 anni, gruppi di uomini, prevalentemente di origine pakistana, hanno abusato di ragazze bianche in varie zone del Regno Unito, da Londra a Glasgow. Nei giorni scorsi il governo laburista guidato da Keir Starmer ha rifiutato di aprire una inchiesta ufficiale sulla vicenda, attirandosi gli strali di Elon Musk, J. K. Rowling e dei conservatori. A riguardo, la sinistra inglese non ha fornito grandi spiegazioni, si è limitata a berciare contro Musk e a liquidare il caso del gang come un prodotto del complottismo destrorso.La verità è che questa storia fa capire molto dell’Inghilterra di oggi e, soprattutto, dei clamorosi disastri prodotti dalla cancerosa azione del politicamente corretto. Che non ha risparmiato nessuno, tanto meno le forze di polizia, come spiega, in una urticante testimonianza pubblicata su Unherd, Dominic Adler, scrittore ed ex detective della Metropolitan police con un passato nell’antiterrorismo, nell’anticorruzione e nell’intelligence criminale. «Sono stato un agente di polizia per 25 anni, di cui cinque come detective nel comando anticorruzione della Met», scrive Adler. «Lavorando su indagini delicate su illeciti della polizia, ho visto in prima persona come le forze dell’ordine rispondono a scandali e crisi. Ho visto ufficiali superiori, di fronte a verità scomode, dimenarsi come maialini. Ho assistito a decisioni che sfidano la logica per ragioni palesemente politiche. Sono fermamente convinto, quindi, che l’intero scandalo abbia rivelato inequivocabilmente la codardia degli alti ranghi delle forze di polizia in tutto il Regno Unito».Adler nota che «le statistiche dello scandalo delle gang di stupratori (eliminiamo il termine del tutto inadeguato «grooming») sono sconcertanti. I racconti delle vittime vanno oltre la depravazione, impensabili in una presunta democrazia occidentale avanzata». Perché, allora, si è lasciato che tutto questo accadesse? «La risposta, alla fine, è semplice. Il razzismo, per i servizi di polizia da Chester a Penzance, rimane il peccato originale», commenta amaramente il poliziotto-scrittore. «La polizia ha a lungo svolto il ruolo di mangiapeccati della Gran Bretagna, divorando i problemi sociali per conto nostro. Come ha scritto l’ex commissario del Met, sir Robert Mark, “La polizia è l’incudine su cui la società picchia i problemi e le abrasioni della disuguaglianza sociale, dei pregiudizi razziali, delle leggi deboli e della legislazione inefficace”. Questa reticenza istituzionale sulla razza va oltre la polizia stessa: persino la revisione dello scandalo delle bande di stupratori da parte dell’Independent office for police conduct (Iopc) ha aggirato in punta di piedi la cultura e la religione dei trasgressori».Secondo Adler, «ci sono due ragioni principali per cui la razza rimane un fattore così potente nel processo decisionale della polizia. La prima è la politicizzazione della polizia e il suo ruolo nel supportare la politica di multiculturalismo imposta dallo Stato. Sin dalla fine degli anni Ottanta, i governi hanno incorporato l’antirazzismo nella legge». Certo, può anche darsi che le intenzioni fossero buone dato che le forze dell’ordine avevano offerto anche qualche pessima prova di sé in materia di discriminazione. «Eppure», continua Adler, «data la portata dello scandalo delle gang di stupratori, è ragionevole chiedersi se sia stato buttato via il bambino con l’acqua sporca. Lo chiamo “tsunami policing”: la soluzione a un problema di polizia è, inizialmente, come una dolce onda al largo. Poi, mentre si precipita verso la massa terrestre della realtà, sollecitata da opinionisti, politici e avidi dirigenti della polizia, diventa una mostruosità».Con il passare del tempo, il politicamente corretto e l’antirazzismo ideologico hanno permeato l’intera struttura poliziesca e non c’era conferenza stampa che non includesse «parole come comunità, proporzionalità e diversità. Nel frattempo, lontano dalle telecamere della tv, migliaia di giovani ragazze venivano violentate, abusate e trattate come beni mobili nelle loro città natali».Il progressismo al potere ha tentato di ripassare la società e ha riplasmato, ovviamente, anche i poliziotti. «Il popolo ottiene la polizia che una manciata di tecnocrati e opinion leader pensa che meriti», commenta Adler. «Durante gli anni di Tony Blair, una cricca di avvocati ha elaborato leggi come l’Human rights act per incorporare la politica progressista e politicizzare le magistrature. Un sistema flessibile di Common law è stato sostituito da un diktat onnisciente e onniveggente, progettato per garantire equità e uguaglianza e unicorni che danzano sugli arcobaleni. E con loro sono arrivate risme di moduli e valutazioni del rischio e riunioni e comitati: la panacea del lavoro multi-agenzia, con unità di polizia che si trasferivano nei municipi e diventavano tutt’uno con i loro colleghi assistenti sociali. I sospettati sono diventati “clienti” e i casi sono stati visti attraverso il prisma dell’equità piuttosto che della giustizia. Accarezzarsi la barba e torcersi le mani sono diventati l’ordine del giorno, liberando gli ufficiali per partecipare a corsi di sviluppo e conferenze mentre pianificavano la loro prossima promozione». La distopia buonista è servita e la sicurezza ne ha fatto le spese.C’è, però, anche un altro motivo, piuttosto rilevante, che ha reso il razzismo una sorta di ossessione per gli agenti. «La ragion d’essere della polizia britannica, impressa nel suo Dna, è mantenere la pace del re. E, come abbiamo visto a Southport e altrove la scorsa estate, i servizi devastati dall’austerità sono mal equipaggiati per gestire disordini su larga scala. Le rivolte, in particolare quelle con un elemento razziale, sono la manifestazione definitiva del fallimento della polizia», scrive Adler. «Sospetto, quindi, che i capi della polizia fossero inclini a vedere lo scandalo delle bande di stupratori come un altro problema intrattabile, confinato a una parte emarginata della sottoclasse bianca. Toccando quella particolare crosta, si rischiava di creare disordini pubblici. Meglio parlare con i “leader della comunità” per mantenere la pace, anche a costo di consentire alle reti organizzate di pedofili di operare in bella vista».Tagli, rieducazione e ideologia progressista: la ricetta perfetta per il fallimento totale.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)